Ranking 2021 / Italia: Antonella su tutte e qualche novita'

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Sabato 30 Ottobre 2021

 

palmisano-tokyo

 

Nella strana stagione olimpica, dall'alto del suo oro è la ragazza di Mottola a guidare le "Magnifiche Sette" italiane, tra conferme e novità nel mezzofondo lungo e corto. In attesa del ritorno della "nuova" Larissa.

Top Ten Donne 2021

Gianfranco Colasante 


1. – Antonella PALMISANO

C’era un modo migliore per spegnere le trenta candeline del compleanno che vincere l’oro olimpico? Casualità, presagi, azzardi? E invece era già tutto scritto. A cose fatte Antonella, avvoltolata nel tricolore, tra i capelli un fiore dorato sbocciato sull’uncinetto di mamma, dirà d’aver sognato “tutto” la notte prima, in ogni fedele dettaglio. Quarta (con rimpianti) a Rio, ora sul gradino più alto nell’umidità (65%) e nell’afa (34°) dell’Odori Park di Sapporo.


Alla seconda 20 dell’anno, dopo le misure prese a Podebrady in maggio con infortunio annesso, aveva di fronte la muraglia cinese, in tre a quasi tre minuti sotto il suo standard. Nessun timore. Quando ha deciso di andare a vincere, mancavano 4 chilometri e il metronomo nelle gambe girava a 4’05”/4’06”, s’è fatto il vuoto: l’ultima a cedere proprio la campionessa di Rio, Liu Hong. Casualità?

2. – Nadia BATTOCLETTI
Una piattaforma per il futuro quel settimo posto di Tokyo, ma sufficiente a portarla molto in alto nella considerazione generale. Tanto più a vent’anni o poco più. In una di quelle comunioni familiari che hanno fatto tante fortune in atletica. Certo, non era il ritmo di Hengelo, tanto per citare, ma se ogni gara è a se stante, a guardare l’ordine d’arrivo della finale olimpica, etiopi e keniane in fila alle spalle della minuta Sifan Hassan, olandese d’Etiopia, c’era solo Nadia, capace di reggere e riscrivere – per la quinta volta in stagione – il proprio “personale” sui 5000. S’era già capito nella batteria, quando aveva tampinato Hellen Obiri e Gudaf Tsegay, poi seconda e terza sul podio, racchiudendole nello spazio di 9/100. Riscritti tutti i suoi limiti, sforbiciato di un minuto il suo record, ora davanti – a 1’79” – ha solo la Roberta Brunet del 1996.

3. – Larissa IAPICHINO
Sette gare, tre all’aperto attorno ai 6.50. Stagione interrotta prima di Tokyo, ma quanto fatto in inverno dalla ragazza fiorentina la conferma come l’elemento più interessante dell’ultima generazione. Dopo la squilla del 2020 (6.80), quest’anno una punta indoor a 6.91 che, caso più unico che raro, eguaglia il record della madre Fiona. C’erano molte attese in chiave olimpica, schiantatesi però a giugno – tra Golden Gala in casa e Assoluti a Rovereto (vinti per il rotto) – contro problemi fisici e, si dice, psicologici che hanno prodotto un imprevedibile cambio di allenatore, di preparazione, di rincorsa, (forse) di piede di stacco. Modifiche tecniche dalle quali non sarà agevole uscire. Auguriamoci che il rinnovato sodalizio con il padre Gianni la riporti presto a volare. A neppure vent’anni Larissa ne ha intatte capacità e possibilità. Crediamoci.
 
4. – STAFFETTA 4x100
Un quarto posto che è un omaggio al settore sprint. Non è bastato il nuovo primato nazionale ben sotto i 43” (42”84), per raggiungere la finale olimpica rimasta preclusa per soli 3/100. Primo tra gli esclusi, lo stesso quartetto – Irene Siragusa, Gloria Hooper, Anna Bongiorni e Vittoria Fontana – che ai primi di Maggio, a Chorzow, aveva vinto le World Relays che la WA si ostina a produrre per contrastare in qualche modo la rarefazione delle gare a staffetta, presenti ormai solo nelle grandi rassegne, olimpiche e mondiali su tutte. Ma se in Slesia mancavano in tanti – tutto il podio di Tokyo, tanto per ricordare, e molti altri di livello – in Giappone lo schieramento poteva dirsi al completo. E questo già basta per dare dignità e prospettive al settore. Casomai con qualche auspicabile innesto (chi tra Kaddari e le sue compagne?).

5. – Elena VALLORTIGARA
Una stagione a due facce, quella della veneta. Eppure a fine 2021 come lei soltanto Palmisano è tanto in alto nella classifiche mondiali all’aperto, entrambe nella Top Ten, seppure accomunate al decimo posto. Le è mancata un po’ di fortuna sull’1.95 di Tokyo, solo sfiorato: l’avesse superato sarebbe entrata in una finale che meritava e faremmo tutt’altre valutazioni. Costante tutto l’anno su misure dignitose, da 1.93 a salire, ha vinto il titolo italiano e il duello a distanza con Alessia Trost, troppo spesso in difficoltà. Nelle nove gare affrontate, due concluse oltre l’1.96, una sola vera delusione a Berlino, Vallortigara può essere ancora una carta da giocare sullo statico tavolo verde dell’alto: si ricordi che quest’anno i 2 metri li hanno superati appena in cinque e non di molto. Da quell’1.96 Elena può ripartire con più di una prospettiva. Rivedibile.

6. – Luminosa BOGLIOLO
A chiusura della stagione olimpica, nella rete è rimasto solo il record italiano, un centesimo meno del solitario 12”76 di Veronica Borsi (cui resta però il record al coperto). Forse un po’ poco. In una specialità che avrebbe bisogno di rapidi ritocchi, a cominciare dall’altezza delle barriere, col baricentro ormai spostato saldamente nei Caraibi e dintorni, gli spazi a livello internazionale si fanno angusti. A Tokyo, Luminosa s’è fermata in semifinale, quarta in 12”75 ma lontana dai ripescaggi. Ha fatto maggior fatica dello scorso anno, più nei pressi dei 13” che sotto, e in debito con le tradizionali rivali europee, in testa l’olandese Nadine Visser. Per trovare la sola finalista azzurra ai Giochi, Ileana Ongar, bisogna ancora risalire al lontano 1976.

7. – Gaia SABBATINI
In un settore un po’ asfittico, la ragazza abruzzese rappresenta la novità più interessante. Carattere spavaldo e mezzi fisici adeguati, uniti a una spiccata personalità, ne fanno una prospettiva di qualità. Ne ha dato dimostrazione piena a Tokyo sfiorando la finale, restando fuori dalle dodici per 89/100. Capitata nella prima batteria, la più veloce con cinque atlete sotto i 4’, ha portato il “personale” a 4’02”25: una piattaforma dalla quale coltivare l’ambizione di porre nel mirino il 3’58”65 di Gabriella Dorio, risultato che nella stagione di Eugene compirà quarant’anni. Partita con un limite di 4’11”27, ha corso sette volte più velocemente, spendendosi dopo Tokyo sulle due sponde dell’Atlantico alla ricerca di avversari e di occasioni. Senza timore alcuno e con questo nuovo registro: 2’00”76 sugli 800, 4’02”25 sui 1500, 4’31”74 sul Miglio. Ne riparleremo.