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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





I sentieri di Cimbricus / Il Giorno dei Giorni ha novant'anni

Domenica 25 Maggio 2025

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“Giusto oggi: il giorno da cogliere e conservare è il 25 maggio del 1935, il luogo è Ferry Field, Ann Arbor, Michigan, sei record del mondo migliorati o uguagliati da James Cleveland Owens in un’ora o poco meno”.

Giorgio Cimbrico

In un vecchio libro che la IAAF, quando ancora si chiamava IAAF, diede alla stampa per ricordare i Golden Moments, tanti, della sua storia, c’è una foto meravigliosa e commovente, leggermente virata in seppia: Jesse Owens sta per staccare e volare lontano. La pedana ricorda un sentiero di campagna: è in terra e dà l’idea non sia piatta, un po’ gibbosa.

E’ da immagini come queste che nascono dibattiti che, esaurita la loro scorta di fascino, possono apparire oziosi, inutili, ma sono parte integrante della scelta che un giorno qualcuno ha fatto: esser parte di una congrega, di una specie di ordine cavalleresco, di un club lontano dalla pazza folla che si occupa di faccende molto ordinarie e molto vuote.

“Ma se Jesse avesse saltato su una pedana moderna, in grado di restituire impulso alle sue spinte, dove sarebbe finito? Certo più in là di 8.13”. E’ certo, può darsi, ma siamo sicuri? La verità, appurata attraverso una miriade di esperienze, è che quelli che amano l’atletica sono anche dei maledetti bizantinisti: spesso non si accontentano di quello che vedono e vivono, propongono nuove soluzioni, cullano sogni, visioni: Elliott sui 5000, Brumel senza incidente motociclistico, Balas avesse adottato il fosbury, Bolt sui 400 fanno parte di questo repertorio.

Meglio tornare a un consueto “carpe diem”. Nel caso, il giorno da cogliere e conservare è il 25 maggio di 90 anni fa, il luogo è Ferry Field, Ann Arbor, Michigan, sei record del mondo migliorati o uguagliati da James Cleveland Owens in un’ora o poco meno, in attesa di offrire la Settimana delle Settimane di lì a poco più di un anno all’Olympiastadion berlinese, lo stesso luogo dove il miglior Usain Bolt corse in 9”58 e 19”19 e poi timidamente domandò: “Scusate, ma chi è questo Owens di cui parlate sempre?”.

Il Giorno dei Giorni è il Natale dell’atletica e così se a uno si domanda cosa vorrebbe vivere di persona, da testimone, fosse possibile viaggiare nel tempo – Stephen Hawking diceva che è possibile, ma quando sarà consentito sarà una faccenda per gente tipo Musk o comunque con il conto in banca molto cospicuo – la scelta può cadere sul 6 maggio 1954, quando Roger Bannister, sulla pista di Iffley Road, Oxford, diventò il primo uomo a scendere sotto i 4’ nel miglio o sul Giorno dei Giorni. Quattro minuti meno sei decimi contro un’ora di delizia pura. A ognuno secondo la propria inclinazione.

Raccontano che Jesse non stesse molto bene, che avesse mal di schiena, che il suo allenatore lo avesse consigliato di lasciar perdere, ma lui voleva dare una mano all’Università dell’Ohio che gli aveva dato una borsa di studio. E così a a questo punto è meglio lasciar parlare lui, in un’intervista possibile.  

 “Esistono due versioni. La prima: una settimana prima mi ero fatto male alla schiena cadendo dalle scale. La seconda: avevo giocato una partitina di football tra amici e mi ero infortunato. Sono passati molti anni e anch’io ho ricordi confusi. In un caso o nell’altro, facevo fatica a muovermi e Larry Snyder, il mio allenatore, mi disse: ‘Jesse, forse è meglio rinunciare’. Ma io non me la sentivo di privare la Ohio State del mio aiuto e così andammo”. Andarono al campo che quell’anno ospitava le finali delle Big Ten, lo scontro tra le dieci maggiori università del centro e dell’est degli Usa.

Sabato 24, prove di qualificazione. “Jesse, vacci piano”. E Jesse va piano, giusto per tornare in pista il giorno dopo. “Mi sveglio con la schiena quasi bloccata. Ehi, dico a un amico, dammi una mano per mettermi la tuta. Prima gara, le 100 yards: scavo le buchette e provo a mettermi in posizione di partenza. Dolore. Ma quando lo starter spara, vado via rilassato, fluido”. Sta scendendo la grazia: all’arrivo due cronometri dicono 9”4, uno 9”3. Gli danno 9”4, mondiale pareggiato. “Larry mi grida: ‘come va?’. Bene, dico, dolore sparito. Vado verso la pedana del lungo e intanto penso: tra meno di mezz’ora devo correre le 220 yards, qui ci sono venti concorrenti, la gara andrà avanti due ore. Ok, un salto e via”. E si regala un azzardo: va verso la buca e piazza un pezzetto di carta, fissato da un sassolino, a 7.98, record mondiale del giapponese Nambu. ”Quando atterrai nella sabbia, capii di esser andato lungo: il foglietto lo avevo alle spalle e i compagni gridavano: ehi, uomo, l’hai fatta grossa”. Jesse, 8.13, il primo uomo oltre gli 8 metri. Il record tenne duro per 25 anni, due mesi e 18 giorni, sino all’8.21 d Ralph Boston.

Jesse è a metà dell’opera: alle 15,45, 220 yards, senza curva, su un rettilineo che non finisce mai: 20”3 e record (ritoccato di tre decimi: era di Ralph Metcalfe) che vale sia sulla distanza imperiale che su quella metrica. Bis un quarto d’ora dopo: stesso terreno, stessa distanza, ma con dieci ostacoli: 22”6 e questa volta il progresso è di quattro decimi.

Il Giorno dei Giorni ha novant’anni ed è fresco come un bocciolo, rugiada compresa. A seguire e tra breve, i trent’anni del momento di grazia strabiliante, amazing grace, di Jonathan Edwards e i quaranta di Marita Koch, che da poco ha perso Wolfgang Meier, marito e allenatore. L’attendibilità dei testimoni oculari, in questi due casi, non potrà essere messa in dubbio.

 

 

 

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