Duribanchi / Omaggio all'uomo che ha acceso le tv
Martedì 19 Agosto 2025
“La verità era che Baudo, pur meno rassicurante di Mike, meno sfavillante della Carrà, era un rabdomante per i talenti. E quella frase ‘Questo l'ho inventato io’ era cucita perfettamente su lui, siciliano verace in giacca e cravatta.”
Andrea Bosco
Se n'è andato a 89 anni di sabato sera: la sua serata. E non poteva, come ha fatto notare Aldo Grasso, essere diversamente. Pippo Baudo: l'uomo che cambiò la televisione italiana. Se Mike Bongiorno iniziò la RAI alla popolarità portandola nelle case del Paese, fu Pippo Baudo a consacrarne il successo. Pippo Baudo condusse (presentatore, co-autore, co-regista, co-sceneggiatore, soprattutto gran cerimoniere) tra mille altre trasmissioni, 13 edizioni del Festival di Sanremo: la messa cantata (battutaccia) laica degli Italiani.
Io per un settimanale della Rizzoli e successivamente per il Tg2 e il Tg3 ne ho seguito sette edizioni. Pippo Baudo l'ho conosciuto, intervistato, stimato per l'immensa professionalità. Neppure non dico sporcata, ma velata, dagli espedienti che inventava per accrescere l'interesse mediatico sulla popolare manifestazione canora. Non ne avrebbe avuto bisogno: i numeri testimoniano di ascolti stellari. Ma Pippo era un perfezionista e nulla lasciava al caso: neppure le bufale, tipo il finto disoccupato che “disperato” intendeva, in diretta televisiva, lanciarsi dalla balconata dell'Ariston. Tutto finto, tutto preordinato.
Lui smentiva, i giornali indagavano, si arrivava sempre ad un mezza verità che alla fine soddisfaceva tutti. Ma neppure questi magheggi toglievano qualità ai suoi Festival. Fatti di grandi star, grandi cantanti (spesso da lui scoperti, Pippo era un formidabile talent scout come accadde con Laura Pausini), canzoni che sono rimaste nella storia delle musica leggera italiana. Era un maestro nel creare rivalità, come quella nel 1993 tra Lorella Cuccarini e Alba Parietti. Le due erano perfette nei rispettivi ruoli: Lorella in quello di Biancaneve, Alba (che si era rivelata in tv seduta con le bellissime smisurate gambe su uno sgabello a commentare le “notti magiche” di Italia ‘90) nella parte della “strega cattiva”. Esiliata nel Dopo-festival, impedita a salire sul palco dell'Ariston per tutta la manifestazione ma premiata con ascolti da sballo, la “femme fatale” in realtà a Pippo non la perdonò mai nonostante gli “accomodamenti” certificati negli anni successivi.
Non starò qui a raccontare chi è stato Pippo Baudo: non ci riuscirei neppure stringendo il testo al massimo. Posso solo raccontare un episodio. Presentatomi a Sanremo con le credenziali del Tg2, Baudo mi accolse con garbo e gentilezza. Ma essendo informato anche del colore delle brache dei bagnini della spiaggia, io non conoscevo lui (se non per averlo visto in video) ma lui “conosceva” me. Anzi di me sapeva proprio tutto. Quindi mi disse: “Tu e la tua troupe potete andare dove volete: e se posso aiutarti in qualche modo nel tuo lavoro, fammelo sapere. Ma so che sei amico di Antonio Ricci: non aggiungo altro”. Io in effetti ero amico di Antonio Ricci che conoscevo fin da quando curava le pubbliche relazioni per Beppe Grillo, e Clemente Mimun, allora direttore del Tg2 lo sapeva. Baudo temeva “Striscia la notizia” specie per i plagi (veri o presunti) che immancabilmente segnalava. Oltre al tormentone “vi riveliamo il giorno dell'inaugurazione chi vincerà il Festival.” Resta agli atti un Tapiro sfasciato sulla testa di un povero Staffelli che lo aveva incalzato con il consueto “Sior Baudo, come la va? ...”.
Ma Ricci al Tg2 faceva notizia e quindi l'ordine di servizio di Mimun era: “intervista a Ricci”. Nella quale invariabilmente Ricci scherzava, alludeva, faceva battute nel quadro di un “servizio” perfetto. Devo dire che Baudo non mi ha mai fatto pesare la cosa. Ne ho un ottimo ricordo. Mi chiamò alla fine di una successiva edizione per complimentarsi per un blog da me (e dal mio montatore) realizzato sintetizzando con un paio di artifizi il meglio di quel Festival.
Oggi tutti celebrano Baudo. Tacciato a lungo (e lui ne soffriva) di fare una televisione nazionalpopolare (espressione coniata da Gramsci e ripresa in senso negativo dall'allora presidente socialista della RAI, Manca, dopo un siparietto a “Fantastico 7” nel quale Beppe Grillo massacrava il PSI di Bettino Craxi, accusato di “rubare”). Tangentopoli era lontana ma scoppiò per quella satira uno scandalo enorme. Baudo era dato in “quota democristiana”, teoricamente attento anche al PSI di governo. Ma a Baudo interessava soprattutto lo spettacolo anche costo di sollevare (come accadde) polveroni politici. La sinistra mise le eliche a quell'inaspettato siluro sganciato sul palco della RAI. Ma i suoi pensatori più importati, in precedenza avevano fatto la televisione modello Mike e modello Pippo, a fette.
Umberto Eco reputava che quel tipo di televisione abbassasse la cultura media. In realtà tutto il Gruppo ‘63 del quale Eco faceva parte, lo pensava avendo bollato allo stesso modo anche il “traditore” Giovanni Arpino. Erano tempi nei quali Angelo Guglielmi (che di quel Gruppo faceva parte) ancora non aveva sposato il mezzo televisivo creando la sua innovativa Rai Tre. Tempi nei quali L'Unità spregiava tre quarti della cinematografia statunitense e si opponeva alla televisione a “colori”. Alberto Arbasino, forse lo scrittore più raffinato dell'epoca, definiva kitsch il modello baudesco. Per Franco Fortini quel modello portava all'omologazione ideologica. Pensare che ancora non esistevano, allora, i social.
Peggio di Fortini, ne scrisse Pier Paolo Pasolini sul Corriere definendo quel tipo di televisione “un mezzo repressivo che lacerava l'anima del popolo”. Dopo la sparata di Manca, Baudo aveva replicato da par suo: “Allora farò programmi regionali e impopolari”. La verità era che Baudo, pur meno rassicurante di Mike, meno sfavillante della Carrà, era un rabdomante per i talenti. E quella frase “Questo l'ho inventato io” era cucita perfettamente su lui, siciliano verace in giacca e cravatta anche negli anni della contestazione studentesca dei descamisados e delle barbe alla Che Guevara. Ma da Benigni si fece togliere i pantaloni restando in mutande, disponibile al gioco del giullare che incantava e stupiva.
In pochi hanno saputo unificare il Paese meglio dell'autostrada del Sole: Pippo Baudo è stato uno di questi “patrioti”. Parola che oggi sono male e non dovrebbe. Ma così vanno le cose. Lo chiedo da ottuagenario: sicuri che oggi vadano meglio rispetto ai tempi di Pippo Baudo?
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