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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





I sentieri di Cimbricus / L'altra faccia delle medaglie

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Mercoledì 17 Settembre 2025

 

beamish

“L’atletica, almeno tra i vecchi adepti (sempre meno), era ed è un’altra cosa, è una finestra ampia da cui entrano luci e oscurità, è un alveo in cui in cui è scorsa molta acqua limpida e molto liquame. E’ come la storia perché è storia.”

Giorgio Cimbrico

Da tempo la narrazione dell’atletica è una matrioska. La più grande, quella che contiene le altre, è utilizzata – qualche esempio – per la finale dei 100, per i salti di Duplantis, per poco altro. La media è di scarsa utilità. La piccola, sempre e solo verniciata di azzurro, viene maneggiata con continuità e cura perché alla gente quello deve interessare.

L’atletica, almeno tra i vecchi adepti (sempre meno), era ed è un’altra cosa, è una finestra ampia da cui entrano luci e oscurità, è un alveo in cui in cui è scorsa molta acqua limpida e molto liquame. E’ come la storia perché è storia. E così non deve – o dovrebbe – essere trattata con superficialità, a palmi. Ma non è più tempo di grandi speranze e così non resta che provare a toccare quei temi che non fregano più a nessuno.

Quattro delle otto corsie della finale dei 400 verranno occupate da atleti dell’Africa australe (tre del Botswana, uno del Sudafrica) che ha così oggi piena cittadinanza accanto alla Africa Orientale (Kenya, Etiopia, Tanzania, Uganda), a quella Occidentale (soprattutto Nigeria) e a quella araba del Marocco e dell’Algeria. In poche parole: quello che una volta si chiamava Bechuanaland può vincere la 4x400 (successo sfiorato a Parigi) e con Tebogo dentro puntare al record del mondo.

Latino americana: due medaglie dalla marcia (Brasile e Ecuador), una dalla maratona (Uruguay, prima volta con la giramondo Julia Paternain), una dal peso (Messico), una dai salti (Colombia). Diventeranno sei con la rientrante Rojas nel triplo, magari sette con le due 20 km. Peccato che nei 5000 abbia rinunciato Grijalva: il Guatemala avrebbe avuto le sue piccole chances.

Trials: l’elenco degli eletti e caduti è ogni giorno più lungo. Nessuna modesta proposta offerta alla federazione americana. Continuino pure così, molti paesi li ringraziano. Un esempio per tutti: che Holloway fosse in forma misera si era visto dalle ultime uscite. Perché non recuperare Cunningham? Che Kovacs sia stato il migliore della stagione, a parte in quel turno finale a Eugene, era chiaro, ma hanno insistito su Awotunde. Che Hoey fosse un’opzione importante per gli 800 era molto evidente. Al ragazzino prodigio potevano dire di ripassare tra un paio d’anni. Ma loro vedono i Trials come una loro eterna frontiera, una lotta per la sopravvivenza. Boh.

Nel martello il Canada è diventato quella che era una volta l’URSS e Ethan Katzberg (Ethan, il nome di John Wayne in "Sentieri Selvaggi") può puntare a impadronirsi, dopo le tre corone che si è calato sulla fluente capigliatura, del record del mondo. In televisione qualcuno ha detto che Sedykh può tremare. E’ difficile: da quattro anni il vecchio, formidabile Yuri è sepolto nel cimitero di Pontoise. E la sua serie a Stoccarda ’86 offre l’epica dei grandi numeri.

Come un anno fa a Parigi la Nuova Zelanda è in linea per vincere la classifica delle medaglie rapportate alla popolazione e, in questo caso, anche al numero degli atleti inviati a Tokyo. Dopo Geordie Beamish, siepista per caso che ha interpretato la parte dell’uomo che uccise Liberty Valance (nel caso, Souffiane el Bakkali), Hamish Kerr è diventato il successore di Gian Marco Tamberi, stessa misura saltata da Gimbo a Budapest, e ha affiancato questo titolo all’olimpico, al mondiale indoor e a quello del Commonwealth. Due vittorie che hanno inorgoglito un paese abbattuto dopo la durissima lezione subita sabato dagli All Blacks (10-43) ad opera del Sudafrica, il più grande rovescio della loro storia.

In uno dei primi fotogrammi di “Come eravamo”, Robert Redford lancia il giavellotto. Poi l’abbiamo visto sciare, giocare a baseball, correre, andare a caccia, governare una barca a vela. “Non aveva solo un bel viso”, è l’ultima riga del “coccodrillo” del Guardian. Spesso poche parole bastano.

 

 

 

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