I sentieri di Cimbricus / Il re della confraternita degli astisti

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Lunedì 30 Agosto 2021

 

duplantis-charlety

 

A Parigi-Charlety, la confraternita ha messo in scena uno spettacolo che chi univa cultura a umanità come quel buonanima di Philippe Daverio avrebbe definito commovente. Non resta che aggiungere un altro aggettivo: corale.

Giorgio Cimbrico

Gli astisti, artisti che amano sporcarsi le mani, sono stati definiti acrobati, saltimbanchi, poeti, inseguitori del mito del volo, sperimentatori, summa della qualità fisiche e morali dell’uomo (velocità, forza destrezza, coraggio), esperti nelle problematiche della spedizione del loro ingombrante bagaglio appresso. Un bel cocktail, un bel mosaico, un ricco caleidoscopio. Tra di loro, così come tra i decathleti, da sempre si aggira e vive uno spirito di genuino cameratismo, un senso di appartenenza a un ordine cavalleresco, a un club di temerari, come quello dei primi piloti, a un gruppo di amici sinceri.

Sui blocchi di partenza, solo occhiate di sfuggita, di sbieco: la velocità è una faccenda rapida e spietata, a nervi scoperti, a sangue freddo. L’asta è un incruento torneo, una “giostra” che, asta in resta, può andare avanti per ore. Persino lo scioglimento più polemico, il gesto dell’ombrello di Wladislaw Kozakiewicz, venne accompagnato da un sorriso. Diabolico?

Se si fa eccezione per gli occhi freddi e le labbra tirate di Wolfgang Nordwig, è sempre andata così ma ora qualcosa è cambiato. E’ finita l’attesa, è arrivato chi, con leggerezza, quasi con noncuranza, ha estratto la spada dalla roccia e la percezione è stata avvertita. La ricostruzione sommaria, in un sovrapporsi di immagini, del pomeriggio parigino, diventa definitiva rivelazione: Renaud Lavillenie si trasforma in allenatore, convoca Armand Duplantis una, due, tre volte, gli parla di folate di vento, di equilibrio in rincorsa, di correzioni da apportare durante l’ascesa, Sam Kendricks sorveglia la manica a vento e invita il pubblico a ritmare l’applauso; Ernest Obiena sorride felice quando Armand si congratula per il record filippino elevato a 5.91 (Vitali Petrov continua nella sua opera…); Chris Nilsen incoraggia. Peccato non ci sia anche Piotr Lisek che lancerebbe urla alla Tarzan se quell’asticella a 6,19 rimanesse sui ritti. Armand è anche pronto a ricambiare: sotto l’acqua di Gateshead, era lui che proteggeva Kendricks con l’ombrello.

Renaud, 13 anni più anziano di Armand, con un’autonomia di volo sempre più ridotta, decide per l’abdicazione finale sfogliando un repertorio così ricco da risultare utile, offre consigli, guarda diritto negli occhi l’Atteso ormai arrivato. Proprio a lui, a Renaud, era capitato in sorte capire prima degli altri: avvenne in una palestra scolastica, forse del Missouri, quando andò a dare un’occhiata e vide Armand: aveva dodici anni e qualche mese e scalò 3.97, record mondiale di quella categoria ancora vicino alla puerizia, uno dei tanti.

Il volto di Renaud compare all’improvviso, in primo piano, in uno dei filmini amatoriali girati da papà Greg e da mamma Helena, un diario per immagini che prende il via con un Armand di quattro anni, nel giardino di casa, Lafayette, Louisiana. C’erano echi francesi in quei luoghi e nel nome di quel ragazzino ad attirarlo? O c’era qualcosa d’altro, forse una voce interiore? “Un giorno sarà il mio erede”.

E tutto si è realizzato e ora, prima dei 22 anni, Armand, assistito dalla Puma (che vede sempre lontano e limpido: Bikila, Pelè, Bolt) e Red Bull (che, come è noto, mette le ali), tesserato per la IF (che sta per atletica) Upsala, ha saltata 29 volte a 6 metri o più, è campione olimpico e chi ne capisce dice che potrà arrivare a 6.30 che è più o meno irreale come l’ormai reale 45"94 di Karsten Warholm.

I segni e il destino dicono che Armand dominerà a lungo, che concederà poche o nulle chances agli altri, ma nessuno riesce ad attingere una goccia di fiele, a formare un pensiero cattivo. Dargli una mano significa avere un posto accanto a lui ed è qualcosa quando si incrocia la strada con chi cammina sulle acque.