I sentieri di Cimbricus / Il ritorno della vecchia Coppa Europa

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Martedì 4 Maggio 2021

 

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“È un’affrettata analisi che può portare a un paio di valutazioni. La prima è che in questi anni è stato costruito un telaio piuttosto robusto, la seconda è che chi l’ha costruito deve ricevere fiducia, non esser discusso.”

Giorgio Cimbrico

Da Chorzow a Chorzow: dopo le World Relays (Staffette Mondiali, non Campionati Mondiali di Staffette), il European Team Championship, la nostra vecchia, amata Coppa Europa. La Polonia, molto vitale e dotata di buoni impianti e di entusiasmo (beati loro), mette le mani su tutto quel che può: negli ultimi vent’anni Bydgoszcz ha ospitato una lunga serie di appuntamenti di respiro mondiale e europeo, Sopot (bel Palasport costato quattro soldi) i Mondiali indoor del 2014, Gdynia e Danzica (Gdansk) si sono fatte vedere nel panorama internazionale delle corse su strada, Torun copernicana ha avuto gli ultimi Europei al coperto. Allo stadio Slaski di Chorzow è riuscita l’accoppiata in tempi contratti, meno di un mese.

A proposito di accoppiate: a Chorzow, appiccicata a Katowice (in tedesco Koenigshutte e Kattowitz) a Giuseppe “Peppe” Gentile riuscì il bang bang lungo e triplo in un Polonia-Italia che serviva da introduzione ai Giochi messicani del ’68: 7.91 cancellando dopo 32 anni il 7.74 berlinese di Arturo Maffei, e 16.74 nel triplo, cancellando roba già sua. In Messico avrebbe aggiunto circa mezzo metro ed è inutile rinvangare ancora una volta come andò a finire.

Questo nobile bric-à-brac rinvenuto nei ricordi può essere augurale, senza punto interrogativo. Invito gli affezionati a dare un’occhiata alle finaliste o, per meglio dire, alle partecipanti alla Super League, ritornate, se Dio vuole, al sensato numero di 8. In ordine alfabetico, Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia, Polonia, Portogallo, Spagna, Ucraina.

Senza avere sottomano una sola formazione e pesando sulla bilancia di risultati appena surgelati, freschi o freschissimi, la vostra vecchia e tossicchiante Pizia – più per le Camel che per i fumi di lauro ed eucalipto – può azzardare che gli azzurri sono destinati a correre per il vertice. Per meriti propri e per demeriti altrui. O forse è meglio sostituire al termine “demeriti” uno più pertinente: decadenze.

Prendete la Germania: un gruppo di giavellottisti (ma a Chorzow più di uno non è previsto e sarà Johannes Vetter, già oltre i 91), i soliti decathleti (ma la prova multipla non c’è), una formidabile lunghista come l’elegante Malajka Mihambo), una buona pesista (Cristina Schwanitz e di sicuro un astista da 5.70/5.80. Nelle corse brevi, medie e lunghe? Poco.

Spariti, a parte Zharnel Hughes (che vive e si allena nel Caribe), gli sprinter britannici. La forza d’urto nel mezzofondo (più le donne che gli uomini) è eccellente e Holly Bradshaw può vincere l’asta. Ma i buchi sono tanti. E non tirate in ballo la gruviera, che è compatta. È l’erdamer quello pieno di vuoti d’aria.

La Francia ha una bella banda di ostacolisti degli alti ma anche in questo caso più di uno non ne può schierare. Se Renaud Lavillenie avrà altri programmi, c’è sempre il fratello Valentin ma nel resto dei salti c’è carenza, per non parlare dei lanci. Nelle donne, difficile individuarne una vincente.

Portogallo, Spagna e Ucraina sono destinate a battagliare in basso riservandosi qualche buon momento nel peso (l’ex-camerunese Auriol Dongmo), nel triplo (l’ex-cubano Pedro Pablo Pichardo, Patricia Mmona di radici angolane), nel mezzofondo (i giallorossi) e nell’alto con Yaroslava Mahuchikh o con la sua bella sparring Julia Levchenko.

La Polonia, campione in carica, è, secondo tradizione, forte e versatile, il movimento più completo in tutto l’euro-panorama. Non è una novità: sufficiente dare un’occhiata al loro passato pieno di consonanti e di stelle: Irena Szewinska è una cometa così lunga che non è ancora passata.

L’Italia può fare punti che lasciano il segno nei 100, 200, 400, staffette uomini e donne, 5000, 100hs, alto, lungo, peso, ha buone seconde linee (ostacoli, asta, resto del mezzofondo) e poche gare in cui incamerare un punto era scontato prima di scendere in campo.

È un’affrettata analisi che può portare a un paio di valutazioni. La prima è che in questi anni è stato costruito un telaio piuttosto robusto, la seconda è che chi l’ha costruito deve aver fiducia, non esser discusso. L’atletica sarà anche cambiata ma non è il calcio montato su un altro telaio, quello dei chiacchiericci, delle convenienze, dei rapporti opachi.