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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
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MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
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Valla

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Trebisonda “Ondina” Valla [1916-2006]

Atletica


VALLA


(gfc)
È stata la prima ragazza italiana a vincere un titolo olimpico, quello degli 80 metri ostacoli conquistato ai Giochi di Berlino del 1936. Al ritorno in Patria, fu ricevuta a Palazzo Venezia da Mussolini, che la ringraziò a nome degli italiani e le mise tra le mani un assegno da 5000 lire. E per tutti gli italiani, sportivi o meno, divenne la “Fidanzata d’Italia”. Con quell’espressione dolce e sognante, che hanno tramandata le foto dei suoi vent’anni, godette di una popolarità che nello sport italiano ha conosciuto soltanto un’altra grande atleta, Sara Simeoni, come lei campionessa olimpica e primatista mondiale.


Le due, pur rappresentanti di epoche tanto diverse, ma per certi aspetti simili, si incontrarono un giorno d’estate all’antistadio di Bologna per officiare assieme una cerimonia. A Berlino, in uno con la medaglia d’oro, ai vincitori olimpici erano state donate delle piante di quercia, robusti arboscelli nati nella Foresta Nera, da porre a dimora nei rispettivi Paesi come ricordo dei Giochi. Quella che Ondina Valla aveva piantato a Bologna, nei pressi del Littoriale, ingiallita e corrosa dallo smog e dall’incuria, era morta: venne sostituita nel giugno 1997 con una più giovane, messa a dimora ancora dalla Valla con l’assistenza della Simeoni.

Trebisonda Valla era nata a Bologna il 20 maggior 1916. Ebbe quel nome troppo impegnativo, forse, a ricordo del genocidio degli armeni compiuto in quegli anni dai turchi nella città del mar Nero. Più familiarmente, la chiamavano tutti Ondina, nome gentile con cui è entrata e rimasta nella storia dello sport, non soltanto italiano. Fisico flessuoso e slanciato, al momento del maggior fulgore atletico era alta un metro e 73 centimetri. È stata la prima italiana ad assurgere nello sport a livelli internazionali e almeno uno dei suoi numerosi primati, quello del salto in alto stabilito nel 1937 con la misura di 1.56, è rimasto imbattuto per quasi vent’anni.

Atleta poliedrica come poche, sia pure in epoca di scarsa specializzazione, spaziò praticamente su tutto il programma atletico femminile dell’epoca, facendo incetta di primati e di titoli nazionali. Detenne complessivamente 23 record italiani, negli 80 e nei 100 metri, negli 80 ostacoli, nella staffetta 4x100, nel salto in alto con rincorsa e da fermo, nel salto in lungo e nel pentathlon. Entrò a far parte della Nazionale di atletica nel 1930, quando aveva appena 14 anni, per un match contro il Belgio a Firenze (e vincendo la corsa sugli ostacoli). Chiuse la lunga parentesi azzurra nel 1940, a Parma, contro la Germania. Con l’inizio della guerra lasciò praticamente l’attività agonistica.

La "Fidanzata d'Italia" si sposò nel 1944 con un ortopedico conosciuto al Rizzoli di Bologna durante un controllo, Guglielmo De Lucchi, un medico che aveva praticato il salto con l’asta al tempo dei pesanti attrezzi in metallo. Assieme a lui si trasferì a L’Aquila dove ha vissuto fino alla morte, avvenuta il 15 ottobre 2006, appena qualche mese dopo la scomparsa di un altro mito dell’atletica italiana, quell’Arturo Maffei che a Berlino era stato avversario di Jesse Owens sulla pedana del lungo.

L’impresa che ha consegnato Ondina alla piccola e nobile storia dello sport, la realizzò nel pomeriggo del 6 agosto 1936. Alle ore 17,30 di quel giorno, davanti a centomila spettatori e Hitler, le sei finaliste degli 80 metri ad ostacoli si allinearono, dalla corda, nel seguente ordine: Anni Steuer (Germania), Claudia Testoni (Italia), Elizabeth Taylor (Canada), Ondina Valla (Italia), Catharina der Braake (Olanda), Doris Eckert (Germania). Il giorno prima, in semifinale, Ondina aveva eguagliato il record mondiale correndo in 11”6, ma non poteva ritenersi in assoluto la favorita.

valla  La finale di Berlino 1936

Nella finale fu invece protagonista di un serrato testa a testa con la tedesca Steuer, risolto sul filo di lana che a quel tempo determiva l’arrivo. Sul traguardo le prime quattro piombarono tutte assieme e si videro attribuire lo stesso tempo “manuale”. La classifica fu determinata dalla lettura del fotofinish che la tecnologia tedesca aveva spinto fino al millesimo di secondo. Questo l’ordine d’arrivo di quella corsa passata alla storia (fra parentesi i tempi secondo la Zielbildkamera): 1. Valla 11”7 (11”748); 2. Steuer 11”7 (11”809); 3. Taylor 11”7 (11”811); 4. Testoni (11”818); 5. der Braake 11”8 (11”832); 6. Eckert 12”0 (12”190). Un trionfo per i colori azzurri.

La carriera della Valla resta indissolubilmente legata a quella di Claudia Testoni [1915-1998], sua concittadina e avversaria, di appena qualche mese più anziana. La loro rivalità, nell’Italia pruriginosa degli anni Trenta, alimentò pettegolezzi e polemiche, ma impresse un decisivo colpo di volano allo sviluppo dello sport femminile nazionale. Attorno alle due ragazze –, prima sotto le cure dell’ungherese Jeno Gaspar, poi del californiano Boyd Comstock – crebbe l’intero movimento atletico femminile. Assieme, sfiorarono il podio nella 4x100 a Berlino: un quarto posto che resta ancora oggi il miglior risultato raggiunto nelle staffette dalle nostre ragazze ai Giochi. La Testoni, cha in seguito aveva focalizzato la sua attenzione sugli ostacoli, riuscì a conquistare nel 1938 il titolo europeo della specialità e stabilire, l’anno seguente, un doppio record mondiale (11”3).

Ondina era una predestinata, ma è anche vero che a una classe innata sapeva unire una determinazione non comune. Aveva iniziato giovanissima, quando ancora frequentava la quinta elementare, vincendo una gara di salto in alto ai campionati interscolastici bolognesi con la misura di 1.10. Due anni dopo, nel 1929, aveva già raggiunto il vertice nazionale, La prima esperienza internazionale, peraltro deludente, l’aveva vissuta nel 1934, a Londa, in occasione dei “World Games” (quando l’atletica femminile non era ancora governata dalla IAAF, che l’accoglierà solo ai Giochi di Berlino). Dopo le Olimpiadi una serie di acciacchi alla schiena le resero impossibili ulteriori progressi, tanto da obbligarla a disertare la prima edizione degli Europei a Vienna, quelli che consacrarono il talento della Testoni.

Rimasta presto vedova, Ondina ha vissuto a lungo da sola nella sua vecchia casa aquilana di via XX Settembre, nel centro storico della città devastato dal terremoto del 2009. Sporadici i contatti con il mondo ufficiale dell’atletica che, se non l’aveva dimenticata, se ne ricordava solo in occasione di qualche rara premiazione. La “fidanzata d’Italia” se n’è andata a novant’anni – il 15 ottobre 2006 –, quasi in punta di piedi, lasciando però una eredità preziosa per l’atletica e per l’intero sport italiano.
 
(revisione: 11 Aprile 2012)
 

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