I sentieri di Cimbricus / Il giovanotto con le ali in testa

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Lunedì 13 Giugno 2022


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Col nome che pare una multinazionale del beauty, alla terz'ultima occasione Devon Allen ha sfiorato il mondiale del 110H, lontano 4/100. Dopo la firma con gli Eagles, gli restano solo due occasioni: i Trials e i Mondiali, entrambi a Eugene.

Giorgio Cimbrico

Devon Allen dice che aveva le gambe fresche: riposo forzato per un Covid brillantemente e velocemente superato. Dice anche che pensava di fare il record del mondo perché si sentiva proprio bene: “Dieci giorni di riposo mi hanno caricato. Sono andato forte ma nelle prossime gare andrò meglio”. E tutto questo è stato il commento al 12”84 di Randall’s Island, New York, Icahn Stadium (intitolato al miliardario, benefattore e amico di Trump), quello del primo record del mondo di Usain Bolt, un lampo improvviso da 9”72, quattordici anni or sono.

Quel giorno, pioggia prima delle gare. Domenica previsto lo stesso schema meteorologico, ma non è andata così. I 110H erano la prima gara e la pista azzurrina e piemontese era asciutta. Il vento era +1,3, perfetto.  

Allen ha interpretato la gara perfetta: bella partenza, progressione, sublime tecnica sulle barriere, crescendo finale. Grant Holloway, che qualche pasticcio lo combina sempre, non è andato pianissimo, 13”06, ma ha preso due metri buoni. Devon ora è il terzo di sempre dopo Aries Merritt 12”80 e Holloway 12”81. 

La verità è che Devon ha soltanto due appuntamenti per andare meglio: i campionati americani, validi come selezione per i Mondiali, e i Mondiali stessi. Poi l’atletica finirà perché ha firmato un contratto da wide receiver per i Philadelphia Eagles. Prima che si chinasse sui blocchi in tv hanno mostrato l’immagine della firma. Sul tavolino c’era il casco. Oltre che ai piedi, Devon le ali le indosserà anche in testa. 

Atletica e football in America hanno sempre viaggiato insieme, specie ai tempi in cui correre non portava guadagni. Molti emigrati, anche illustri: l’esempio più illustre e difficilmente battibile è Bob Hayes, campione olimpico e Signore dell’Anello NFL. La tribù è molto numerosa e non sempre ha ricavato dal passaggio le fortune sperate. 

Allen non è di gran taglia (le schede lo danno 1,83 per 82, molto normale), perfetta per il ruolo di chi raccoglie l’ovale e prova a portarlo avanti. Anche un singolare e brutto infortunio al ginocchio (al calcio d’inizio del Rose Bowl 2014) non lo ha convinto a smettere e a dedicarsi a tempo pieno agli ostacoli. Prima di dover andare sotto i ferri, poco più che 19.enne aveva già corso in 13”16 e al rientro, nel 2016, aveva conquistato la sua prima selezione olimpica in 13”03 indossando sul campo e in pista la maglia verde di Oregon University. 

Come capita spesso negli USA, tra l’università frequentata e il luogo di nascita possono correre chilometri e magari fusi orari. Allen è nato nel dicembre ’94 a Phoenix, Arizona, e nel suo DNA corre qualche genio portato dal padre, nativo delle American Samoa. Proprio il football gli ha fatto guadagnare una scolarship, borsa di studio, che lo ha portato in Oregon. 

Quinto a Rio, settimo a Doha, quarto a Tokyo nella gara dell’oro buttato via da Holloway, tre volte campione americano e due volte campione NCAA, Allen non ha smesso di inseguire l’obiettivo di diventare un professionista del football e a 27 anni ha trovato sistemazione agli Eagles: ad agosto, di solito, iniziano i camp d’allenamento. 

Ma prima, dal momento che sta bene, molto bene, deve sistemare un paio di faccende, forse tre: “fare la squadra”, come dicono gli americani, per Mondiali che, nel suo caso, sono molto casalinghi: puntare al podio e al record del mondo. Il migliore degli addii possibili.