Piste&Pedane / Pioggia d'oro sull'atletica italiana

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Venerdì 6 Agosto 2021

 

4x100-tokyo


Una bella storia da raccontare ai nipoti: quando l’atletica italiana andò ad un’Olimpiade e ne tornò con cinque pesanti medaglie d’oro al collo. Sembra una favola ma è tutto vero. Anche se occorrerà tempo per valutare e interpretare.

Gianfranco Colasante

L’ossessione del foglio bianco: che cosa potremmo scrivere di sensato dopo aver visto la nostra staffetta veloce strappare con i denti il titolo olimpico? Diciamocelo, dopo il record nazionale in batteria (37”95), ci baloccavamo con l’ipotesi/speranza di un piazzamento medio-alto-alto, ma la ragione finiva per prevalere e andare oltre pareva assurdo. Vero che gli americani avevano pensato ad escludersi da soli, ma c’erano tutti gli altri, i giamaicani, i più veloci del giorno prima, e poi gli inglesi e i canadesi e gli imprevedibili giapponesi che avevano già corso in 37”36. E poi, … ipotesi e timori fino allo schieramento della finale: dalla quarta all’ottava corsia Canada, Giamaica, Gran Bretagna, Cina e Italia. E poi lo sparo liberatorio quando tutto si è sciolto in una frenesia montante.

Il quartetto azzurro è quello collaudato da Filippo Di Mulo: l’esordiente Lorenzo Patta regge il ritmo con cambio quasi perfetto con Jacobs cui si chiedeva di sostenere l’ossatura della squadra con la sua esperienza. La seconda è la frazione più lunga e Marcell la percorre alla grandissima, ma nessuna meraviglia, è lui il campione olimpico dei cento. Il cambio con Desalu ha qualche increspatura col testimone strappato quasi di forza, ma in curva “Fausto” si trasforma, accumula un vantaggio importante e piomba alle spalle di Filippo Tortu, seppure con l’impressione di schiacciarlo, lanciandolo in seconda posizione.

Il momento clou è proprio il duello, meglio la rimonta, di Tortu su Nethaneel Mitchell-Blake che ha avuto in dote dai suoi circa un metro di vantaggio. Dirittura da tutti in piedi e cuore in gola, svantaggio che Tortu – mai apparso così sciolto e potente –, rosicchia falcata su falcata, centimetro su centimetro, ottanta metri che non finiscono mai, fino a conquistare quel centesimo – 37”50 a 37”51 – che separa la splendida solitudine dei numeri uno dall’anonimato dei secondi. Arrivano solo in sei e in cinque vanno sotto i 38”, tutti al record nazionale (come gli azzurri) o allo stagionale. Il Canada di de Grasse – che da Tokyo esce con tre medaglie – è terzo in 37”70, poi la Cina (37”79) e, più lontana, la Giamaica (38”12) che ha vissuto epoche migliori. Stupore, entusiasmo e lacrime. Quinta medaglia d’oro e campioni olimpici anche con la 4x100!

Per trovare la nostra ultima presenza in una finale a cinque cerchi bisogna risalire a Sydney 2000 quando gli azzurri furono settimi (38”67) e addirittura al periodo 1984-1988 quando Tilli e Mennea finirono a ridosso del podio. L’ultima medaglia, un bronzo, porta la data del 1948; ancora più lontani si collocano l’argento del 1936 alle spalle degli USA di Jesse Owens e il bronzo di Los Angeles 1932. Superflui i confronti recenti con Rio o con Londra, quando in pista c’era ancora Usain Bolt. Anche se Track&Field News non ci prendeva neppure in considerazione in sede di previsioni, infilando nei primi 10 Sud Africa, Brasile, Olanda e … Turchia, oggi le cose sono cambiate: signori, ora lo sprint mondiale abita dalle nostre parti. E che americani e inglesi se ne facciano una ragione. Senza isterismi e senza adombrare malignità e sospetti.

ANTONELLA D’ORO – Una bella storia da raccontare ai nipoti: quando l’atletica italiana andò ad un’Olimpiade e ne tornò con cinque pesanti medaglie d’oro al collo. Sembra una favola ma è tutto vero. E in questa storia straordinario trova un posto privilegiato una favola vera, la vittoria di Antonella Palmisano nella 20 chilometri di marcia. La stessa gara che il giorno prima, il suo conterraneo Massimo Stano – due pugliesi, l’una di Mottola, nel tarantino, l’altro di Grumo Appula, nel barese, che si allenano assieme – aveva dominato a piacimento, sbaragliando l’opposizione degli asiatici, largamente favoriti. Antonella, se possibile, ha saputo fare anche meglio. Per di più nel giorno del suo trentesimo compleanno. Incroci e coincidenze che sembrano frutto della fantasia.

Antonella era stata quarta a Rio e in questi cinque anni aveva dovuto mantenere in piedi il desiderio di rivincita tra alti e bassi, molta fatica e qualche delusione. La sua vittoria è stata costruita con giudizio e una attenta valutazione delle forze proprie e delle debolezze delle avversarie. Rimasta in testa al gruppo per una quindicina di chilometri (passaggio a metà gara in 45’57”), controllando con attenzione andatura e intenzioni delle rivali, è partita decisamente all’attacco verso il 17° chilometro, imprimendo un ritmo che ha mandato in crisi le altre, soprattutto il trio cinese con la campionessa uscente Liu Hong, partito col favore del pronostico, ma via via arresosi.

Fino all’allungo finale, quando al traguardo mancavano un paio di chilometri e la temperatura era salita oltre i 34°. A questo punto, con la sua andatura efficiente ed elegante (nessun cartellino le verrà mostrato in tutto il percorso), inizia una selezione implacabile. All’inizio dell’ultimo giro (1h25’05”) si trova sola, ultime a cedere la cinese Yang bloccata al box delle penalizzazioni e le colombiane Arenas, poi seconda al traguardo con 25” di distacco. Terza la Liu, alla sua quarta Olimpiade.

“Ho idea che mi ci vorranno alcuni giorni per rendermi conto d’essere diventata una campionessa olimpica”, le prime parole di Antonella che il tratto finale l’aveva percorso con il tricolore annodato sulle spalle. Per parte nostra, godiamoci questa altra favola.