Italian Graffiti / Sara' De Mita il nuovo capo di S&S?

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Mercoledì 12 Aprile 2023

 

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Nella furiosa battaglia per assicurarsi le nomine delle centinaia di enti di Stato, la sua parte la fa anche la “cassaforte” Sport&Salute. Alla quale potrebbe adattarsi il vecchio detto: “che ci sia ognun lo dice, cosa faccia nessun …”.

Gianfranco Colasante

Ore concitate a Palazzo Chigi per la tornata delle nomine: polpette avvelenate sulla strada dell’esecutivo destra-centro guidato da Giorgia Meloni. Con agguati, sgambetti, contromosse e qualche conversione. Come ad ogni cambio di governo. Sistemate, secondo insindacabile volontà della leader – la più tosta del suo manipolo – le poltrone delle big five (Eni, Poste, Enel, Leonardo e Terna), sul tavolo restano inevase ancora molte cartellette. Tra le tante quella intestata a “Sport e Salute”, la società partecipata al 100% dal ministero dell’economia.

Per un perverso gioco del caso, oggi guidata dallo stesso creatore di S&S, Giancarlo Giorgetti, tifosissimo del Southampton (“al subbuteo era la sola squadra rimasta, non l’aveva voluta nessuno”, ipse dixit), un passato da sindaco, retroterra nel basket e nel calcio varesino e un quinquennio da revisore dei conti della federazione pallavolo di Carlo Magri (non per nulla, la prima a uscire dalle sedi istituzionali per un palazzetto di proprietà, da poco imitata dal tennis), tanto affezionato da tenere due palloni da volley sulla scrivania. In ogni caso tra i più capaci del bigonzo.

Comunque vada, toccherà proprio a Giorgetti controfirmare la nomina del nuovo responsabile della società – detta la “cassaforte dello sport italiano”. E, come noto, stiamo parlando di una dotazione di diversi miliardi (inutile cercare un bilancio aggiornato) e uno stuolo crescente di agguerriti dipendenti. E che spazia indifferentemente dall’organizzazione dei grandi eventi ai giochi da cortile. In nome di uno sport come servizio pubblico, la versione sportiva del “reddito di cittadinanza”, da sminuzzare per la popolazione più anziana del pianeta (età media sui 46 anni). Ma senza alcuna intenzione di cambiarne i connotati.

Nomina che – questo pare acclarato – toccherà al nuovo ministro dello sport Andrea Aboti, “l’amico di tutti” secondo una definizione al vetriolo di Giovanni Petrucci da Valmontone, uomo dalle cento battaglie e che col passare dei decenni ha assunto la stessa patina e il medesimo dinamismo delle statue dei Marmi. Nel corso di due riunioni del consiglio dei ministri – la seconda protrattasi ieri fino a notte – Abodi non è riuscito a farsi controfirmare la sostituzione di Vito Cozzoli, presidente e AD di S&S, nominato quattro anni da un altro ministro dello sport, il pentastellato Vincenzo Spatafora che l’aveva prescelto tra una sessantina di candidati.

Come storia e tradizione insegnano, quello di ministro dello sport non è mestiere da prima linea e, soprattutto, non va esente da rischi (per trovare chi abbia in qualche maniera, e colpevolmente, inciso bisogna risalire al mesozoico e fino alla “fatina bionda” Giovanna Melandri). Anzi, c’è anche qualcuno che è convinto che la qualifica non porti per niente fortuna. A buon bisogno, nella sua scelta (o solo proposta) il buon Abodi pare non essersi discosto troppo dal rassicurante seminato, come dire, calciocentrico.

I bene informati hanno infatti individuato il nome di Giuseppe De Mita, personaggio che le biografie indicano figlio dell’ex presidente del consiglio Ciriaco. Detto che si parla di una riorganizzazione della governance (chiedo scusa) della società, De Mita – già addetto stampa della Lazio dal ’92 (era Cragnotti/Cirio) e di seguito direttore generale del club dell’onnipotente onorevole Lotito – potrebbe essere il nuovo AD factotum. A discapito, o in alternativa, o in sintonia – questo non è chiaro –, di Diego Nepi Molineris, gran cerimoniere del CONI prima di andarsene – si dice sbattendo la porta – per approdare a S&S, ma senza uscire dal palazzo H.

A sentire gli immancabili retroscenisti (guidati dal Domani diretto dal giovane Feltri e di proprietà di Carlo De Benedetti, il miliardario che amabilmente etichetta Giorgia Meloni come “incompetente e demente”), dietro questa possibile nomina c’è molto di più. In breve, il tentativo articolato di Abodi di costruire un proprio sistema di potere che lo riporti al centro di un mondo – quello dello sport più visibile – dal quale è finora rimasto ai margini.

Vedremo gli sviluppi e se riuscirà Abodi ad occupare le prime caselle del suo personale gioco dell’oca (che non vorrebbe dimenticare il più conosciuto Istituto per il Credito Sportivo: all'insegna di a volte ritornano). Certo, la ridda dei nomi in ballo è fitta e sorprendente, su quello scivoloso confine tra potere politico e generone romano che poco dice a noi comuni contribuenti. Ma la ricerca del consenso e l’obbligo delle relazioni hanno le proprie insindacabili pretese alle quali è sempre difficile (quando non opportuno) sottrarsi.


Certo, sullo sfondo resterebbe lo sport che – quanto a salute e organizzazione – non pare passarsela troppo bene. Ma questa è un’altra storia e interessa molto, ma molto meno.