Fatti&Misfatti / Tra Azzurrina e Campionato, indovina chi sparla

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Martedì 30 Novembre 2021


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“Per un basket che cerca Godot e una credibilità difficile in questa pozzanghera dove neppure Aldo, Giovanni e Giacomo riuscirebbero a far ridere, come capita in questa guerra delle rose senza profumo.”


Oscar Eleni

Mimetizzato da palo dell’Ortica nella galleria del teatro milanese degli Arcimboldi. Prove in scena per il John Malkovich, grande attore, genio, uno dell’Illinois che forse è stato ben copiato, o, probabilmente, soltanto ispirato il Peterson attore prima e dopo la gloria sportiva. Cercando naufraghi senza volto come la Finocchiaro attrice di cuore e genialità, avendo rinunciato senza rimorsi a patire il gelo per Azzurrina fremebonda al Forum dove il Petrucci non sapeva più chi maledire per la sofferta vittoria al pelo con l’Olanda dove il basket è stato preso in ostaggio nella guerra dei bottoni fra federazione mondiale ed eurolega, la NBA se ne fotte da sempre, per finestre di qualificazione al mondiale del 2023 assegnato a Filippine, Giappone e Indonesia perché loro, quelli che comandano, sanno come si divulga davvero uno sport.

Magari non fanno niente per aiutarlo davvero con regole più agili, giocatori meno sfruttati, anche se a farlo non sono soltanto le società. Spesso, come direbbero nel calcio, i “campioni” si fanno prendere all’amo dai finti amici, dalle finte compagne della vita, dagli agenti che in questa pozza delle plusvalenze sembrano i predatori più feroci, paravento per dirigenti famelici e spesso incapaci.

Ecco perché siamo gli Arcimboldi e non sulla Sperimentale Ci del basket. Il grande attore ci sfida a scoprire chi sono i critici malvagi che una volta dissero o scrissero: la musica di Dvorak? Urlata e innaturale. Quella di Beethoven? Barocca e bizzarra tanto da evocare colombe e coccodrilli. Per non parlare della musica di Debussy considerata attraente come una fanciulla tubercolotica, così come erano considerate perverse le mazurke di Chopin. Brahms? Un bastardo senza talento.

Non sappiamo se i permalosi campioni dello sport professionistico di oggi, i loro dirigentoni, sognano, come i famosi stroncati, di passare alla storia per quelli che poi divennero capolavori, di sicuro continueranno a squalificare chi non parla bene di loro, succede da sempre, non soltanto da quando è arrivato Peterson. In carriera ho sentito telefoni buttati giù con insulto, ho pranzato con presidenti gaglioffi che avrebbero venduto la madre, ma si offendevano se dubitavi del loro onore.

Vorrei chiedere una puntata delle sue a Camurri, un grande divulgatore davvero, stupendi i suoi quadri per le tappe del Giro, magnifica la trasmissione Maestri che, naturalmente, in RAI va nelle ore in cui la gente dovrebbe lavorare. La campanella suonerebbe tante volte. Galleria degli Arcimboldi per chiedere che le nuove puntate di Zelig vengano raddoppiate, cosa che non faremmo per un campionato di basket che cerca Godot e una credibilità difficile in questa pozzanghera dove neppure Aldo, Giovanni e Giacomo riuscirebbero a far ridere con le loro lotte in acqua, sulla sabbia, come questa guerra delle rose senza profumo che manda in campo nazionali tarocche in una stagione che diventerà tormento se l’ondata del male arriverà per la primavera delle decisioni.

Eccoci ad Azzurrina fremebonda, sapendo di aver rubato fin troppo tempo, aspettando con giusta ansia l’ultimo atto nella strepitosa carriera di Federica Pellegrini a Riccione, cercando di immaginare cosa passano all’Armani fra giocatori sospesi, infortunati, cercando rinforzi, ascoltando il Baraldi virtussino che gioca sul semplice invitando FIBA ed Eurolega a parlarsi, ma dai, facendo sapere che a lui sarebbe piaciuto un campionatone allargato per andare in tante città, sfogo che farà venire l’orticaria a Messina e a chi vorrebbe una serie A ridotta.

Diciamo che i brividi, per ora assenti in campionato, Armani e Segafredo vorrebbero darceli litigando su tutto, con la scoperta baraldiana dell’acqua calda (“in Lega ognuno pensa a se stesso”), con la difesa bolognese del Bertomeu capo dell’eurobasket vero, sfiduciato anche da Milano. Fino alla Coppa Italia possiamo accettare, ci si diverte più in A2 dove, ad esempio una sfida bella come quella vinta alla fine da Cantù su Udine, nel nome e nel ricordo di Gianni Corsolini, davanti ai suoi grandi ex cominciando da Recalcati e Marzorati, non la vedi nella serie A dei fuggitivi, dei punti interrogativi, degli stranieri che assomigliano, in molti casi, a quelli che un tempo si andavano a cercare nei porti, nelle fiere, come si legge sullo Step Back del Sani, come si può scoprire nel libro che ricorda la grande storia del basket napoletano scritto da Prestisimone e Fucile.

Dunque Italietta con i punticini intascati battendo l’Olanda di Buscaglia che per tre volte ci ha fatto dire: ma quelli non li conosciamo, non sono i nuovi profeti del basket in salsa Petrucci, con il povero Meo Sacchetti che, non potendo mandare a quel paese chi insiste a far credere che certi giocatori hanno davvero un bel futuro, lasciava parlare il suo occhio lesionato cadendo dalla bici.

Certo che siamo contenti dell’esordio di uno vero come Udom, ma intanto ci chiediamo dove è finito il Gaspardo che ha illuminato tante partite di Brindisi. Siamo felici per il record di punti in Azzurro dell’Akele che Menetti sta portando al grande livello, ma restiamo senza parole vedendo come Alviti, proprio al Forum dove lui spesso guarda l’Armani dalla panchina, non capisca che nel regime Messina, così come quello della nuova Italia, se non soffri in difesa difficilmente ti faranno danzare alzando la manina se imbrocchi un tiro da tre.

Soddisfatti e rimborsati per aver creduto alla voglia di Tessitori per far sapere che anche se fra i lunghi abbiamo poca gente lui terrà in piedi il castello aspettando che Banchero trovi una scusa per far capire che dovendo stare fra le prime scelte NBA forse non avrà tanto tempo per la Nazionale, d’altronde facevano così anche i pochi italiani che miagolavano nell’altro mondo arbitrato, si è saputo, anche da omoni che non avevano sempre rispettato le regole.

Cosa dire del tenerone Diouf. Speriamo che Caja ne faccia un giocatore vero, completo, lasciamolo lavorare senza raccontargli bugie come sembra accada quando lui si assenta mentalmente sul campo.

Felici per il ritorno alla ribalta, con pregi e difetti del Pajola difensore della fede al lavoro anche per i pigri. Aspettavamo qualcosa di più e di meglio da Flaccadori che per noi non poteva essere una riserva dopo aver cambiato pelle e stile di gioco.

Su Tonut niente da dire: quello che ha te lo regala senza riserve, trucchi, certo se lo sfinisci poi lui rischia anche di farsi male come in quel nodo alla fine che, per fortuna, non gli ha tolto la lucidità per il tiro che ridava colore alla sedia presidenziale.

Per Vitali un difficile viaggio da capitano trovando il suo tiro 2 volte su 8 tentativi, ma quel recupero alla fine gli ha dato la santità. Ne siamo contenti, ma non soddisfatti davvero.

Dando un bel 7 a Buscaglia, chiedendo scusa se da noi uno da due finali scudetto, un grande lavoro, deve guadagnarsi il pane fra Olanda e Israele, diciamo che Sacchetti esce dalla mischia con un sei di stima, perché coi fichi secchi non fai delle grandi nozze.

Per i giocatori un grazie perché, mentre altri si facevano massaggiare, loro hanno dovuto viaggiare, allenarsi, soffrire per capire chi avevano di fianco anche se, siamo sicuri, nel nuovo basket tutto lavagne e analisi video, più gustose delle noiose sedute sui fondamentali, predica del primo giorno da Van Zandt in poi, di quei compagni conoscevano pregi e difetti. Certo difficile adattarsi in pochi giorni. Ingiusto costringere Sacchetti, Molin e Galbiati a mettere maschere sempre diverse da burberi allenatori benefici.

Ci si rivede con Azzurrina Fremebonda a febbraio. Riprende la volata del campionato che ci darà le otto per la Coppa Italia di Pesaro dove, al momento, come in casa Fortitudo, sono più i giorni dove devono rispondere a domande scomode su presunti salvatori che dovrebbero salvare il loro principato cestistico.