I sentieri di Cimbricus / L'epopea della eterna piazzata

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Giovedì 10 Giugno 2021

 

peters-72


“Auguri per la mia gemella astrale che assieme a me taglia il traguardo dei 70: non l’ho mai conosciuta, ma l’ho sempre seguita. Per festeggiare entrambi vi racconto la sua storia e i suoi gradini del podio (mai il primo).”

Giorgio Cimbrico

Auguri a me e auguri a Burglinde Pollak: il 10 giugno, 70 anni io, 70 anni lei. Io di Genova, lei di Werder sull’Havel, Brandeburgo, gemelli astrali. Non l’ho mai conosciuta, l’ho sempre seguita attraverso i risultati, le immagini, qualche informazione carpita da Leichatletik che aveva la rubrica-miniera “Aus DDR”, “dalla DDR”. Per una ragazza con il suo viso e il suo fisico, Burglinde è un nome perfetto. In alternativa, Brunhilde. La scoperta della nostra “parentela” scandita dal caso, dalle stelle e dal segno astrologico, risale a una foto memorabile.

Curva dei 200, ultima prova del pentathlon olimpico di Monaco di Baviera ’72: Heidi Marie Rosendahl ha lanciato il suo attacco finale a Mary Peters, la donnona di Belfast che ha 33 anni ma ne dimostra qualcuno in più. Burglinde sa che sarà difficile tener dietro alla “sorella separata” ma ci prova. E una foto rumorosa: si avverte lo stridore dei denti, il cigolare dei tendini come cime nella tempesta, la furia che nasconde la fatica.

Heidi Marie aveva saltato 6.83, a un centimetro dal suo record mondiale e torinese, cinque centimetri meglio di quanto le aveva permesso due giorni prima di metter le mani sull’oro nel lungo, e si era rimessa in corsa per il podio, per la vittoria. Per Burglinde un normale 6.21, per Mary un modesto 5.98. E così quei 200 furono una sfida selvaggia: la dominò Heidi dai tondi occhiali e dal fascino non tanto sottile in 22”96 (le sarebbe valso il settimo posto nella finale della distanza), Burglinde pagò quasi un secondo, 23”93, Mary, che confessò di aver sentito le gambe diventare gelatina, corse in 24”05. Un decimo più lenta e sarebbe rimasta fregata. I conti dissero che Peters, alla terza esperienza, era campionessa olimpica e primatista mondiale (e più tardi Lady) grazie a una prima giornata in cui aveva tirato il peso a 16.29 e sorprendentemente valicato l’asticella 1.82. A 10 punti, Rosendahl, a 33 Pollak, la più giovane, quella con più futuro a disposizione.

In realtà, chiedendo aiuto al linguaggio ippico, Burglinde iniziò a costruire la sua fama di eterna piazzata, mai vincente. La prima tappa sarebbe da considerare l’Europeo di Helsinki ‘71 (seconda, a 37 punti da Rosendahl) al quale si presentò ventenne, dopo un esordio ottava a 18 anni ad Atene ’69.

Il 12 agosto 1973, a Sofia, semifinale di Coppa Europa di prove multiple, Burglinde diventò primatista del mondo con 4831. Sulle due prestazioni in pista, 13”21 e 23”70, resta qualche ombra: tempi elettrici o semi-elettrici? In ogni caso, considerandoli anche tempi manuali, il record di Peters sarebbe stato ritoccato. Nessun dubbio su quanto realizzò poco più di un mese dopo, nella finale di Bonn: 13”21 con forte vento contrario, 15.85, 1.78, 6.47 e 23”35. Totale, 4932, l’ultimo record del mondo prima del nuovo formato: cinque gare in un giorno solo, con gli 800 al posto dei 200.

Ancora sotto il regime delle vecchie regole, Burglinde incassò quasi 100 puti di distacco a Roma ’74 dalla sovietica Nadezhda Tkachenko. La rotta, a questo punto, era verso Montreal. E qui conobbe la sua nemesi, ancora ad opera di una lunghista, Sigruen Siegl che a maggio, a Dresda, aveva scalfito, rimanendone dietro per un centimetro, la barriera dei 7 metri. Nelle due gare finali Tkachenko passò dal primo al quinto posto, Siegl dal settimo al primo, condiviso a quota 4745, con l’altra DDR Christine Laser-Bodner che per l’oro ebbe la peggio, 3-2, nei confronti diretti. Se nei 200 finali Burglinde avesse corso sei centesimi meno del 23”64 che raccolse, sarebbe stata campionessa olimpica. Invece, terza, a cinque punti dalle altre due tedesche con martello e compasso.

Due volte bronzo olimpico, due volte argento europeo. Provò ad adattarsi all’adozione degli 800, terreno non agevole per un’atleta forte ed esplosiva, sempre oltre i 16 metri di peso nelle occasioni importanti, e a Praga ‘78 (la vittoria di Tkachenko venne successivamente cancellata per doping) proprio nella prova conclusiva riuscì a mettersi alle spalle l’ungherese Margit Papp che aveva accumulato un vantaggio decisivo nell’alto (1.81 a 1.65), un esercizio che costituì sempre il tallone d’Achille di Burglinde. A Mosca, sesta, ancora capace di una gran botta nel peso, 16.67. Le tre DDR di Montreal vennero sostituite da tre sovietiche.

Da quel momento ne ho perso le tracce. So solo che da sposata si chiama Grimm (come i fratelli delle fiabe), che il suo nome è finito, insieme a molti altri, nei dossier sul doping di stato e che a lungo ha lavorato come fisioterapista. Che i nostri Gemelli le siano favorevoli. Auguri a lei e a me.