Saro' greve / Per lo Sciamano l'atletica era veramente leggera

Print

Lunedì 3 Aprile 2017

bettella

di Vanni Lòriga

Sarò “greve” e lo sarò con la FIDAL. Fermi tutti: non parlo di quella attuale ma mi riferisco alla struttura federale vigente nel 1957. Anche perché adesso sono soltanto un osservatore esterno dell’atletica mentre allora ero operativo a 360 gradi. Militare di carriera, mi davo da fare nell’ambito del reparto Bersaglieri in cui operavo. Nel 1954 fui incaricato di preparare la squadra dell’VIII Comiliter per la prima edizione dei Criterium militare che si tenne a Firenze. Arrivammo primi su 37 squadre. L’anno successivo vincemmo il Criterium di corsa campestre disputato al Valco San Paolo, adesso intitolato ad Alfredo Berra e che allora si chiamava Stadio degli Eucalipti.

A Melbourne per imparare atletica

I superiori comandi mi tennero in considerazione e progettando un mio trasferimento alla Scuola Militare di Educazione Fisica (la SMEF di Orvieto) mi inviarono, a scopo di aggiornamento professionale, ad assistere ai Giochi di Melbourne 1956. Al ritorno dal lungo viaggio (durò esattamente 183 giorni a bordo dell’Incrociatore Raimondo Montecuccoli) nel 1957 mi venne assegnata la Cattedra di Atletica Leggera proprio ad Orvieto.

Mi davo da fare cercando notizie ed informazioni di ogni genere, ma poco si trovava. A parte il testo di Emilio Brambilla del 1929 (“Atletica leggera”), erano disponibili i dodici “Manuali di tecnica atletica” lanciati da Boyd Comstock ed un libro firmato da Brera-Calvesi. Meglio di niente ma poco si sapeva sull’allenamento nel settore del mezzofondo e fondo. Ci giungevano notizie sempre più interessanti su quanto stava succedendo nel resto del mondo. Dal CISM (Consiglio Internazionale Sport Militare) arrivavano informazioni filtrate dall’Accademia promossa da Raul Mollet. Si parlava di circuit training, di fartlek, di intervall e marathon training: si citavano i vari Woldemar Gerschler, Percy Cerutty, Arthur Lydiard ed Ernst van Aaken (e la sua “reine Ausdsuer”, la resistenza pura) ma non si entrava mai nel particolare.

Un pericoloso precedente…

Eravamo sempre nel vago. Intanto la FIDAL aveva indetto alla Scuola di Formia dei corsi per assistenti tecnici. Erano a numero chiuso ma il mio Comandante scrisse una lettera ufficiale alla Federazione chiedendo che fossi ammesso come auditore, con spese a carico dell’Esercito. Conservo la lettera di risposta, firmata dal Segretario Generale Ottaviano Massimi: “Non è possibile ottemperare alla richiesta per non creare pericolosi precedenti…”. Quella era la FIDAL di quei tempi…

Per fortuna entrai in possesso di un prezioso libro scritto proprio da un certo Franco Bettella, nell’ambiente ufficiale guardato con sommo sospetto e definito lo “sciamano lappone”. Non mi era certo ignoto.

In prima linea perché sodale del mio grande amico Baldassarre Porto detto “Saro”; in seconda perché lo avevo visto terzo agli Assoluti 1954 ed ebbi notizie, mentre ero già nell’altro emisfero, dei suoi titoli tricolori 1956 nei 400 HS e nella 4x400 della Coin, al record societario con una sua ultima frazione in meno 48”.

Non ebbi il piacere di vederlo ai Giochi di Melbourne perché la FIDAL (parlo sempre di quella di allora…) non lo voleva fra i piedi.

Come diventare un campione

Lo incontrai però ai Societari del 1958 a Firenze, dove il suo allievo Giovanni Scavo fece faville. Parlammo a lungo del suo libro “Come diventare un campione di atletica leggera”; delle sue teorie sull’allenamento, sui vari aspetti da curare spaziando dalla pesistica all’alimentazione, per giungere al rapporto (allora tabù) fra sessualità e prestazione sportiva. In altra occasione dirò quali fossero

in quel tempo i pregiudizi in materia: cose incredibili. Ma Franco dimostrò sul campo che predicava principii in cui credeva. E ne dette applicazione pratica iniziando il giovane Giovanni a certi segreti in una famosa casa sita in via dell’Amoricchio. Un nome che dice tutto e si tratta di uno dei particolari di quel “quasi tutto” che giorni fai ricordai a Pino Clemente e che lui sicuramente non conosce.

Fra le mie esperienze personali ci fu anche la bella compagnia che ci tenemmo, Franco ed io con il concorso di Eddy Ottoz, durante il Campionato Europeo del 1971 ad Helsinki. Dette una grossa mano alla squadra italiana e sul particolare più complete notizie potrebbe fornire Luciano Barra.

Venni a conoscere di Franco episodi strepitosi, fra cui il suo incarico alla Televisione finnica come esperto di prodotti italiani. Chiamato una volta a giudicare la moda finlandese affermò che i vestiti della festa che loro indossavano da noi non li avremmo usati neanche per un funerale. Grandi proteste presto superate da quelle per i suoi apprezzamenti sulla cucina locale. “In Ambasciata abbiamo un armadio di lamentele a lui dedicate” mi disse l’Addetto Culturale, impallidendo, … Il fatto certo è che nessuno lo portò mai in tribunale e che tutti avevano di lui un simpatico ricordo.

E la migliore testimonianza che lui dovunque ha lasciato passione ed amore ci viene ora confermata dalla figlia Barbara.

Non esiste altro uomo così caro

Sul suo sito il già citato dottor Giuseppe Pino Clemente ha condiviso una struggente melodia tramessa da Barbara, in cui afferma che “non esiste un altro uomo così caro come lui…corri insieme al tempo e non corri più nel vento… ho il tuo sangue nelle vene…”

Volete ora sapere tutto di Franco Bettella a venti anni dalla sua morte (15 marzo 1997)? Leggete il libro di Pino e di Mauro Leonardi “L’ultimo sciamano”. E volete capire il senso del titolo di questo mio sfogo? Consultate il sacro testo, sempre del professor Clemente “L’atletica è leggera”. C’è tutto da imparare.

Da parte mia non mi resta che ringraziare, ora per allora, Franco Bettella perché seguendo i suoi ammaestramenti i miei atleti registrarono sostanziosi miglioramenti. Praticavano il pentathlon militare ma due di loro (Baghini e Scardoni) furono Azzurri nei 3000 siepi ed altri (Orlando e Bambara) furono convocati in Nazionale. Per fortuna la Fidal di allora non mi aveva ammesso al corso per Istruttori, altrimenti mi sarei tenuto alla larga da Bettella. Per dire a che livello fossero allora alcuni tecnici federali ricorderò che nel maggio del 1960 venne organizzato a Roma, presso l’Istituto di genetica Gregorio Mendel fondato e diretto da Luigi Gedda, un convegno sull’Intervall training (insisto ad usare la doppia “elle” finale perché trattasi di lemma tedesco). Quando chiedemmo chiarimenti pratici i vari Venerando e Bononcini brancolarono nel buio.

Finalmente nel 1963 venne pubblicato il fondamentale “Dass intervall Training” di Reindell e Gerscheler, che peraltro mi venne segnalato da Oscar Barletta, un grande della corsa (e non solo).

Voglio infine sottolineare che Scavo era di radice siciliana; che la sua prima attività atletica fu promossa dall’ACLI che con Tudoni e Tranquilli battevano il Lazio (ed a Velletri lavorò molto bene Aldo Mammuccari); che il primo allenatore di Scavo fu, al Cesare Battisti, il professor Armando Giallombardo, siculo. Ed in Sicilia sia Bettella che Giovanni vissero i momenti di maggior splendore, Nella famosa Assicurazioni Generali, in cui militava il grande Bruno Testa, zaratino e fratello del Colonnello Pietro, mio comandante al famoso primo bersaglieri di Roma, quando vincemmo il famoso Criterium militare del 1954.

Le storie s’intrecciano e mi diverto a ricordarle ed a raccontarle. Se gradite, ne avrei altre in serbo …