Piste&Pedane / (2) Quando anche gli dei tornano sulla terra
Domenica 14 Settembre 2025

Nello stesso stadio che il 1° Agosto 2021 consegnò alla storia Gianmarco Taberi e subito dopo Marcell Jacobs, oggi i due hanno abdicato assieme. Vero che sono trascorsi quattro anni, ma guardare lontano pare ora un atto di fede.
Daniele Perboni
Tutto iniziò a Tokyo nell’estate del 2021. Tempo di Covid, epidemia mondiale iniziata l’anno prima. E proprio quel 2020, data dei Giochi Olimpici poi rimandati, l’Italia seppe sfruttare quel periodo forzato di “riposo” per rigenerarsi e porre le basi di una prepotente rinascita dopo anni di magra e di generazioni perdute. Così almeno raccontano tecnici, scienziati e dirigenti.
Quanto successo da quei mesi ad oggi è sotto gli occhi di tutti. Successi, medaglie, traguardi mai raggiunti e solo sfiorati; maglie azzurre e colorate degli sponsor tecnici (evidentemente le canottiere dei club nostrano non sono degne di esser mostrate, quasi una vergogna…) in bella mostra nei grandi appuntamenti internazionali. Record nazionali, vecchi di anni, battuti e rimessi in gioco dalle nuove leve che, prepotentemente, si sono affacciate sulla scena.
Tutto iniziò con quelle indimenticabili e irripetibili cinque medaglie d’oro. In ordine di presentazione: 100 (Marcell Jacobs), alto (Gianmarco Tamberi), 4x100 (Lorenzo Patta, Jacobs, Fausto Desalu, Filippo Tortu), 20 km di marcia (Antonella Palmisano e Massimo Stano, qui assente per infortunio).
Cambio di direzione tecnica? Giovani e più attrezzate generazioni? Finalmente una politica federale di larghe vedute e aperta alle innovazioni, ma chiusa a riccio ad ogni critica e pronta a portare sul banco degli imputati ogni oppositore? Putin gli fa un baffo… Maggiori investimenti finanziari su tecnici, società e atleti? Molteplici i fattori scatenanti. Sta di fatto che negli ultimi anni, a suon di risultati su piste, pedane e strada, la nostra penisola si è eretta a guida dell’atletismo continentale. Dirigenti e Presidente Federale sfoggiano continuamente, giustamente orgogliosi, questa nuova età dell’oro.
Personalmente non abbiamo mai smesso di precisare, confortati anche dalle parole del Direttore Tecnico Antonio La Torre, che l’Europa può essere espugnata o domata, mentre il globo è “un altro gioco”. Parole del D.T. E così è stato. Non esiste altro sport come l’atletica altrettanto universale. Prendiamo i Mondiali in corso a Tokyo, quasi duecento le Federazioni presenti, per oltre 2000 atleti distribuiti su 49 gare in programma; 147 le medaglie. Nel 2023, a Budapest, ben 46 Paesi sono andati a medaglia e 23 hanno conquistato l’oro. Perché questa premessa? Per rafforzare quanto scritto sopra. Nel mondo dell’atletica è difficile arrivare al vertice e tantomeno restarci. Servono doti non comuni e un pizzico di fortuna che non guasta mai.
Ed ora passiamo ai “nostri”. Partenza fulminante, con tre medaglie nella prima giornata, mentre la seconda ha già mostrato alcuni limiti delle forze in pista, riferendoci a quelle vestite d’azzurro. In campo alcuni nostri big ultimamente un poco sfioriti.
Gimbo Tamberi, a cui si può concedere e perdonare quasi tutto vista la sua carriera, è stato eliminato in qualificazione alla misura di 2.21. «Poco da dire se non tanto rammarico e rimpianto – racconta amareggiato al microfono Rai – Nel riscaldamento ero ottimista. La rincorsa a nove passi non mi creava nessun problema. Poi, in gara non ho effettuato nessun salto giusto. È stato un anno particolare, lo so». Obiettivo puntato a Los Angeles 2028, ha passato l’anno in officina per curarsi dai malanni procurati da una lunghissima carriera. «Sono preparato a tutto – continua – ma quando sei lì, in pedana, fa male. Sapevo di poter saltare 2.30 altrimenti non sarei venuto. Ora torno dalle mie donne… (la figlia Camilla, se non andiamo errati nata un mese oggi, e la moglie Chiara)».
Ciò che stupisce sono i compagni di pedana, Sottile e Lando, pure loro fuori a 2.21. Promosso il solo Matteo Sioli, il più giovane del lotto, personale a 2.30 e maglia dell’Euroatletica 2002, seguito da sempre da Felice Delaini. Ancora troppo scostanti a determinate altezze. Proprio quelle che fanno la differenza. Ennesimo tonfo di Sottile, considerato una eterna promessa…
Marcell Lamont Jacobs. Oro ai Giochi, due volte campione europeo, auto esiliatosi (o costretto dallo sponsor?) in Florida alla corte di Rana Reider, tecnico che negli ultimi mesi lo ha abbandonato per accasarsi in territorio cinese. Praticamente sfaldatosi il suo gruppo di lavoro (di Reider) Jacobs ha rifiutato anche l’aiuto tecnico e medico della FIDAL, ritirandosi sul Lago di Garda. Il buen retiro non gli ha fatto bene. In Giappone non è andato oltre la semifinale: eliminato con 10.16, nonostante tutto il migliore degli italiani quest’anno, alla pari con Patta (Savona, 21 Maggio).
Sempre ai microfoni RAI si è lasciato andare a dichiarazioni sconcertanti, palesando un possibile ritiro dall’agonismo. «Inutile continuare se le cose stanno così». Ad un’ultima domanda ha lasciato in dubbio anche la partecipazione alla staffetta. Chiaro che senza il migliore azzurro in circolazione, nonostante gli acciacchi, il quartetto italiano non può ambire ad una eventuale finale. Casomai riuscisse nell’impresa, ripetere i fasti del passato è praticamente impossibile. Senza nessun componente capace di scendere sotto i dieci secondi nella prova individuale, la strada è inesorabilmente sbarrata. Unica speranza rimane l’auto eliminazione di qualche squadra.
In questo caso come intende comportarsi la Federazione, dopo che si è lasciata sfuggire di mano un atleta del calibro di Marcell? Per oltre un anno è stato uccel di bosco. Zero controlli, nessuno a conoscenza delle sue condizioni fisiche-tecniche, gare continuamente rimandate per infortuni vari. Chiedevi in FIDAL o a La Torre e la risposta era sempre identica: “Sta bene”. Così siamo arrivati alla situazione attuale. E le Fiamme Oro, Polizia di Stato? Il ragazzo è stato lasciato a briglie sciolte, pur essendo un dipendente dello Stato e stipendiato dallo Stato. Il Presidente del settore atletica del gruppo sportivo cremisi, Sergio Baldo, che sta facendo man bassa di atleti (ultimi acquisti: la mezzofondista Ludovica Cavalli, proveniente dall’Aeronautica), viaggia sull’identica linea: “tutto OK”. Non ha nulla da aggiungere?
Dicevamo che tutto iniziò in quella lunga estate. Ora pare che qualche piccola crepa si sia aperta nella ferrea certezza dei capo voga. Altre medaglie arriveranno sicuramente, ce lo auguriamo, non remiamo contro, ma qualche pedina pare, se non arrancare, dimostrare qualche mancamento mentre in diversi settori paiono desertificati. Zaynab Dosso ha fatto i conti con il mondo; nessuna donna ai massimi livelli nella maratona; tutti i lanci (Peso a parte) e alto femminile latitano; degli iscritti sui 1500, due soli (Pietro Arese e Federico Riva) sono approdati alla semifinale, mentre fra le donne si era salvata solo la Zenoni, poi squalificata; il giro di pista promuove (e bene) il solo Edoardo Scotti, approdato ad un record italiano di qualità (44”45), decima miglior prestazione europea di ogni tempo. Bene anche le ostacoliste Carmassi (12”83) e Carraro (12”86) che nella notte italiana si sono guadagnate le semifinali. A domani.
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