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Lunedì 6 Giugno 2022

 

        pozzecco


“Eccoci davanti alla bocciofila del basket che sta per mandare in orbita la finale scudetto dove Virtus Segafredo Bologna e Armani Milano cercano il 45° titolo in una storia che le vede al primo posto: l’Olimpia con 28 titoli e le Vu Nere con 16.”

Oscar Eleni

Con il pensiero, insomma quello che resta del pensiero, alle cascate dell’Iguazu dalla parte argentina sentendo la musica di Mission e le maledizioni della colonia giornalistica italiana reduce dalla delusione mondiale dei nostri cestisti sul campo di Salta. Giorni bui, strani, tristi mentre dalle tribune cantavano, irridendo Azzurra, chiedendo un minuto di silenzio per l’Italia che era “morta”. Una rabbia che tormentava Gamba, Tonino Zorzi alla ricerca di campioni senza memoria che giocavano altrove e ci avevano fatto maluccio, tipo Oscar Bezzerra Schmidt mano santa.

In questa settimana barbara, fra gente che spara dall’Oklahoma alla Nigeria, da Kiev alla movida in qualsiasi città dove si posteggia in terza fila e si evade col ghigno sul viso, in Italia si premia chi spoglia una povera donna costretta a fare la guardiana delle macchine soltanto perché trovava strano vedere contromano la macchina del ricconzo che poi, spalleggiato dalla cara consorte, ricordava alla poveretta da dove venivano loro. Un po’ come chi osava entrare a Versailles e si sentiva già senza testa.

Un po’ come andare in posti meravigliosi dove chi serve a tavola non prende più di 1000 euro per la stagione, precario estivo, con l’obbligo di essere gentile davanti a chi trova cara l’acqua a 5 euro, la pallina di gelato a 3 e mezzo, figurarsi la pasta a 25 euro non giustificabili neppure se il pesto o la carbonara fossero stati fatti in paradiso.

Affascinati dalla storia di Gnonto, ragazzo italiano nato da genitori ivoriani, emigrato per il pallone a Zurigo, uno che studia volentieri, persino il latino, uno che sa fare gol e passare la palla, che sa le lingue, che non si lamenta se l’Inter, come tante altre grandi sorelle nella serie A litigiosa, preferisce cercare altrove, trascurando magari giovanotti di talento che, ultimamente, le hanno dato anche il tricolore con la squadra Primavera.

Stregati dai calli sulle mani di Nadal, come ce lo descrive la cara Piccardi nata giornalisticamente dove lavoravamo anche noi, stiamo dalla parte di chi non vorrebbe mai vedere fuori dal campo i grandi interpreti dello sport, così come abbiamo amato allenatori che sperimentavano, rischiavano come il professor Vittori, lo zio geniale degli Abbagnale, come Bubi Dennerlein che ci ha plasmato un fenomeno come la Calligaris in mezzo alla stessa invidia che ha tormentato Rudic, Coste, Velasco, giganti che, per fortuna, se ne fottevano delle chiacchiere italiote. Grande Colasante nel ricordo di un allenatore bravo e maltrattato e dell’Aronne Anghileri, guardiano del faro sul nuoto e la pallanuoto alla Gazzetta in tempi dove gli sport olimpici non finivano nelle varie, la cuccia per stare zitti e buoni sapendo che per avere spazio serve l’orgasmo, l’influenza pacchiana, la storiaccia che è meglio del primato personale.

In questa confusione, mentre aspetti temporali annunciati che non arrivano, eccoci davanti alla bocciofila del basket che sta per mandare in orbita la finale scudetto dove Virtus Segafredo Bologna e Armani Milano cercano il 45° titolo in una storia cestistica che le vede al primo posto: l’Olimpia con 28 titoli e le VuNere con 16.

Attesa da guardoni che leggeranno poco perché le ricche signore si sono accordate per finali in notturna da servire alle televisioni interessate. Ehi, rompiglione, non sai che la RAI, forse, se non ci saranno boccette in diretta e qualche sagra, potrebbe dare persino la seconda o la terza rete? Accidenti. Certo la Virtus che ha scelto le 21 sembra più colpevole della Milano che invece fa l’apericena fra le retine alle 20,30.

Aspettando il mercoledì per la prima palla a due nella Fiera bolognese da 10.mila posti, 2000 in meno del Forum di Assago, palazzo fuori di mano nella Milano europea che se la gode con il design e la fiera dei mobili, vi diciamo subito che siamo rimasti a bocca aperta nel momento in cui Petrucci ha preso a pedate nel sedere Romeo Sacchetti e ha portato Gianmarco Pozzecco, idolo di molte folle, televisive e giornalistiche oltre che di appassionati, alla guida della Nazionale. Molti si sono indignati, Bianchini e anche colleghi che hanno sempre difeso il Poz dai capelli colorati, non hanno nascosto la loro opinione. Non come noi, sempre troppo cauti, o, come dicono, criptici. Va beh. Succede ogni giorno guardate un po’ come vanno le cose fra opinionisti nelle sporche guerre.

Cosa dire a Petrucci che con candore luciferino annuncia il suo nuovo generale convinto “di aver fatto la scelta giusta”. Lui sa cose che a noi sono state nascoste. Ci avesse pensato prima saremmo andati alla missione che sembrava impossibile sul campo della Serbia con altri uomini, soprattutto quelli che lui prendeva in giro per la rinuncia, vecchi talenti convinti di allungare la carriera ben pagata senza doversi spremere per la Nazionale di san Petrus. Per non parlare dell’Olimpiade. Con quelli che oggi rivorrebbe in azzurro saremmo andati ben oltre la Francia e i quarti di finale. Lui sa cose che Sacchetti non conosceva. Lui e Pozzecco hanno scoperto la spiaggia dei pivot vaganti, la terra dove nascono giocatori veri che sanno persino i fondamentali cosa che, come dice il saggio Pressacco, anima trevigiana e basket di classe per oltre 40 anni, al momento sembrano trascurati privilegiando chi salta molto, non guasta, e chi corre forte, cosa utile, a patto che lo si faccia anche per tornare in difesa.

Certo che ci siamo emozionati per le lacrime del Pozzecco tutto anima e core, fantasia e trasgressioni, certo che ci siamo stupiti sentendo certi commenti come quelli che ricordavano a noi, non a Petrucci, che Sacchetti perdendo con l’Islanda utilizzando i fantaccini concessi dalle società irritate, aveva dimostrato che a Belgrado e Tokyo c’era la sua controfigura fortunata. La stessa cosa che gli hanno detto magari quando ha vinto con Sassari o Cremona. Qualcuno ha telefonato dopo aver letto Il Piccolo perché gli auguri più sinceri al Poz tagliato prima di vincere l’Europeo in Francia è stato Boscia Tanjevic senza capire, ancora una volta, questo grande uomo, allenatore e genio della lampada per situazioni impossibili. Con garbo e senza la veemenza del Vate Bianchini si è lamentato soltanto del modo in cui Petrucci ha fatto fuori Meo. Un sistema arcinoto come direbbero altri caduti come l’uomo di Bosnia nel regno di un dirigente che ha diretto anche lo sport italiano al CONI, che nel calcio ha insegnato ed imparato, no, non dite il peggio, lui è lui e noi soltanto poveri Pasquino prigionieri per troppi anni negli anni di lorsignori.

Siamo sicuri che cominciando da Banchero, magari soltanto al mondiale, per l’Europeo non se ne parla, sperando che venga ad infondere coraggio alla truppa per l’Europeo che avrà pure un girone nel caldo del Forum, troveremo cosa ci serve. Ora aspettando l’obbedisco di Belinelli, Datome, persino di Hackett, uno bacchettato spesso dal presidente di tutti loro, ci domandiamo cosa è sfuggito a chi vede l’Italia non proprio ai primi posti anche qui in Europa. Disfattisti che non sanno capire il valore di una lacrima, gente che non ha sentito il calore per il Poz ammiraglio che di basket sa abbastanza e sul campo aveva vista più lunga di questi che studiano nella scuola dove se vuoi avanzare devi essere almeno benestante. Per questo lui chiede aiuto al Poeta che chiude una carriera bella, non esageratamente piena di successi.

Ora vedremo se Recalcati se la sentirà di fare ancora una volta un via vai dal medico come nei giorni in cui a Varese, sognando una stella poi vinta, mandava al diavolo il Poz e compagni, stanco della nobile anarchia in quell’anno magico. Il Recalcati che lo aveva lasciato fuori dall’europeo nordico, altra medaglia che sembrava impossibile, ma che poi ha riconosciuto nel suo regista della stella l’uomo per la grande impresa dell’argento olimpico ad Atene dove c’erano giocatori veri che ora sono soltanto ricordi.

Buona fortuna Pozzecco, ci mancherebbe, sperando che abbia capito cosa deve fare un allenatore quando è il momento di scegliere e se lui trovasse uno del suo tipo, incapace di ricoprire il ruolo delicatissimo di closer in partite tirate come gli era stato offerto nell’europeo rimpianto e maledetto anche in conferenza stampa, speriamo che abbia la stessa “fortuna” dei bravissimi che lo hanno lasciato a casa.

Per chiudere il pronostico sulla finale scudetto che già divide basketlandia, persino quella legaiola. Bologna favorita per quasi tutti, Milano avvelenata dalle delusioni europee e dal secondo posto. La trappola può essere il corridoio che già anticipa arrivi e partenze, un tormento per cattivi professionisti. Una benzina che servirà al Messina, milanista quando dirà agli estimatori dello Scariolo interista, quello che disse Rocco quando prima di una finale cercarono la pugnalata con il luogo comune: che vinca il migliore. Speremo de no disse il parón.