Atletica / Londra 2012: parte il “rinnovamento” di Arese

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Venerdì 9 Dicembre 2011

Dopo mesi di latitanza, il grande silenzioso finalmente ha parlato. Per farlo Francesco Arese ha scelto un palco autorevole, quello della Rcs: Corriere della Sera e Gazzetta. Una soluzione eccessiva (o inutile, secondo le opinioni) per esternare un progetto che ai più è parsa una spremuta di acqua, neppure tanto fresca. Dopo il disastro annunciato di Daegu, a soli otto mesi di Londra, sarebbe stato lecito attendersi un’analisi più approfondita sullo stato dell’arte, con soluzioni drastiche ma condivisibili. Niente di tutto questo. Non bastano frasi roboanti, del tipo “è venuta l’ora di cambiare tutto”, frasi che non fanno più effetto da tempo. Quanto ci si attendeva, una rivoluzione, un cambio di rotta, si è tradotto in una imbarazzante sequela di propositi che – alla conta finale – non potranno che lasciare le cose nell’attuale immobilismo.

Onestà avrebbe imposto che si prendesse atto di un fallimento che si protrae da due quadrienni olimpici, trarne le conseguenze e in qualche modo avviare un “rinnovamento” vero e profondo. A cominciare dalla bestia nera del reclutamento. Invece arriva una notizia neppure troppo incoraggiante: l’intenzione di Arese di riproporre la propria candidatura anche per un terzo mandato. A un posto che, a volerlo ricordare, è stato di Zauli e di Nebiolo.

Ma torniamo agli edulcorati propositi dell'industriale di Cuneo per l’anno nuovo. Anno nel quale i contributi governativi erogati tramite il CONI saranno ridotti da 6,4 a 5,1 milioni di euro. E che, in sintesi, si traducono in quattro provvedimenti nei quali si fatica a leggere un progetto bilanciato e, soprattutto, dagli effetti a breve scadenza. Quindi, come se ne esce? Intanto ecco le nuove idee di Arese per aprire strade nuove. Esse sono:

a) Un calendario più stringato con l’abolizione della Coppa Italia e il rilancio degli Assoluti in tre giorni.

b) Un concorso per scegliere quattro giovani tecnici (tra i 30 e i 40 anni) da mandare all’estero per studiare e “verificare le nuove metodologie di allenamento”.
c) Un indirizzo tecnico verticistico con la scelta di seguire solo 20 atleti top e al più 10/15 giovani dalle “prospettive importanti”.
d)  Una corsia preferenziale per la concessione della cittadinanza a giovani atleti immigrati (“abbiamo tanti giovani che non vedono l’ora di gareggiare per noi”).

Niente di più. Pannicelli caldi, si direbbero. Difficile credere potranno incidere, se realizzati, su una realtà molto compromessa. Ben altro ci si attendeva dopo i mesi di silenzio seguiti alla caduta di Daegu. Né risulta di segno diverso, in prospettiva Londra, il bilancio della stagione appena conclusa. Escludendo gli stradisti (marciatori e maratoneti), sono solo tre (dicasi tre) gli uomini che hanno superato il “minimo A” di ammissione ai Giochi: Andrew Howe sugli improponibili … 200, Daniele Meucci per una manciata di centesimi sui 10.000, Nicola Vizzoni nel martello.

Più numerosa la pattuglia femminile guidata sempre dall’eterna Antonietta Di Martino e che annovera Anna Giordano Bruno (asta), Simona La Mantia (triplo), Chiara Rosa (peso), Silvia Salis (martello). La sola novità è costituita dalla ventenne siepista Giulia Martinelli, sola atleta della pista, in convincente crescita ma ancora lontano dal medio livello internazionale. Anche se è credibile che diversi altri potranno aggiungersi a primavera, a cominciare dal più che motivato Alex Schwazer per il quale il “passi” olimpico appare una formalità. Caso diverso quello di Fabrizio Donato che il “limite” lo ha ampiamente superato solo al coperto, ma raggiungendo un 17.73 di grande pregio.

Staremo a vedere, con un po’ d’apprensione, gli sviluppi della vicenda. Come solo dato positivo, in termini federali, viene denunciato il traguardo degli 80.000 tesserati (sic!) nel settore Masters: un esercito di attempati signore e signori che hanno il pregio, non secondario, di consumare una impressionante quantità di materiale sportivo. E che sempre più vanno trasformando la FIDAL – quella che una volta era “la federazione” – in un gerontocomio. Può essere questa la base per quel rilancio che l’intera disciplina pretende dai suoi dirigenti?