Piste&Pedane / Se la priorita' somiglia ad un rinvio

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Martedì 25 Maggio 2021


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Un gioco a rincorrersi? Svelarsi? Nascondere la reale capacità fisica, muscolare, neuronale? Destabilizzare l’avversario con una, non certo nuova, strategia del secondo millennio? Mental coach, psicologi, nutrizionisti. Tutti mobilitati

Daniele Perboni

Una nuova disciplina sta prendendo piede alla corte della “regina”. Invidiosi delle novità introdotte da Lord Seb Coe, staffette miste, a ostacoli, fra poco in discesa-salita o su sterrato …, ecco che a casa nostra, per movimentare un poco le sonnolente riunioni casalinghe, han pensato di inserire “iononcorrolafinaleperchésonostancoeTokyoèlapriorità”. Nessun errore. Si chiama proprio così, senza spazi. Da pronunciare tutto d’un fiato senza interruzione. E già riuscirci è un primo piccolo record. Ornitorinco di peluche al primo.

Leggenda narra che ad inventare il tutto sia stato un piccolo corridore, parrebbe di nobili lombi, con barba, lunghi baffi a manubrio e l’immancabile tricorno, specialista su tutte le distanze. Tempi andati, ormai, quando prima di una qualsivoglia gara c’era chi, a colazione, ingurgitava un pollo arrosto accompagnato da una robusta pinta di birra. Scura e schiumosa. O chi scommetteva fior di ghinee di riuscire a percorrere mille miglia in mille ore. Poi, con l’avanzare delle nuove metodologie di allenamento tutto è finito nell’oblio.

Secoli dopo, qualche nostalgico, rovistando fra le carte d’archivio, ha riscoperto le vecchie usanze, pensando di riportarle agli antichi fasti. Senza pollo, birra, barba, baffi. Non era proprio il caso. Il vetusto tricorno è stato sostituito da pantaloncini, maglietta e nuovissime scarpe chiodate. Alla bisogna anche ultramoderni cerotti muscolari. Il fascino, però, è rimasto immutato.

Il motto? Corro, non corro, forse ci sarò, mai annunciata la mia presenza, due turni, uno solo, in coppia, no prima soli, poi accompagnati. Domande, piccoli misteri che si rincorrono, volano, escono da bocche che dovrebbero essere cucite ma… Sussurri e grida (la buonanima di Ingmar Bergman non centra nulla), succulenti bocconcini da offrire, aggratis, in pasto a voraci inviati alla macchina del caffè sempre alla ricerca di qualcosa che non siano le solite, seppur preziose, “veline” federali. Che, detto per inciso, non fanno che il loro dovere istituzionale. Chi scrive le veline.

Un gioco a rincorrersi? Svelarsi? Nascondere la reale capacità fisica, muscolare, neuronale? Destabilizzare l’avversario con una, non certo nuova, strategia del secondo millennio? Mental coach, psicologi, nutrizionisti vegani, erboristi, frati trappisti, confessori, tutor, catechisti, manager d’assalto. Tutti mobilitati per scatenare la guerriglia mentale nel tentativo di influenzare emozioni, atteggiamenti e comportamento dell’amico avversario. Armamentario andato in scena negli ultimi trenta giorni fra il territorio della dea fluviale celtica Souconnae, che diede il nome a Savona, e le pendici del Terminillo che monta buona guardia al capoluogo reatino.

Tutto ha inizio con la rinuncia del “vecchio” (22 anni, 23 a giugno) primatista italiano dei 100. Atteso nella città ligure per la disfida del secolo con il Marcello di El Paso, un paio di giorni prima rilascia un comunicato dove accusa un “affaticamento muscolare al bicipite femorale destro”. Riposo precauzionale dunque. Qualche anima birichina accenna a una sorta di timore. “Non è pronto, ha paura di perdere. Non è abituato a correre due volte nell’arco di un’ora. Ricordate i Tricolori di Padova dello scorso agosto? Identica situazione”. Primi vagiti della nuova disciplina? Vero, falso? Il mistero resterà tale per i secoli a venire. Tutto rimandato a Rieti. Il vecchio (26 anni), nel frattempo, correndo in batteria, è diventato il nuovo primatista nazionale. 9”95. Un’ora dopo chissà quali meraviglie metterà in campo. Illusi. Arriva la rinuncia. È scoppiata la nuova moda.

Finalmente il tanto atteso giorno. Non senza piccoli misteri sciolti solo alla vigilia. Il consueto comunicato dello staff personale dell’ex recita che a Rieti “Filippo ci sarà”. Tutti seduti, pop-corn, birra a volontà, ma senza rutto libero (la signora è in casa).

Per l’ennesima volta riparte il gioco del corro, non corro, si incontrano-scontrano prima, dopo, durante, nel mentre. Consueto e antipatico siparietto. Ma, ancora una volta, l’ineluttabilità del destino interviene. Marcell si sveglia vittima di una “distrazione di primo grado dell’adduttore della coscia sinistra. Per gli inesperti del settore la distrazione è “una lesione che causa la rottura di alcune fibre del muscolo…”. In parole povere una corda che si sfilaccia.

La birra torna in frigo, i pop-corn, ormai freddi e flaccidi, finiscono ai polli, l’ex primatista non va oltre 10”18 (1,5). Minimo olimpico fuori bersaglio. Si rifarà in finale. Ma… riecco iononcorrolafinale eccetera eccetera. Le nuove regole impongono una sola uscita giornaliera. Ligio al dovere e ai richiami paterni il vecchio abbandona la tenzone.

Si ritenterà in altra data. Non certo al Golden Gala, vetrina dell’atletica italiana, alla faccia della nuova presidenza. C’è sempre chi ha mano libera, liberissima. Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi. Ricordate un certo Gattopardo di Tomaso di Lampedusa?

Fine della storia.

Per ora.