Piste&Pedane / In attesa di Berlino '18, speriamo cada il muro

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Giovedì 14 Dicembre 2017

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di Daniele Perboni

Di ritorno da Samorin, in Slovacchia, dove abbiamo assistito ai Campionati Europei di cross, la logica imporrebbe di scrivere su quanto accaduto in riva al Danubio. Ma, se non vi dispiace, e se vi spiace ci prendiamo la libertà di dissentire, faremo come ci pare …. Ai fatti atletici accenneremo di sfuggita. Alla fine però. "Lasciatemi sfogare", cantava Adriano Pappalardo, proprio come il sottoscritto. Una premessa. Facciamo questo mestiere da più di trent’anni e, per fortuna nostra, abbiamo anche avuto l’opportunità di scrivere su temi e intervistare personaggi totalmente avulsi dal mondo sportivo. Alcuni esempi? Partiamo dall’inizio e senza fare nomi: un condannato come fiancheggiatore delle Brigate Rosse; un magistrato della Direzione Distrettuale Antimafia; un sindacalista che oggi guida il maggior sindacato nazionale; pretacci scomodi e sempre nell’occhio del ciclone; politici che hanno fatto parte di alcuni governi (non come ministri); sindaci; assessori regionali e provinciali; parlamentari.

A tutto ciò possiamo aggiungere presidenti di Federazione (FIDAL), del CONI, di rinomate società, consiglieri federali, atleti,… Mai, ripetiamo, mai in assoluto gli intervistati hanno sollevato problemi di sorta o avuto dubbi di censura. Basta, fermiamoci qui e andiamo al cuore dell’argomento.

Sulle comode poltrone del centro che raccoglie gli atleti dell’Eurocross colloquiamo amichevolmente con uno dei diversi “federali” presenti. Si cazzeggia, insomma. Ed è proprio fra un chiacchiericcio e l’altro che veniamo informati di quanto proveremo a spiegarvi. Altra premessa: la notizia ci ha fatto imbufalire notevolmente. Vien voglia di usare espressioni più colorite, ma il direttore potrebbe cassarci (giustamente). Sembra che in FIDAL il muro (quello di Berlino) non sia mai caduto. In federazione vige la regola che nessuno, neppure il presidente (figuriamoci un semplice atleta …) può essere intervistato se prima non ha ricevuto il placet dell’ufficio stampa.

Orecchie indiscrete devono sempre essere a conoscenza di quali argomenti si sta parlando. Incontri un atleta? Se provi a chiedere informazioni, di qualsiasi natura, quello potrebbe incorrere nelle ire della Stasi federale. Lo chiami al telefono? Di prassi dovrebbe informare l’ufficio stampa. Anzi, sei tu intervistatore che, in teoria, dovresti chiedere l’autorizzazione preventiva!

Dopo aver appreso della metodologia instaurata in FIDAL, che fa a pugni con quanto afferma l’ordinamento statale e, soprattutto, con quanto sancisce la Costituzione ("Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure"), abbiamo compreso il perché di numerosi episodi.

Ci stupivamo, infatti, quando mentre si stava conversando con il tal atleta, in breve, venivamo raggiunti da qualcuno dell’ufficio stampa federale. Si piazzava nei dintorni, a distanza d’orecchio, come l’avvoltoio che svolazza sulla preda morente. Diversi gli episodi. E non riguardavano solo il sottoscritto. L’esempio finale lo abbiamo avuto proprio in occasione dei Campionati. I tre-rappresentanti-tre della stampa italiana (fra cui lo scrivente) si stavano intrattenendo nella hall dell’albergo con il presidente Giomi. Nulla di eccezionale, qualche battuta e considerazioni tecniche sulle gare terminate da poco. Entrano un gruppo di tecnici e il responsabile di uno dei tanti settori federali. Saluti di rito ed eccolo, il responsabile in questione, appollaiarsi in posizione strategica. Fermo, zitto, con le orecchie tese allo spasimo. L’ennesimo agente dell’OVRA in azione? Esagerazioni le nostre? Certo. Comunque resta inconcepibile che tutto ciò possa essere tollerato e, soprattutto, applicato.

Ed ora eccoci alle notizie da Samorin. Ormai tutti sapranno come sono andate le gare e quante medaglie abbiamo portato a casa (poche, neppure il minimo sindacale…). Che cosa resta dunque da aggiungere? Che, come al solito, i britannici han fatto incetta di titoli sia individuali che a squadre e che le nostre punte di lancia hanno preferito, come al solito, darsi alla macchia. Assenze giustificate oppure dettate da altri interessi più remunerativi (leggi ingaggi)? Vedremo nell’immediato futuro.

Resta il fatto che la piccola Italia del cross non ne è uscita a testa alta, fermo restando le ragazze juniores di cui Stefano Baldini è orgoglioso (nella foto Colombo/FIDAL). «Tutti ci hanno criticato quando lo scorso anno le ho portate ai mondiali giovanili. Ma era tutta esperienza. Ora si sono riscattate». Ai lettori appuntamento (per quanto riguarda i campionati continentali) al 9 dicembre 2018 in quel di Tilburg (Olanda). Speriamo bene.