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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

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Brunetta

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Eugenio Brunetta d’Usseaux [1857-1919]

Segretario Generale del CIO



(gfc) Deve essere considerato come il vero fondatore del movimento olimpico in Italia, oltre che primo segretario generale del CIO. Anche se nell’organismo creato dal barone Pierre de Coubertin venne preceduto nel tempo dal duca Riccardo d’Andria Carafa e dal conte Ferdinando Lucchesi-Palli, due nobili napoletani che non hanno lasciato traccia alcuna del loro passaggio. Tuttavia questo nobile piemontese, grande e sfortunato assertore della candidatura di Roma ad ospitare i Giochi Olimpici del 1908, è tutt’ora una delle figure più importanti, e meno note, nella storia dello sport italiano.

Nato il 14 dicembre 1857 a Vercelli, figlio del generale Augusto, comandante della piazza, come gran parte degli esponenti della nobiltà piemontese di quei giorni, il conte Eugenio aveva sguardi e interessi culturali rivolti alla Francia. E come molti rampolli delle più illustri famiglie torinesi del tempo, benchè l’Unità d’Italia si fosse già compiuta sotto Casa Savoia, volgeva i suoi studi e la sua educazione verso Parigi. D’altra parte lo stesso cognome denunciava come transalpina l’origine della famiglia.

Non sono note le circostanze che influirono nel legare il conte Brunetta d’Usseaux di profonda amicizia al barone Pierre de Coubertin, del quale ultimo divenne stretto collaboratore, se non proprio in totale sintonia. Ma quel legame doveva essere molto saldo se già, a far data dal 1897 (probabilmente dopo il secondo Congresso Olimpico tenuto a Le Havre nel luglio di quell’anno), il quarantenne conte Eugenio fu chiamato proprio da de Coubertin a far parte del CIO e sollecitato, per sua parte, ad adoperarsi per la costituzione dei Comitati Italiani per la partecipazione alle Olimpiadi. 

Quell’incarico, assieme a quello più importante di Segretario Generale del CIO, cui venne elevato all’indomani dei Giochi del 1908, il conte li mantenne ininterrottamente fino al 1919, anno della morte. Della sua vita e della sua attività a favore dello sport italiano, ancora oggi poco si conosce. Qualche traccia si incontra sulle pagine de Il Ginnasta, il periodico mensile dell’allora potente Federazione Ginnastica che aveva in mano, per lo più frenandola, l’intera organizzazione sportiva italiana, giornale al quale il conte di tanto in tanto inviava relazioni (tra le poche pubblicate, figurano quella per le Olimpiadi di Chicago del 1904, tenute poi a St.Louis).

La Gazzetta dello Sport, in un ritratto del conte pubblicato il 9 giugno 1908, traccia un profilo dai contorni molto sfumati: “Dimorando la più parte dell’anno a Parigi, divide col conte (!) de Coubertin il compito non lieve di seguire le Olimpiadi Internazionali che emanano dal Comitato Internazionale Olimpico, il quale ha appunto la sua sede a Parigi. Commissario per l’Italia in seno al Comitato stesso porta quel coefficiente di attività che fa di noi italiani il più simpatico popolo, e riflesso di quell’attività e l’orgoglio per una gioventù italiana forte è il sentito amore patrio che il conte Brunetta scende a respirare nei brevi intervalli di riposo al suo castello di Mazzé a Caluso (Piemonte).”

Appassionato di sport – fu, tra l’altro, vicepresidente del potente Rowing Italiano che dettava al mondo le regole olimpiche –, il conte non svolse un ruolo diretto nella effettiva costituzione del Comitato Olimpico Nazionale Italiano, fondato nel giugno 1914 su iniziativa di un altro piemontese, il generale Carlo Montù. L’opera del conte Brunetta d’Usseaux, certo sollecitata dallo stesso de Coubertin che, dopo i quasi fallimenti di Parigi e di St.Louis, voleva riportare l’Olimpiade ad abbeverarsi ai luoghi della classicità storica, venne coronata da successo quando il CIO, nella sua sessione di Londra del 20 giugno 1904, assegnò (come scrisse lo stesso barone) “alla gloriosa Roma il compito di organizzare, quattro anni più tardi, i Giochi della IV Olimpiade”.

Per quanto riguarda i suoi rapporti con l’organizzazione sportiva italiana del tempo essi si espletarono soltanto nel rafforzamento dell’ideale olimpico e nel tentativo, poi abortito, di portare nel 1908 i Giochi Olimpici nella Città Eterna. In questo tentativo ebbe un grande alleato in Fortunato Ballerini, segretario generale della Federazione Ginnastica, figura di grande rilievo nello sport italiano a cavallo dei due secoli. Il n. 7/8 del 1903 del Ginnasta pubblica la relazione sulle Olimpiadi di Ballerini al Consiglio federale nella quale, a proposito della candidatura di Roma, é scritto: “... spera nell’appoggio del Governo e del Comune di Roma e sulle forze future della Federazione. Annuncia come di già il conte Brunetta abbia offerto una sua quota di L. 1000 e come si sia incaricato per la propaganda presso il Comitato Generale Olimpico Internazionale (!) di Roma.”

Purtroppo non se ne fece nulla e tutto quel fervore si spense presto. Incomprensioni organizzative e, ancora di più, l’assoluta assenza di aiuto da parte della città e dello stesso Governo, decisamente sordo ad ogni sollecitazione, fecero naufragare il progetto (al quale, in maniera abbastanza trasparente, opponeva lo stesso Vaticano). Fu così giocoforza per il conte Eugenio, in occasione dell’ottava sessione del CIO tenuta ad Atene nel 1906, annunciare la definitiva rinuncia di Roma. E al riguardo de Coubertin (che ad Atene non era stato presente) scrisse: “... il sipario scese con discrezione sul corso del Tevere e si rialzò ben presto su quello del Tamigi.”

Superata la delusione, dalla sua sontuosa residenza parigina, il conte si adoperò con energia per la costituzione dei Comitati capaci di inviare gli atleti italiani ai Giochi Olimpici di Londra (1908) e di Stoccolma (1912), contribuendo in parte con elargizioni personali e premi. Non volle figurare in prima persona in questi Comitati, alla cui presidenza spinse un suo caro e vecchio amico, il sessantenne marchese Carlo Compans de Brichanteau, per decenni membro del Parlamento e grande appassionato d’equitazione (fu proprio lui a propugnare il primo Concorso equestre organizzato in Italia, quello di Torino del 1902, che rivelò al mondo il genio di Federico Caprilli).

Ma il seme piantato dal riservato conte piemontese dette presto i suoi frutti. Due anni dopo Stoccolma, in una discreta e appartata saletta della Camera dei Deputati, avrebbe preso forma il Comitato Olimpico Nazionale Italiano. Poi lo scoppio della Grande Guerra a spegnere ogni entusiasmo. Poche settimane dopo la sua conclusione, l’8 gennaio del 1919, chiuse gli occhi, probabilmente suicida, anche il conte Brunetta che nel conflitto (e nella rivoluzione bolscevica) aveva perso la gran parte dei beni suoi e della moglie russa. Appresa la notizia, de Coubertin scrisse, “Povero caro Brunetta. Il saperlo dipartito crea un vuoto che dà la misura del posto che occupava”.

(revisione: 12 giugno 2014)

 

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