I sentieri di Cimbricus / Il mal d'Africa colpisce solo l'Africa

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Domenica 16 Ottobre 2022

 

africacup 

Nella Coppa del Mondo che partirà tra quale settimana, saranno solo cinque le squadre dell’ex Continente Nero, nessuna delle quali in previsione di vittoria. Eppure gli africani sono e restano la spina dorsale del calcio europeo.


Giorgio Cimbrico

Un paese africano non vincerà mai la Coppa del Mondo di calcio. In compenso l’Africa fornisce la forza lavoro – un tempo, quando si parlava liberamente, dicevamo “la carne da cannone” – per la maggior parte dei campionati europei, dal Portogallo alla Turchia, Europa dell’Est compresa. Aziende specializzate in rilevamenti statistici, sempre accuratamente aggiornati, possono fornire un’adeguata base a questa affermazione, nata occhieggiando qua e là, appuntando su e giù. 

Il più alto numero è in Francia, ma con un distinguo: molti, la maggior parte, sono nati là e hanno giustamente quella cittadinanza. Sufficiente seguire qualche match di Ligue 1 e prender nota di tutti i Kamara, i Djallo che la popolano. Il Lens, Nord della Francia, dalle parti di Lille, è tutto nero. Qualcuno ha optato per le radici dei nonni o dei padri: giocare per il Togo, per il Mali, per la Guinea li rende orgogliosi ed è anche l’occasione per una visita ai parenti, a volte mai visti. 

L’Africa del Nord, araba, ha prodotto eccellenti giocatori (nel passato, Madjer, oggi Salah e Marez) ma il numero più consistente viene dall’Africa che oggi viene chiamata subsahariana e noi di una certa età chiamavamo Africa Occidentale e Africa Equatoriale, in gran parte francesi (viola chiaro sulle vecchie carte), con l’eccezione di Gambia, Ghana (Gold Coast) e Nigeria, britanniche, e così rosa carico su atlanti pieni di fascino e mai eliminati dagli scaffali di casa. L’ivoriano Drogba è stato la stella più splendente. Qualcuno è arrivato anche da uno dei paesi più tormentati (il Congo ex-belga, poi Zaire, ora di nuovo Congo) e da antiche colonie portoghesi: Eusebio e Coluna, genio e architrave del glorioso Benfica, erano mozambicani. 

Sparsi in campionati diversi, richiamati – spesso con gran dispetto dei club d’appartenenza – per la Coppa d’Africa, alle prese con federazioni spesso sottoposte a imposizioni governative e a influenze magiche e stregonesche così care a noi europei, sempre amanti dell’esotico e del clamoroso, gli africani non sono mai riusciti a esprimere sino in fondo il loro talento, le loro potenzialità, come è capitato con l’atletica: mezzofondo in Maghreb e Corno d’Africa, velocità e salti in estensione in Nigeria e Ghana. 

Qualche episodio sparso: il Camerun di Milla che, dopo il pareggio di quarant’anni fa con gli azzurri in procinto di esplodere, mette in gravi ambasce l’Inghilterra a Italia ‘90: il Senegal che batte la Francia campione in carica nel match inaugurale della Coppa del Mondo 2002 per procedere sino ai quarti. Tra le glorie, anche il 4-0 inflitto dalla Zambia all’Italia olimpica di Rocca detto Kawasaki. Riassumendo, poca cosa. 

Con l’Africa la FIFA non è mai stata generosa: cinque posti (andati a Tunisia, Marocco, Senegal, Ghana e Camerun; fuori la Nigeria che potrebbe metter su almeno due nazionali di bel peso), cinque su trentadue equivalgono a meno del venti per cento delle ammesse a Qatar 2022, al via tra un mese senza i campioni d’Europa, capitombolati contro la formidabile falange dei macedoni del nord (ci fossero stati anche i macedoni rimasti in Grecia, eravamo fritti). Cinque come le asiatiche, compreso il paese che ospita tra polemiche che, specie i britannici hanno sempre mantenuto roventi, e non si può dar loro torto. Le americane (comprese le tre zone Nord, Centro e Sud) sono otto, l’oceanica è una, l’Australia che con tre sport con la palla ovale è riuscita a qualificarsi anche in quello che si pratica con la palla tonda. L’Europa è sempre la padrona del vapore: tredici nazioni, a palmi il quaranta per cento. Del blocco occidentale manca solo la sunnominata e incespicata. 

GPO si scompisciava raccontando la barzellette dell’ippopotamo che dà un passaggio allo scorpione e quello, durante la traversata, lo punge. “Perché l’hai fatto?” domanda il bestione, affondando. “C’est l’Afrique”. Ecco, appunto.