I sentieri di Cimbricus / Abbattere la dittatura degli algoritmi

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Sabato 3 Marzo 2018

birmingham

Proprio un esercizio da vecchi guardare all'indietro? Oppure, come diceva il genovese Gassman, il futuro è solo quello che abbiamo alle spalle? Altro che le revisioni degli algoritmi.

di Giorgio Cimbrico

L’algoritmo dice che nel 2050 il record del mondo dei 100 sarà … L’algoritmo dice un sacco di cazzate. Se vi dicessero che nel 2050 i Berliner saranno diretti da un gatto, ci credereste? Se vi dicessero che nel 2050 il primo ministro sarà Berlusconi, ci credereste? Io sì, perché a Genova pensano che chi ha le orecchie grandi campa a lungo. Avete mai guardato quelle di Silvio? Sono enormi. Con i pezzi di ricambio giusti, andrà avanti per sempre. Una volta i più longevi erano quelli dell’Azerbajan, ora non è necessario spingersi così lontano.

Anch’io, dannazione, mi sto spingendo lontano. E così mi fermo e torno alla prima riga e, se è per questo, torno anche a quello che ho scritto qualche mese fa sempre in questo spazio, libero come mai ho avuto: come diceva Vittorio Gassman, il futuro lo abbiamo alle spalle. Altro che 8”40 nei 100, 1h57’ nella maratona, 2.60 di salto in alto. Lo spunto, dai Mondiali Indoor che sto guardando su Raisport con Bragagna che non è mai una lagna e Tilli dai giudizi a puntaspilli: Maryia Kuchina, che è un fenomeno, ha saltato quanto Sara (Simeoni) quarant’anni fa, Alessia Trost quanto scavalcò Rosemarie Ackermann a Montreal, quarantadue anni fa.

Date un’occhiata ai record del mondo: sono vecchi, vecchissimi, coperti di polvere, sono una filastrocca che ripetiamo noi vecchi per non finire nelle grinfie del feldmaresciallo von Alzheimer. Quelli di Bolt sembrano ancora freschi e stanno per compiere nove anni (fossero baroli o bordeaux, il momento buono per berli, a meno non si faccia collezione di bottiglie-feticcio che non possono esser toccate), per la maggior parte degli altri siamo al modernariato: tra i trentacinque e i vent’anni, almeno mezzo albo d’oro senza che sull’orizzonte si intravveda chi può portare la minaccia.

Un vecchio amico mi ha appena detto: “Stai attento a fare questi ragionamenti perché quando Michael Johnson corse in 19”32, ci detergemmo il sudore della Georgia e ci guardammo negli occhi prima di dire: siamo troppo vecchi per pensare di vedere uno che farà meno. Dodici anni dopo è accaduto”. Vero, ma dodici anni non son un battito di ciglia e se avessimo saputo che in Giamaica da dieci anni era nato il Messia, saremmo stati più prudenti.

Per il resto, risposte che già conosco: c’era il doping, c’erano pochi controlli, c’era la DDR, c’era l’URSS, c’erano i paesi satelliti dell’URSS, c’erano le donne bioniche, barbute, baffute e dal sesso incerto, c’erano gli steroidofagi (da non confondere con i lotofagi di un altro tipo di odissea), c’erano quelli della banca del sangue, c’erano quelli gonfi come l’ometto Michelin, c’erano quelli che comparivano dal nulla e facevano cose pazzesche, c’erano quelli che lanciavano accuse al Grande Satana e poi anche loro si sono dimostrati dei Luciferi e sono sprofondati verso il basso, c’era troppo vento non segnalato, c’era la pedana in declivio, c’era la pista corta, c’erano le truffe, i risultati inventati.

Bene, tutto questo è vero, è storia, e per molti di noi ha occupato gran parte dell’esistenza, degli interessi, del lavoro. Si può essere presi da un attacco violento di iconoclastia e spezzare gli idoli, stracciare le pagine, abbattere il tempio. Si può, è stato fatto, e in faccende più importanti che l’atletica. Ma si può cancellare quel che ci è toccato in sorte vedere? Cadendo dalle scale e picchiando con la testa, forse. Ma di solito qualche brandello rimane e ricucirlo diventa una fatica e un obiettivo. Quanto agli algoritmi, omissis.