Bordo campo / Non e' ancora arrivato il momento

Print

Lunedì 13 Febbraio 2023

 

england-italy 

L’assalto non è riuscito. Alla fine hanno ancora prevalso i bianchi d’Inghilterra: il risultato numerico (34 a 14) dice del distacco che ancora respinge gli azzurri. Il tempio resta ancora inviolato. Fino a quando?

Daniele Perboni

Canta che ti passa roccheggiano gli Zen Circus. E quelli cantano sul serio. Quelli là, non gli Zen, gli ottantamila di Twickenham. Cantano sì. Han già individuato la vittima sacrificale. Facile. In campo solo maglie bianche e azzurre. Indovinate un po’ chi salirà sull’ara del sacrificio giornaliero? Non siamo forse nel tempio per eccellenza della palla ovale? Uscirne indenni? Quasi impossibile!

Cantano anche questi qui, quelli sbarcati dal volo Roma-Londra dopo una settimana vissuta all’insegna dei complimenti ricevuti. Cantano a gran voce l’inno della vittoria, schiava della città eterna. In queste lande, però, è da secoli che non si celebra un successo. Cantano per farsi coraggio, per unirsi e dirsi che sì, siamo squadra che può far bene, forse preoccupare ma non atterrire. Armi segrete non ne hanno. Lo sanno loro, gli azzurri, e gli altri, i bianchi tatuati con rosa rossa.

Fuori i musici, dentro le mandrie. Si dia inizio al gran muggito. Del pubblico e dei muscoli di chi sta in campo. Si spinge, si tira, si ara l’erba. Guadagnano metri, i bianchi, perdono terreno, gli azzurri. Inesorabilmente, vittime di aggressioni feroci, veloci, possenti. Da far male, tanto male. Da schiantare un toro. Regge l’urto a fatica la massa mediterranea davanti all’onda d’urto britannica. Regge sì, ma che gran pena.

È il pedaggio da pagare dopo la sconfitta, la terza in tre anni, che i bianchi d’Angleterre hanno subito ad opera della nazionale del cardo. Impossibile perdere contro gli ultimi arrivati, quelli che si voleva cacciare dal “6 Nazioni” ed ora sono qui, sfrontati a cercare onore e gloria.

Onore e gloria rimasti sul campo. Peso, esperienza, talento, velocità, aggressività, visione di gioco, un pizzico di aiuto arbitrale, voglia di riscatto e il cocktail è servito. Tanto è bastato per abbattere i giovani rampanti di un’Italia ancora in fase di maturazione e crescita. Verrà il loro momento. Per ora, mugghiano gli ottantamila sugli spalti e i 15 in campo, statevene lì, calmi a imparare ancora un poco.

Verrà il momento buono? Verrà. Intanto godiamoci quindici giorni di riposo per curare anima e corpo. Il 15 febbraio, nel catino dell’Olimpico, aspettiamo la verde Irlanda che ha bruscamente risvegliato i galletti francesi, interrompendo il sogno di un secondo grande slam. Sono i primi nel ranking mondiale, facile intuire chi salirà di nuovo sull’altare.

Intanto c’è chi trova il coraggio di mormorare: ma non siete ancora stanchi di celebrare onorevoli sconfitte? Come dargli torto? Dall’altra parte si chiede pazienza, anche se sono decenni che si pazienta.