Osservatorio / Andrea Agnelli, un nome, una garanzia

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Martedì 27 Aprile 2021


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Che siano infortuni o supercazzole, quel che colpisce è la loro ripetitività. Tanto che stupisce che a portarli alla luce sia stata solo la fantozziana vicenda della Superlega.

Luciano Barra

Non so se Staffelli è riuscito a consegnare il Tapiro ad Andrea Agnelli. Certo che nell’ultima settimana il rampollo di casa Agnelli, figlio di Umberto, si è trovato ad essere l’italiano più massacrato dai media e dall’opinione pubblica. Qualcuno ha cercato di riequilibrare il massacro grazie alle nobiltà del nome spostando delle responsabilità al presidente dell’UEFA, Alexander Ceferin, reo di aver messo in campo fatti umani e personali, come essere il padrino del figlio. Quasi come Grillo?

Non ho alcuna intenzione di tornare sulla vicenda vivisezionata dalla stampa nazionale ed internazionale. So solo quanto ho letto e non potrei aggiungere nulla di nuovo.

Vorrei però sviluppare un altro concetto: Andrea Agnelli, a differenza di quanto ci è stato raccontato dai media, è la causa della crisi della Juventus degli ultimi anni. Nel giugno del 2019 avevo espresso questa mia idea a Roberto Beccantini e, ai primi di marzo di quest’anno, a Andrea Masala della Gazzetta. Onestamente, nelle loro risposte, preveggevano questo problema. Pur non essendo conoscitore del mondo del calcio, nella mia memoria sono rimasti fotografati alcuni episodi che sommati insieme mi hanno portato alla conclusione di cui sopra.

Gli episodi sono tanti e li cito in forma sintetica: l’epurazione di Del Piero, insieme a Giampiero Boniperti una bandiera della Juventus; la rottura con Antonio Conte, forse l’unica di cui non ha colpa, con Conte che dovunque passi finisce con gli stracci, i prossimi sono quelli con l’Inter; quella con un altro amico di famiglia, Massimiliano Allegri, reo di un gioco che non divertiva, e lui “chi vuole divertirsi vada al circo”; il folle acquisto di Cristiano Ronaldo (va sempre ricordato che oltre al costo annuale del il giocatore vanno aggiunti i 110 milioni al Real) per un giocatore alla fine della carriera e che doveva far vincere la Champions, mentre da quando è arrivato la Juve non è più andata in finale; alla misteriosa rottura con Beppe Marotta, che è andato a fare la fortuna dell’Inter; alla sola estate con Maurizio Sarri; il lancio prematuro di Andrea Pirlo; ed il coinvolgimento, non poteva non sapere, nel caso del fantozziano esame di italiano dell’uruguagio Suarez.

Fino all’attuale rischio di rimaner fuori dalla Champions League che ha fatto nascere la feroce battura: “visto che non è riuscita a vincerla aveva deciso di abolirla”. Tutto questo pur avendo a disposizione un “pacchetto” di giocatori sufficienti a vincere ancora tanto.

Visto la nobless del nome raramente si è messa in discussione la capacità del rampollo della famiglia Agnelli. Sarà stata la sua storia, i suoi studi oxfordiani al St. Clare’s International College, la sua laurea bocconiana e le sue importanti esperienze lavorative prima di arrivare alla Juventus nel 2010.

Oggi, solo grazie alla Super League, il vaso di Pandora si è aperto e stiamo leggendo di tutto. Due sono le affermazioni che mi hanno colpito. Quella di Gigi Riva: “Andrea Agnelli è il bambino che porta il pallone e che pretende non solo di giocare sempre, ma anche di scegliere le squadre” e quella lapidaria e bruciante di Vincenzo De Luca, il presidente della Regione Campania: “Ha fatto danni stupefacenti alla Juventus.”