I sentieri di Cimbricus / Vecchi fossili e nuovi record

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Sabato 3 Luglio 2021

 

warholm 


C’è in atto un tentativo di caccia a quei limiti sui quali aleggiano sospetti, ombre, dubbi. Mi domando da tempo se il doping di stato o quello “privato” abbiano spostato i limiti molto tempo addietro, rendendo vano questo inseguimento.

Giorgio Cimbrico

L’americano Ross Tucker, studioso di scienza dello sport, ha definito “reperti fossili”, legati a un’altra epoca, i record che tengono duro da trent’anni e più: quello di Jarmila Kratochvilova non è lontano dai quaranta. Un paio di quei “fossili viventi” non figurano più, da poco, nelle tabelle: il 23.12 di Randy Barnes (successivamente squalificato a vita), incrementato dopo trentun anni sino a uno spaventoso 23.37 da Ryan Crouser e il 46”78 di Kevin Young, abbassato dopo ventinove stagioni di 8 centesimi da Karsten Warholm che ha riportato in Europa un record che mancava da mezzo secolo.

Dopo interminabile attesa esistono chances che il 46”70 del giovanotto che si schiaffeggia possa vere vita breve. Il 9 luglio a Montecarlo il faccia a faccia tra Karsten e Rai Benjamin, brevemente secondo di sempre, può produrre qualcosa di importante, così come la finale olimpica che nella sua storia ha partorito sette record del mondo.

C’è in atto un tentativo di caccia a quei limiti sui quali aleggiano sospetti, ombre, dubbi. La fresca pensionata Veronica Campbell Brown è l’autrice di una bella riflessione: “Dal 1988 il record del mondo dei 100 uomini è stato migliorato tredici volte. Io non ho mai avuto a disposizione un simile lusso”. Florence Griffith non viene nominata, ma la sua presenza è sempre ingombrante. Per quel vento negato, per quella voce profonda, per la sezione dei bicipiti femorali. Per quella scomparsa a 38 anni.

Con vento legale o illegale, veterane (Shelly Ann Fraser Pryce, Blessing Okagbare, Elaine Thompson) e novità ancora piuttosto fresche di conio (ShaCarry Richardson, pescata positiva alla cannabis, Gabby Thomas) hanno raccolto in questi mesi un’imponente collezione, con progressi che spesso lasciano allibiti: Thomas 21”98, 21”94, 21”61: non c’è male per chi, ultimati gli studi ad Harvard si è spostata ad Austin, allenata da Tonja Buford che ha messo assieme un gruppo all black. Solo l’immancabile FloJo ha due gare più veloci di Gabby, entrambe a Seoul. Trentatre anni or sono.

Il fermento si è trasmesso anche ai 400: il 48”14 di Saiwa Eid Naser (troppo distratta nei controlli a domicilio e così sanzionata con due anni di sospensione) si pone a mezzo secondo dal record di Marita Koch dell’annata 1985. E chi è arrivata a un secondo scarso, la 18.enne namibiana Christine Mboma, sta finendo, con la coetanea e connazionale Beatrice Masilingi, nella rete delle troppo dotate a livello testosteronico. Sono i dati costati cari a Caster Semenya (anche lei approdata giusto a un secondo da Kratochvilova), a Francine Nyonsaa, a Margaret Wambui.

Mi domando da tempo se il doping di stato o quello “privato” abbiano spostato i limiti molto tempo addietro, rendendo vano questo inseguimento, questa sete di progresso, affidandoli a personaggi sospetti o geneticamente singolari. E’ un bell’interrogativo che attraversa la vita di chi a questo sport ha dedicato una bella fetta di esistenza. Riassumendo, cosa abbiamo visto, cosa stiamo vedendo?