I sentieri di Cimbricus / L'eccitante nobilta' del doppio giro
Lunedì 1° Settembre 2025
Il violento progresso che gli 800 avevano offerto l’anno scorso, soprattutto per gli atleti di vertice, si è trasformato quest’anno in un “movimento di massa”. Le scarpe, le luci, l’allenamento, l’evoluzione? Ognuno dica la sua.
Giorgio Cimbrico
La conclusione della DL al Letzigrund – Wanyonyi su Max Burguin – ha illuminato anche il doppio giro e spinge a qualche riflessione. Se il decimo di quest’anno, il botswano Masalela, ha un tempo superiore, 1’42”70, a chi aveva la stessa posizione nel 2024, 1’42”43, la situazione cambia scendendo in profondità: ventesimo a 1’43’54 contro 1’44”22, cinquantesimo a 1’44”25 contro 1’44”73. Per chi ha una certa età, 1’44”25 ha ancora un suo peso, riporta più o meno al tempo e ai tempi di Snell e di Doubell.
Il più anziano è l’irlandese Mark English, dalle tempie color argento e dalle sempre azzeccate scelte tattiche, che a 32 anni, in tre tappe, ha portato il record nazionale a 1’43”37. Il più giovane è il prodigio del Texas Cooper Lutkenhaus, 1’42”27, a sedici anni e mezzo (19 dicembre 2008), secondo a Eugene e selezionato per la squadra USA che sta per viaggiare verso Tokyo. Un adolescente che va contro un’adolescente – Kelly Douala – che resta a casa.
Davanti a tutti, ieri come oggi, il campione olimpico Emmanuel Wanyonyi che di anni ai primi d’agosto ne ha fatti 21: 1’41”11 nel 2024, 1’41”44 nel 2025. Wanyonyi, allenato da Claudio Berardelli, corre spesso con troppa generosità, senza la linearità distributiva di Rudisha che, tredici anni dopo il capolavoro londinese, continua a tenere la testa e, come si diceva una volta, il trono. Giusto: David era proprio regale.
I record finiscono per esser battuti: sono parole che si sentono spesso. Ma ce ne sono certi che sono a lunga conservazione, come la carne che viene dall’Argentina o certe confezioni di latte che hanno abbandonato le mammelle da molto tempo. Marino Gloudek, 1’44”01, ha migliorato il record della Croazia (record jugoslavo sino alla dissoluzione della federazione) che tirava avanti dal 1974 quando all’Olimpico Luciano Susanj, scomparso di recente, diventò campione europeo in 1’44”07 davanti a un giovane inglese di Brighton, Steve Ovett, e a un finlandese, Taskinen, di cui si sono subito perse le tracce.
Il record italiano è di un anno più vecchio, annata 1973, sempre in mano a Marcello Fiasconaro con l’1’43”7 dell’Arena. Chi è attento alla lettura dei regolamenti sostiene, a ragione, che sino ai 1000 metri i primati devono essere stati ottenuti con cronometraggio automatico. E così l’1’43”74 reatino di Andrea Longo deve essere tenuto nella giusta considerazione.
I formidabili progressi generali fanno sì che con 1’44”05 Francesco Pernici occupi la 34ª posizione, Catalin Tecuceanu, 1’44”56, la 72ª (l’abbandono di Gianni Ghidini non ha prodotto progressi …), Federico Riva (1’44”80) l’87ª e Giovanni Lazzaro (1’44”95), la 101ª.
Infine, un pensiero e un addio per il sudanese Abubaker Kaki, 1’42”23 nel 2010 al Bislett, alle spalle di Rudisha, due volte campione mondiale indoor, morto a 36 anni in Sudan in circostanze violente, terribilmente abituali in una terra che non conosce requie.
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