Giornalismo / Rino Negri, cantore di un ciclismo che non esiste piu

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Mercoledì 30 Novembre 2011 

Con la morte di Rino Negri, scomparso a 87 anni, se ne è andata una delle ultime firme storiche del giornalismo sportivo italiano. Grande cultore di ciclismo (sport che aveva anche praticato sin da adolescente con una iniziale propensione per la velocità, visto che a metterlo in sella era stato Verri, correndo per le piccole società della sua zona), per la Gazzetta – il giornale che lo aveva accolto sin da giovane – aveva seguito 42 edizioni del Giro d’Italia e 39 del Tour de France, un record difficilmente eguagliabile. La sua carriera in Gazzetta era iniziata all’ombra di un altro generoso interprete delle due ruote, Guido Giardini, che lo aveva preceduto nella rubrica di ciclismo, la più prestigiosa della vecchia “rosea”. Capace di una scrittura immediata e senza eccessi, sempre comprensibile, illuminata da sprazzi di cultura tecnica, Negri poggiava le sue cronache e i suoi commenti su una competenza non comune, mai accademica. S’era innestato con personalità su quel fortunato filone tracciato tra le due guerre da Emilio Colombo e da Giuseppe Ambrosini, due colossi del giornalismo sportivo che, come lui, avevano amato il ciclismo sopra ogni cosa.

Sono molti i motivi per ricordare Negri e il suo tempo. Un quarantennio che va dal primo dopoguerra agli anni Ottanta dello scorso secolo. Nulla a che vedere col ciclismo isterico e un po' fasullo dei giorni nostri, con i suoi guasti e i suoi finti eroi, le sue maleodoranti pozioni e le sue finte confessioni, affollato di atleti e dirigenti senza dignità. Quello narrato da Negri era un altro ciclismo, storie minime tra amici, articoli scritti di getto per gente che aveva bisogno di credere in corridori che fossero innanzi tutto uomini veri, capaci delle debolezze e degli eroismi della gente vera. Un ciclismo che Negri narrava con lucidità, senza mai cedere al sentimento, con una maniera che rispecchiava il suo modo di essere, spigoloso nel carattere ma profondamente onesto nei giudizi e leale nei rapporti personali. Al centro di quel mondo scomparso (e mai troppo rimpianto) c’era Coppi e c’era Bartali. C’erano i loro duelli che dividevano e affratellavano un’Italia ancora povera e dignitosa. Col tempo, di Fausto Coppi era diventato più confidente che amico, molto più di quanto gli riuscì con gli altri grandi corridori, tutti quelli che aveva incrociato in oltre quarant’anni di giornalismo da campo, vissuto sulla strada più alla scrivania. Il solo modo che conosceva, e amava, di fare giornalismo.

Qualcuno ha calcolato che la sua firma si rintracci in calce a 30.000 articoli. Forse sono di più. Così come sono innumerevoli i libri che ha scritto, da quel primo annuario – “Ciclismo nel mondo” uscito nel 1961 – denso di schede tecniche di una precisione quasi maniacale, fino a completare una serie che riempie un intero scaffale: si passa, alla rinfusa, da "Quando la bici è arte” a “Un secolo di ciclismo tricolore”, da “Correre in pista” a “L’Ora di Merckx”, da “La storia di Baldini” a “Doping”. L’ultimo, “I miti del Giro d’Italia” l’aveva pubblicato nel 2002. Ormai libri da collezione. Rino Negri, amico di Fausto Coppi, un maestro di giornalismo vero, era nato a Pavia il 14 luglio 1924. Si è spento a Milano il 25 novembre 2011. Ha lasciato la moglie Franca e l’unica figlia Roberta. E il rimpianto per quel mondo che ha amato e che non c'è più.

Те, "Ребенок + взрослый. Рецепты общения, понимания, прощения"которые подпадают под ограничения.

Простите, что я нарушил ваше уединение.

Тут "Чевенгур. Котлован. Рассказы"же было решено пригласить "Пиноккио"толпящихся снаружи охранников, чтобы они "Красные фонари"выдворили Римо из зала.

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Для вас это более, чем "Книжка-мозаика: Маленькие истории. Лунтик и его друзья"жизненно важно.

Вид их, столь близких и "Все о защите прав потребителей. 2013"вместе с тем столь неуловимых, "Черника. На страже здоровья"был для нее, должно быть, невыносимо соблазнителен.