Italian Graffiti / 9"80: anatomia di un'estate italiana

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Mercoledì 18 Agosto 2021

 

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I quaranta giorni che cambiarono il mondo della velocità: fatti ed antefatti, noti e meno noti, che hanno portato Lamont Marcell Jacobs a diventare l’uomo più veloce del mondo e a vincere due medaglie d’oro ai Giochi di Tokyo.

Gianfranco Colasante

Dall’abbraccio soffocante di Enrico Letta e Matteo Salvini, è riuscito a divincolarsi come dal più serrato dei cambi di staffetta. “Non mi occupo di politica, corro e basta”, lapidario. Con Ius soli e dintorni, già a Tokyo invocato da Giovannino Malagò (subito rimbrottato dalla Lega: “occupati di sport, dove stai facendo bene”), Lamont Marcell Jacobs non vuole avere niente a che fare. Meno che meno che lo si tiri da destra o da sinistra. Più che comprensibile, visti i toni del dibattito sfuggiti ad ogni controllo. E soprattutto lontano dalla realtà dei fatti e dei numeri. C’è chi ha annuito, ma anche chi l’ha accusato di becero qualunquismo. Capita. Ma è indubbio che le priorità per lui, dopo il rientro con le due medaglie d’oro al collo, restano decisamente altre.

Innanzi tutto fermandosi (come ha fatto annunciando nei giorni scorsi lo stop, causa ufficiale un doloretto ad un ginocchio), per riorganizzare con calma staff e struttura tecnica, almeno una decina di persone da coordinare e (ri)motivare, casomai, ampliandone la platea. E poi l’inedita dimensione da inquadrare anche mentalmente, nuovi approcci, vecchi contratti da ridiscutere, la scelta degli sponsor che si faranno avanti, paginate pubblicitarie sui giornali, spot televisivi a ripetizione, consigli per gli acquisti da distribuire a piene mani. Fa parte del gioco dei Giochi. Ma anche la messa a fuoco di sistemi di allenamento da rivedere (“ci stiamo già lavorando”, ha detto in Tv Paolo Camossi, “il segreto è sbagliare meno degli altri”) e programmi gara da scegliere col lanternino, ad evitare sovraesposizioni mediatiche o sconfitte dagli esiti imprevedibili.

Perchè d’ora in avanti sarà lui – Lamont Marcell Jacobs – l’uomo da battere. Le due medaglie d’oro che ne fanno il N. 1 dello sprint mondiale vanno valorizzate e “monetizzate” secondo parametri di livello medio-alto. C’è chi sussurra a bassa voce che i suoi ingaggi pre-Tokyo, quando pure c’erano, ora andranno moltiplicati almeno per cento. Tutto quindi rinviato al piatto ricco del 2022, due Mondiali – uno in Serbia (indoor) e l’altro negli USA – e un Europeo in Germania, a non voler tener conto del resto, Diamond League in primis. Mesi di fuoco quando nulla sarà più come prima e tutto diventerà sfida e conferma.

Sull’inevitabile ed appetitoso argomento economico butta acqua Marcello Magnani che lo affianca da manager e ricorda all’HuffPost che il poliziotto Jacobs è “in primis, un dipendente pubblico”. Motivo non secondario per il quale, in sostanza: “non ci interessa nessun tipo di valutazione economica: deve prevalere l’aspetto sportivo e umano”. Scontato e comprensibile. Aspetti sportivi e dettagli umani sui quali in realtà si sa già tutto: la madre che lo ha tirato su a Desenzano e il padre “perduto e ritrovato”, la compagna Nicole, i tre figli, la casa romana a collina Fleming (proprio accanto all’albergo dove abitava Mennea, una casualità non ricordata), gli allenamenti tra l’Acquacetosa e la Farnesina, l’Istituto di medicina a due passi. Un piccolo mondo nuovo che dà tranquillità e distribuisce certezze, una scelta di vita sulla quale ha costruito il doppio successo olimpico.

Tecnologie di supporto, tante: da OptoJump alle miracolose NikeMaxfly che lo hanno fatto volare sulla superveloce pista giapponese ideata in Italia. E altre allo studio. Sviscerati financo gli hobby, Playstation a palla, Spotify negli auricolari con musica rap e trap 24 ore su 24. E poi i Social da controllare ed alimentare – crazylongjumper il trasparente nickname – “sono uno che pubblica parecchio”, anche se poi non tutti apprezzano: “c’è un sacco di gente che mi attacca: mi piacciono, sono tutti rosiconi!”, ha rivelato compiaciuto al Corriere Innovazione. E tra i rosiconi può ora infilarci un mazzetto di giornalisti inglesi e americani che proprio non la mandano giù, casomai sollecitati da qualcuno che sussurra dalle nostre parti. Per tutto il resto a venire, riviste di gossip e programmi d’intrattenimento televisivo compresi, o l’immancabile instant-book, si vedrà. Ma come si è arrivati a tutto questo?

Pochi ricordano che fino a qualche stagione fa, Marcell – seppure un eccellente lunghista da 8 metri e dintorni (col top di un 8.48 alquanto ventoso), ma discontinuo e con non pochi problemi muscolari e fisici –, non era tra gli italiani più veloci, anzi faticava a farsi largo ancorato ad un RP di 10”23 risalente al … 2016 (che per di più qualcuno metteva in dubbio), raggiunto qualche mese dopo ch’era passato ad allenarsi con Paolo Camossi che stava provando a reinventarlo pensando al trasferimento a Roma. Percorso non agevole. In quegli anni nella velocità le grancasse celebravano il ventenne Pippo Tortu come il redivivo Mennea. Non era vero, ma piaceva crederlo e scriverlo, tanto che quel 9”99 di Madrid dette la stura a una vera epopea mediatica che ebbe l’effetto primario di inchiodare il ragazzo sardo/lombardo su quella spiaggia, naufrago di sé stesso.

E Jacobs? La solitudine dei numeri secondi, la sua. Come puntualmente confermavano le sfide sul mare di Savona. Nel 2018 Tortu – un mese prima di Madrid – primo in 10”03, Jacobs sceso a 10”08, ma dietro. Nel 2020 con Jacobs a 10”14, pur sempre battuto dal 10”12 di Filippo, di quattro anni più giovane. Altro confronto al Golden Gala del settembre ‘20: Tortu terzo in 10”09, ancora davanti a Jacobs, quarto in 10”11. E parliamo di appena dieci mesi fa. Poi l’inverno del Covid e la resurrezione con la grande stagione al coperto 2021, undici corse in maggioranza all’estero e un trittico superbo agli Europei di Toruń, vinti senza opposizione in 6”47 (13/100 sul secondo), miglior risultato al mondo sui 60. Era iniziata un’altra storia. Curioso che gli inglesi non se ne fossero accorti.

Fino all’esplosione dello scorso 13 maggio, sempre a Savona, rettilineo opposto: un 9”95 in batteria che sforbiciava d’un colpo solo 8/100 dal “personale”, consegnandogli primato nazionale e pass olimpico. Conti messi a posto anche con Tortu ai primi di Luglio: neanche a farlo apposta, proprio un 9”99 per Marcell, nelle retrovie Filippo in 10”17. Considerato che dopo un biennio di Covid, il refrain Olimpiadi sì, Olimpiadi no, s’era sciolto nella decisione di rinviare di un anno, va anche detto che se i Giochi si fossero tenuti regolarmente, oggi staremmo ascoltando un’altra musica. Ma per fortuna non è andata così.

Dopo il record di Savona, la regia d’avvicinamento a Tokyo aveva previsto un andamento lento e progressivo, quattro gare in giro per l’Europa distribuite in una ventina di giorni, per una messa a punto concordata ma dagli esisti non scontati. Ecco quanto ne emerse:

• Chorzow, Kusocinski, 20 Giugno – 10”06/0,2 (1.) [2. Camara (GAM) 10”16]
• Rovereto, CN, 26 Giugno – 10”01/-1,0 (1.) [2. Melluzzo 10”34]
• Stoccolma, Galan, 4 Luglio – 10”05/-0,8 (2.) [1. Baker (USA) 10”03]
• Montecarlo, Herculis, 9 Luglio – 9”99/0,3 (3.) [1. Baker (USA) 9”91]

Nel frattempo, proprio mentre Jacobs correva in Polonia, sulla fiammante pista di Eugene la finale dei Trials decideva dei tre americani da inviare a Tokyo. Primo in 9”80 era il 26.enne Bromell, il ragazzo emerso dai bassifondi, rientrato ad alto livello dopo tre anni di buio: “I’m a spiritual runner, I run for God, for Christ. When I won, I was happy, and I actually felt his presence. It was a crazy race, I don’t know what to say honestly”, la sua testimonianza. Col 9”77 ottenuto qualche settimana prima, diventava lui il vero favorito della corsa olimpica. Ma l’aiuto di Dio gli verrà a mancare proprio quand’era più necessario, lasciandolo fuori dalla corsa della vita per un millesimo: 9”996 contro 9”995. Si può ancora ricordare, non solo come dato statistico, che la media dei primi cinque di Eugene fu pari a 9”862, a Tokyo risultò sia pure di poco superiore: 9”882.

Ne discende a posteriori che la vera prova generale, 23 giorni prima della finale olimpica, era stata la corsa al Louis II, quando Jacobs prese le misure di tutti i suoi possibili rivali scendendo per la seconda volta in carriera sotto i 10”. Non si sa quanto consapevolmente.

Per avere un quadro più fedele delle forze della velocità 2021, basta porre a confronto gli ordini d’arrivo delle tre più importanti gare di questa estate di fuoco (RP = record personale):

• Eugene, US Trials, 20 Giugno
(0,8) 1. Trayvon Bromell 9”80; 2. Ronnie Baker 9”85 RP; 3. Fred Kerley 9”86 RP; 4. Kenneth Bedmarek 9”89 RP; 5. Micah Williams 9”91 RP; 6. Cravon Gillespie 10”00. – Nota. I primi tre andranno, nell’ordine, a coprire le prime frazioni della staffetta, con Gillespie in quarta (escluso il 19.enne Williams). Risultato? Sesti in Batteria in 38”10 – il peggior risultato di una 4x100 USA ai Giochi dal 1976 –, con gli italiani terzi in 37”95.

• Montecarlo, Herculis, 9 Luglio
(0,3) 1. Ronnie Baker (USA) 9”91; 2. Akani Simbine (RSA) 9”98; 3. Marcell Jacobs (ITA) 9”99; 4. André de Grasse (CAN) 10”00; 5. Trayvon Bromell (USA) 10”01 (inciampato allo start); 6. Fred Kerley (USA) 10”15; 7. Filippo Tortu (ITA) 10”17.

• Tokyo, GO, 1° Agosto
(0,1): 1. Marcell Jacobs (ITA) 9”80 RP; 2. Fred Kerley (USA) 9”84 RP; 3. Andrè de Grasse (CAN) 9”89 RP; 4. Akani Simbine (RSA) 9”93; 5. Ronnie Baker 9”95; 6. Su Bingtian (CHN) 9”98. – Nota. LMJ vince il titolo olimpico con lo stesso tempo di Bromell ai Trials.

Proprio a seguito della gara di Montecarlo, Track&Field News, indovinando tutte le carte (meno la “matta” Bromell rimasta fuori dal mazzo per 1/1000), ma mescolandole alla rinfusa, aveva così stilato il suo pronostico olimpico: 1. Bromell, 2. Baker, 3. De Grasse, 4. Simbine, 5. Jacobs, 6. Kerley.

Se poi a cose fatte, Jacobs poteva dichiarare d’un fiato: “Devo ancora rendermi conto di aver vinto la medaglia d'oro nei 100 metri”, gli va dato atto di aver scritto in due giorni una pagina che non ingiallirà tanto facilmente. Tre record italiani e due europei in successione (9”94 in batteria, 9”84 in semifinale, 9”80 in finale) più il lancio della trionfale staffetta – lui in seconda, la decisiva, Tortu ad una straordinaria conclusione –, se ne fanno, come detto, il N. 1 dello sprint mondiale, lo individuano anche come l’uomo da battere. D’ora in avanti, in specie al prossimo Mondiale.

Si può ancora ricordare che, presentatosi nella forma della vita, capace di quello scatto di qualità – tra convinzioni intime e inesplorate risorse tecniche –, elementi che non sempre si possono razionalmente spiegare, a Tokyo Marcell ha abbassato di 15/100 lo “stagionale” col quale s’era presentato ai nastri, eguagliato in questo solo coll’esperto cinese Su ma ben davanti a tutti gli altri. Curioso notare che i primi due della finale olimpica sono entrambi nativi del Texas e che anche l’ex quattrocentista Kerley, due fratelli e due sorelle, alumn alla A&M University, ha abbandonato il padre per farsi adottare da una zia.

E adesso? A livello mondiale i riflettori torneranno ad accendersi alle 21,20 del 19 Marzo 2022 – finale dei 60 indoor a Belgrado – e poi alle 19,50 del 16 Luglio, finale dei 100 iridati all’Hayward Field di Eugene. E proprio quella pista, il prossimo 21 Agosto, si animerà con la prima tappa post-olimpica della D.L. Sui 100 si ritroveranno tutti i reduci, meno LMJ: Kerley, Baker, Simbine e il canadese de Grasse, perfetto emblema della continuità (il quale, tornato da Tokyo con una sesta medaglia olimpica, potrebbe, a breve, scambiare il bronzo della 4x100 con l’argento per una possibile squalifica del quartetto britannico).

Una prova generale per i Mondiali estivi che Jacobs potrà guardare dal divano di casa. Con una variante in più della quale tutti dovranno tener conto: il rientro alle competizioni di Christian Coleman – campione mondiale in carica con 9”76 – che il prossimo 14 Novembre avrà scontato i 18 mesi di squalifica comminatigli per aver evitato dei controlli anti-doping. Difficile pensare che non vorrà difendere il titolo di Doha.