I sentieri di Cimbricus / Buon viaggio al genio di "Chariots of fire"

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Domenica 12 Febbraio 2023

 

hudson 


“Onoriamo quegli uomini”: “Momenti di Gloria” inizia con un elogio funebre in onore di Harold Abrahams e dei suoi contemporanei. Adesso ci lascia l’autore di quell'affresco o, meglio, di quel capolavoro che diverte e commuove.

Giorgio Cimbrico 

Con l’addio a Hugh Hudson (nella foto), scomparso a 86 anni, è oggi il caso di onorarli tutti: Ian Charleson (Eric Liddell) il primo a lasciare questo mondo, spazzato dall’Aids a 40 anni; Ben Cross (Harold Abrahams) e Ian Holm (Sam Mussabini) che hanno incontrato il loro momento fatale nel 2020, il primo a 72 anni, il secondo quando si avviava agli 89. L’anno scorso è toccato a Vangelis, che ha chiuso gli occhi nell’amata Parigi. 

E così, dopo gli attori e il musicista greco dalla cultura profonda, così coinvolgente da portare a vette di fremiti e commozione, è toccato al regista del film che, poco più di quarant’anni fa, scandì un momento storico: per la prima volta l’Oscar per il miglior film non restò negli USA. 

Di quella compagnia in vita rimane soltanto il produttore David Putnam che a “Momenti di Gloria” può affiancare l’elegantissimo “I Duellanti”, “Fuga di mezzanotte”, “Urla dal silenzio”, “Mission”, e Milena Canonero, torinese di formazione universitaria genovese, magnifica costumista, giunta a collezionare quattro statuette lavorando anche al fianco di Stanley Kubricks per “Barry Lyndon”. 

Può capitare che un autore esprima il massimo in un’opera. E’ il caso di Hudson che dopo “Chariots of fire” diede vita a un’ennesima e non indimenticabile versione di Tarzan con “Greystoke”, interpretato da Christopeher Lambert, e tentò di narrare la lotta per l’indipendenza americana (“Revolution” con Al Pacino) con esiti che la critica definì catastrofici. 

La brevità dell’esistenza ha proiettato in questa dimensione anche Ian Charleson. Quanto a Ben Cross può essere accostato a Farley Granger, il tenente dissoluto e bugiardo del viscontiano “Senso”. Cross appartiene a questa categoria: una maschera, un carattere. Dopo “Momenti di Gloria” ha lasciato poche e sbiadite tracce, meno profonde di quelle che aveva impresso sulla pista in carbonella di Colombes, egregiamente ricostruita. 

Il caso che governa i fatti e le esistenze ha voluto che Ben, dal profilo grifagno, se ne andasse due mesi dopo Ian Holm, che interpretava Sam Mussabini. Chi ama quel film, le sue eleganze mai estenuate, correrà a rivedere i loro duetti: lo skip scandito dalle note liquide di Vangelis, i colloqui faccia a faccia, l’ottimismo obbligato e la tempesta del dubbio, lo slancio del filo manovrato dal grande burattinaio, l’ubriacatura dopo il successo e dopo che Sam/Ian, esiliato in una camera d’affitto, ascolta da lontano l’annuncio della vittoria del suo allievo e sfonda con un pugno la paglietta: “Figlio mio”. 

Al contrario, il piccolo Holm è andato lontano: Bilbo Baggins nel “Signore degli Anelli”, l’umanoide nel primo “Alien” e molti altri momenti di gloria. 

Non è l’ora di sottolineare le licenze che il vecchio Hugh si prese facendo infuriare il marchese di Exeter, che mai volle assistere alla pellicola che lo privava del record nel certame di Caius. Noi che amiamo l’atletica e il cinema di razza possiamo solo essergli riconoscenti e augurargli buon viaggio. Ci ha fatto divertire e commuovere: il fine ultimo del teatro, si svolga su un tavolato o su uno schermo.