Duribanchi / Tutto scorre e niente cambia

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Martedì 20 Luglio 2021


titane

 
Si può vivere in questo modo? Immaginando di sovvertire nel segno del politicamente corretto quanto è impossibile cambiare? O denunciare il conformismo che è la cifra dominante della nostra informazione “liquida”?

Andrea Bosco

Perché continuiamo a scrivere si chiedeva qualche giorno fa a queste latitudini Giorgio Cimbrico? Per assecondare quello che lui chiama “un vizio solitario”? Per cercare di spiegare a quattro manzoniani lettori e a qualche parente (diffidare degli amici più che dei nemici) che non tutti sono abbagliati dal “pensiero dominante”? Che magari quei Gravina, quei Malagò, quei Petrucci, assieme agli altri delle varie “bande” che dominano il Paese, qualche difettuccio lo presentano? Che invece di invocarli “santi subito” magari basterebbe guardare (anche) agli angoli della stanza, là dove assieme a polvere e sporcizia si annida qualche scarafaggio?

O per denunciare il conformismo che ormai è la cifra dominante della moderna informazione? Chiusa parentesi (che non avevo aperto). Si fa presto a dire bianco. Già esserlo è una vergogna. Mai sentito dire a un bambino: “non fare i capricci che arriva l'uomo bianco”. E' nero l'uomo che spaventa i bimbi. Razzismo bello e buono.

Quindi un reset si impone. Ma come? Se non sei disturbato, il problema te lo poni. Il latte: come la mettiamo? E la camicia da smoking? La mozzarella? Un lenzuolo immacolato? Il canonico vestito da sposa? Il foglio dello scrittore a corto di ispirazione? Come avrebbe mai fatto il genio Vedova ad accostare i suoi neri al bian (**: asterisco alla Murgia) fosse vissuto in questi anni? Direi che anche il Real Madrid con quella “camiseta” se la passa male. Idem la Nazionale inglese. E la candeggina? E lo sbianca tessuti? Oggi il compianto, popolarissimo attore non sarebbe mai diventato ricco: nessuno comprerebbe il suo “fustino”. E lo sbianca denti? Ad Hollywood dentisti in fallimento. E quella parte dell'uovo? E' la natura, bellezza, la natura. E il bianco d'Istria (inteso come marmo)? Arcobaleno? Da rivedere. E magari anche la tavolozza: se non rammento male il bianco è colore primario.

Ma il problema dei problemi è la neve: almeno quella classica. Quella natalizia dei film, quella delle montagne incontaminate, quella di “Corvo Rosso non avrai il mio scalpo”. Ma c'è anche quella “sporca”. Quella che cade a Milano. Quella, beh, quella potrebbe essere neve politicamente corretta. Sto dando i numeri? Può darsi. Anzi facilmente li sto dando. Ma mi chiedo e chiedo: si può vivere in questo modo? Immaginando di sovvertire nel segno del politicamente corretto quanto è impossibile cambiare? Ovviamente io sono un velleitario vecchietto che non conta. Ma io col ciufolo che avrei premiato a Cannes un film nel quale una donna “tromba” con una Cadillac. “La mostruosità – ha detto la regista di “Titane” Julia Ducournau – è un'arma, una forza per spostare i muri della normalità che ci separano”. I critici (pavidi) hanno definito il film un “body horror” dai contorni “controversi”.

Mi viene da pensare che una come Ducournau il comandante Ripley (la comandante: che altrimenti la Murgia si incazza) della nave spaziale “Nostromo” lo avrebbe servito in pasto ad Alien. “Per quel bisogno avido e viscerale, di un mondo più esclusivo e fluido”. Parola del momento. Una volta era “cioè” come recitavano paninari milanesi e coatti romani. Oggi è “fluido”. Che deriva dal latino fluere che significa fluire. Senza preamboli: una ammucchiata di elementi. Lo ha chiamato “Titane”, Ducournau, il suo film. Come i Titani della tradizione: sorta di brodo primordiale, nati da Urano e Gea. Come sono finiti? E' finita che Zeus ha arruolato Ciclopi e altre truppe cammellate che ai Titani hanno fatto il mazzo.

Come era inevitabile, secondo Esiodo. Fonte peraltro dubbia: come le notizie di certi giornalisti. Tutto scorre e niente cambia. Ha detto il presidente della giuria di Cannes, Spike Lee, inarrivabile gaffeur: “E' il primo film in cui una Cadillac mette incita una donna: c'è del genio e della follia, due cose che amo in questo lavoro”. Non resta che vederlo “Titane”. Magari è una figata. Sequel prossimo venturo: l'auto fa sesso con un truck a 8 assi. Tipo quelli di “Convoy” e di Anatra di Gomma. Ma non concepisce. Tutto mostruosamente “liquido”.

Non liquido ma finalmente reale il “Lirico” di Milano intitolato a Giorgio Gaber. Artista geniale che aveva previsto tutto con grande anticipo. E per questo inascoltato. Potrei scrivere la Treccani sui restauri di quel teatro. Vissuti da cronista in prima persona. Mi astengo. E' finita e mi unisco agli applausi. Ciò non toglie si sia trattato di una pagina nera per Milano. E mi fermo. Ma non è detto che non ci ritorni.

Altro? Beh la politica sta toccando vette da umorismo nero. Sia a sinistra che a destra. Dove l'unico credo è quello dell'assalto alla diligenza. Ma a cassetta c'è John Wayne – Mario Draghi, con un infallibile Winchester 73. Probabile finisca come in “Ombre Rosse”. Chi sono gli apaches di Geronimo? Fate vobis: avete l'imbarazzo della scelta. Molto ampia.

Ah: Hamilton prima ha sbattuto fuori pista Verstappen, poi quasi ha replicato con Leclerc. Ha trionfato in Inghilterra, ma in modo che mette dubbi sulla sua capacità di vincere nuovamente il titolo. Va così, quasi sempre: incameri 9 scudetti di fila, ma alla decima stagione arriva quello che ha più fame di te. E ti lascia a bocca asciutta. Magari, non per una sola stagione.