I sentieri di Cimbricus / L'era dorata delle certezze inoppugnabili

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Martedì 5 Aprile 2022


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“Ma è bene ricordare che il caso – chiamato di volta in volta e a seconda degli schieramenti, nemesi, destino, provvidenza, intervento divino – ha governato molte vicende, anche quelle dell’aia in cui amiamo muoverci e starnazzare.”

Giorgio Cimbrico

La decisione ha fatto l’uomo. “E se scendo dall’albero e la tigre mi sbrana? Ma ho fame e qualcosa devo fare”, pensava, in modo più schematico, un nostro progenitore che, dedito alla vita arboricola, si trovò un giorno con i rami spogli, senza più un frutto da divorare. Non lontano dalla sua aerea abitazione, aveva individuato bacche che smuovevano il suo desiderio. E poi c’erano anche animaletti dalle lunghe orecchie che saltavano e che sembravano innocui e promettenti. Aveva paura, ma decise di scendere.

Un quadretto evolutivo in piena devoluzione della razza umana, che si sta liberando dell’istinto, dell’intuizione, del colpo d’occhio, della rapida capacità d’analisi per affidarsi a macchinari che alterano il senso umano della percezione.

Pensate, se Napoleone avesse avuto un drone, dopo aver dato un’occhiata avrebbe potuto mandare un tweet a Grouchy più o meno di questo tenore: “Ma che cazzo stai facendo? Torna qui, e in fretta”. E Place de Waterloo sarebbe la più importante di Parigi.

Non è il caso di andare avanti con fatti che hanno cambiato la storia del mondo, ma è bene dire che il caso – chiamato di volta in volta e a seconda degli schieramenti, nemesi, destino, provvidenza, intervento divino, etc – ha governato molte vicende, anche quelle dell’aia in cui amiamo muoverci e starnazzare.

Ora hanno deciso (chi? LORO) che tutto deve essere esatto, che non ci deve essere più spazio per l’errore, per il dubbio, per il sospetto, per le zone d’ombra. L‘Occhio onnivedente della macchina tutto vede sciogliendo enigmi, spazzando interrogativi, rendendo limpida ogni opacità (?), regalando un mondo perfetto, liberato da ogni diatriba. Da ogni passione, presto.

La prossima mossa che LORO, i persuasori non tanto occulti, prenderanno sarà una super-regia – come quella occupata con mano ferrea e spietata da Ed Harris in Truman Show, ma non più affidata a personale umano – che prevederà l’eliminazione di figuranti ormai inutili: gli arbitri.

E’ una decisione che ridurrà i costi e che è improntata a una certa clemenza, se di certi sommovimenti dell’animo si può ancora parlare: i poverini e le poverine non dovranno più attendere, con espressone tra il vacuo e il desolato, che venga loro recapitato il verdetto: è gol, non è gol, è rigore, non lo è, non è meta perché il piede del giocatore ha calpestato due fili d’erba bianchi e non verdi: è bene ricordare che nel rugby, contrariamente al calcio, la linea è fuori.

Molti particolari sfuggono, sono sempre sfuggiti (e hanno costruito storia, leggenda, dibattiti senza fine, hanno provocato ricerche e battute di caccia per rinvenire testimoni più o meno attendibili, hanno contribuito al concepimento e alla nascita di una letteratura, di una storiografia, di una filmografia, di una saggistica, persino), ma ora non è più possibile, ora viviamo e viaggiamo nell’età del Dato Sicuro e Inoppugnabile, e può esser dolce, comodo, conformista naufragare in questo mare che poi così limpido non è.

La risacca prova a portarsi via il gol-non gol di Geoff Hurst, la meta di Gareth Edwards e chi ha l’età giusta non può che imitare Papillon: buttarsi con un sacco di noci di cocco da una scogliera e seguire la rotta della storia che qualcuno vuol negare.