I sentieri di Cimbricus / Una saga vittoriana: Gordon di Khartum

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Giovedì 27 Aprile 2023

 

gordon 

Si torna a parlare di Sudan: l’ennesimo colpo di stato, l’ennesimo scontro tra signori della guerra. Morte, fame, desolazione. Occasione anche per una nobile storia che ha radice antiche, profonde almeno un secolo e mezzo.

Giorgio Cimbrico

Sorvolare il Sudan significa osservare a lungo, molto a lungo, una sterminata distesa di terreno dalle gradazioni che vanno dal marrone compatto al bianco del terreno più calcinato dal sole. In mezzo, una vena d’acqua azzurra. E’ il Nilo. Quando l’aereo sorvola il punto in cui un fiume entra in un altro lì è Khartum, dove il Nilo Azzurro che viene dalle montagne dell’Etiopia confluisce nel Nilo bianco che nasce …

Di sicuro non l’ha scoperto nessuno. La versione più accettata è che sgorghi dall’intrico oscuro dell’Ituri, non lontano dalle polle che danno vita al Congo. Due possenti gemelli che prendono subito direzioni diverse.

Per i mercanti arabi di stanza a Zanzziba il Sudan è stato da sempre un prolifico mercato di schiavi ed è stato al centro del traffico dell’avorio. Era un’immensa e dimenticata dipendenza dell’Egitto che dislocava un presidio ad ogni approdo, sino a Khartum. Le province, vaste come grandi stati europei, potevano essere amministrate da singolari personaggi. Rudolph Karl von Slatin, barone austriaco, era governatore del Darfur; Isaak Schnitzer, ebreo-tedesco nato a Opole, oggi Polonia, era il governatore di Equatoria, il territorio più meridionale, ricco d’acqua e di vegetazione. Erano Slatin Pascià e Emin Pascià, con patente rilasciata dal kedivè d’Egitto.


E così in questa storia vecchia un secolo e mezzo può entrare un altro Pascià, Charles George Gordon che prima di trasformarsi nel protagonista di una delle più popolari stampe vittoriane, di diventare Gordon di Khartum e di assumere i tratti dell’eroe nazionale e del martire cristiano e imperiale, era stato Gordon il Cinese, condottiero vittorioso e disarmato nella rivolta dei Taiping.

Chi di Gordon sa poco o nulla, può scambiato per uno dei tanti avventurieri che popolano la storia delle conquiste britanniche. Gordon apparteneva a un’altra categoria: era un mistico che al pari dell’esteta Lawrence, dell’esaltato e coraggioso Wingate, dell’intrepido Doughty, subì la malia del deserto, una febbre che andò ad affiancare quella che qualcun chiamò propensione al sacrificio e che altri hanno giudicato ostinazione. O desiderio di voler governare, a tutti i costi, il destino, trascurando gli esiti che questa decisione poteva portare.

Gordon conosceva il Sudan per una prima esperienza da governatore generale, affiancato in quella parentesi da Romolo Gessi, nato su una nave, che da Ravenna faceva rotta per Costantinopoli, figlio di un avvocato italiano console britannico nell’impero ottomano e di un’armena, Gordon e Gessi si conobbero in Crimea, all’assedio di Sebastopoli, e quando Gordon venne nominato per la prima volta governatore generale del Sudan, chiamò l’amico – che nel frattempo era andato a “riconoscere” fiumi e laghi africani – per affidargli il governo di una provincia in rivolta e per intervenire sulla tratta degli schiavi.

Alla fine della sua prima esperienza, come narra Lytton Strachey in “Eminenti vittoriani”, Gordon “aprì la Bibbia ma né le profezie di Osea né le epistole a Timoteo gli dettero alcun consiglio”. Accettò l’invito di Leopoldo del Belgio ad andare in Congo “ma non era in Congo che la mano di Dio lo stava guidando”. Una vera fortuna per la sua reputazione.

In Sudan Mohammed Ahmed, figlio di un povero predicatore dell’isola di Abba, aveva dichiarato di essere il Mahdi, la Guida, l’Atteso e che le visioni gli ordinavano di scatenare la guerra santa. La rivolta fu un tizzone lanciato in un pagliaio e l’incapacità del governo egiziano portò al disastro della colonna guidata dal colonnello Hicks, un ufficiale britannico dell’armata d’India messo a capo di un raccogliticcio corpo di spedizione di 10.000 uomini che si inoltrò nel territorio mahdista per finire interamente massacrato e fornire ai ribelli un’eccellente arsenale di armi moderne.

Fu a quel punto che a Granville, ministro degli Esteri, venne l’idea di spedire Gordon, appena rientrato da un soggiorno in Palestina, per “valutare la situazione” e evacuare i britannici rimasti a Khartum. La possibilità di poter guidare un contingente, anche limitato, di truppe venne scartato a priori dal primo ministro Gladstone, contrario a ogni avventura imperiale.

Gordon raggiunse il Cairo, incontro Evelyn Baring, rappresentante britannico e in realtà deus ex machina della politica egiziana, e si diresse verso Khartum che raggiunse nel febbraio del 1884. La situazione stava precipitando e i rivoltosi occupavano un’area vasta quanto Spagna, Francia e Germania.

Chiedendo ispirazione alla Bibbia, e sempre più di frequente alla bottiglia del brandy, fece quello per cui era stato mandato, una valutazione. E valutò che la città poteva resistere. “Non sarei un geniere se non sapessi difendere una città alla congiunzione di due fiumi”. Dopo aver fatto erigere terrapieni, seminato mine, requisito bestiame e granaglie, calcolò che poteva tenere dieci mesi malgrado l’accerchiamento si stesse sempre più stringendo. Tenere sino all’arrivo di un corpo di spedizione che Gladstone, che dai conservatori era passato ai liberali, si rifiutava di inviare.

L’epopea dell’eroe cristiano assediato nel cuore dell’Africa fece la fortuna dei giornali di Fleet Street (così come sarebbe avvenuto per la Guerra Anglo-Boera), provocò manifestazioni, raccolte di fondi, interventi ecclesiastici. Tagliato fuori dal mondo – i mahdisti avevano tagliato il filo del telegrafo – Gordon attendeva. Era conscio del suo destino? Lo accettava? Lo desiderava, coltivando una singolare forma di vanità?

Il corpo di spedizione vide finalmente la luce e venne affidato al generale Garnet Wolseley che si mosse con grande lentezza, sino a quando il progressivo calo delle acque del Nilo impedì ai battelli carichi di truppe di proseguire verso sud. Una spedizione cammellata di soccorso venne organizzata in fretta e furia e venne costretta a durissimi combattimenti, specie ad Abu Klea, contro rivoltosi, animati da uno spirito fanatico. Quando un’avanguardia giunse a Khartum, la città era caduta da due giorni e di Gordon vennero ritrovati solo miseri resti. Era il 28 gennaio 1885.

Tredici anni dopo, quel che rimaneva dei mahdisti venne spazzato dal fuoco di fila e dalle mitragliatrici di Horatio Kitchener, allo scoppio della Grande Guerra feldmaresciallo dell’esercito imperiale e famoso per quei enormi mustacchi dai quali, su un manifesto diventato leggendario, sembrava prorompere l’ordine di arruolarsi per il Re e per la Patria. Quel giorno, a Omdurman, in una delle cariche si trovò impegnato un sottotenente di 24 anni che se la cavò usando la rivoltella e non la sciabola: era Winston Churchill.