I sentieri di Cimbricus / Amarcord sulla via di Lievin

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Martedì 14 Febbraio 2023

 

lievin 

“Febbraio dell’87, giornata livida e fredda. Ci spiegano come arrivare: strade di campagna, erba gelata, sino a quando appare il paese. I cumuli di scorie di carbone sono incappucciati di neve e i tralicci dei pozzi scheletri inquietanti.”

Giorgio Cimbrico 

L’appuntamento è allo Charles de Gaulle. Qualche fiocco di neve quando Dino, un grande amico perso nelle nebbie della coscienza, e io andiamo a ritirare la macchina, una grossa Peugeot. L’avventura prende il via con una scena alla Louis de Funès: non riusciamo a capire come funzioni la retromarcia e così spingiamo l’auto per metterla in posizione. Meno male che non c’è nessuno a vederci. “Ma è facile, monsieur, basta tirare questo anello”, spiegherà un benzinaio. 

Prua verso Lille e il nord estremo della Francia. Dove sia di preciso Liévin non lo sappiamo. Lì vicino, comunque. E’ il febbraio dell’87, una giornata livida e fredda. Alla concierge del Novotel di Lilla ci spiegano come arrivare: strade di campagna, erba gelata, sino a quando appare il paese. I vecchi cumuli di scorie di carbone sono incappucciati di neve e i tralicci dei pozzi sono scheletri inquietanti. Ai piedi, una schiera di casette a un piano. Per un Europeo, niente male.

All’unico bar tabacchi compriamo l’Èquipe, le Gauloises e beviamo un caffè molto lungo. Dove siamo finiti? In un racconto di Simenon: forse “La neve era sporca”. Chissà quali segreti, quali rapporti nascondono quella casette dove abitavano i minatori e le loro famiglie. 

Il palazzo è molto nuovo e molto bello: una colonna vertebrale di capriate in legno per l’orgoglio del dipartimento del Pas-de-Calais. Manca qualcosa, però: un’area dove gli atleti possano riposare tra un turno e l’altro. A Lilla non possono tornare. E qui scatta la fantasia di quel buonanima di Plinio Castrucci, con quel suo viso da legionario veterano di quando Roma era Roma: va a bussare a una delle casette, chiede ospitalità e la signora (la vedova Couderc? Simenon fa ancora capolino, …) la concede aprendo il salotto a Pavoni e Ullo.

Riposo che si rivelerà provvidenziale: Pierfrancesco è secondo dietro Marian Woronin e Antonio terzo a pari merito con il cecoslovacco Frantisek Placnik. Si andava forte anche a quei tempi: 6”51 per il titolo, 6”58 per il secondo posto, 6”61 per il terzo. Nel frattempo, nelle batterie dei 200, Stefano Tilli esce in barella, fasciato in una specie di stagnola: brutto strappo al bicipite femorale.

Alla sera, per non abbandonare l’atmosfera simenoniana che continua a seguirci e ad avvolgerci, finiamo in un ristorante di Lille pieno di velluti e di argenterie. Manca solo uno sguardo ammaliatore che cambi la direzione delle nostre vite, che ci trascini su un treno della notte.  

In quello che si chiamava “Stade Couvert Regional”, la domenica ci riserva un paio di grandi momenti: Robert Emmiyan, armeno e compaesano di Igor Ter Ovanesian, atterra a 8.49 (di lì a tre mesi, su una pedana caucasica a 1800 metri di quota, sarebbe volato a 8.86) e Giovanni Evangelisti a 8.26 e in chiusura lo statuario (aggettivo vecchiotto ma sempre efficace, …) Bruno Marie Rose frantuma il record mondale dei 200 in 20”36. Per Tilli quel “paese piatto” è indimenticabile: brutto infortunio e primato perduto. E’ l’inizio della piccola saga di Liévin, prima che la distanza venga bandita: dopo, 20”25 di Linford Christie e 19”92 di Frankie Fredericks, primo e unico ad approdare sotto la barriera. L’Italia raccoglie anche il secondo posto di Giuliano Salce, pasionaria della marcia, come si diceva allora, a una manciata di centesimi dal titolo. 

Sulla via del ritorno con noi c’è un altro vecchio amico che non c’è più, Giulio Signori. Freddo, buio, fame anche, perché la bouvette del Regional non è il massimo per il ristoro. Dove andiamo? “A Lens”, dice Dino, con sicurezza. “Conosci il posto?”. “Mai stato, ma hanno la squadra in serie A. Una trattoria ci sarà”. La trattoria, pardon la brasserie c’è, vicina allo scalo ferroviario: si chiama “Chez Jolande”, tenuta da una signora che mostra i segni di un’antica, appariscente bellezza. Mai avuto ospiti così illustri e noi onoriamo l’impegno suo e di chi le dà una mano in cucina.