Duribanchi / "Hasta siempre Santo Padre"
Sabato 26 Aprile 2025
“La sfida sarà mantenere la genuinità dello sport, di proteggerlo dalle manipolazioni e dallo sfruttamento commerciale: sarebbe triste se la gente non riuscisse più a confidare nella verità dei risultati sportivi”.
Andrea Bosco
“Hasta siempre Santo Padre”. Con queste parole il San Lorenzo de Almagro ha ricordato, sul suo sito, la scomparsa di Papa Francesco che del club di Buenos Aires era tifoso e socio onorario. Tutti conoscevano la passione del Papa per il calcio e per quella squadra, fin da quando, in visita a Roma con altri pellegrini, un tifoso azulgrana in Piazza San Pietro non collocò una sciarpa con i colori sociali sul collo del pontefice.
Jorge Mario Bergoglio è morto all’età di 88 anni dopo una malattia che lo aveva debilitato e dalla quale non si era mai completamente ripreso. Scrivere di un Papa è complesso per un vaticanista, impossibile per un giornalista che si informa dai quotidiani. Ma si può scrivere della passione sportiva di Bergoglio per il calcio, mutuata dal padre Josè Mario che nell’impianto del club –, l’Avenida La Plata – giocava a basket. Jorge Mario da ragazzino aveva giocato al calcio, nel ruolo di portiere. Nel 2022 il “guardiano” della Nazionale argentina, Emiliano Dibu Martinez che aveva vinto il mundial disputando la finale contro la Francia nel 2022, durante una visita in Vaticano gli regalò i suoi guanti. La stessa cosa aveva fatto precedentemente, nel 2011, Gigi Buffon, indimenticabile portiere della Juventus e della Nazionale.
Bergoglio aveva vissuto con la passione per “el Ciclon” le emozioni del vecchio Gasometro, lo stadio che aveva visto le gesta nel 1946 del San Lorenzo campione di Argentina forte di giocatori come Armando Farro, il bomber René Pontoni (l’idolo di Bergoglio) e quel Rinaldo Martino che qualche anno dopo avrebbe indossato la maglia della Juventus, ma restando in Italia una sola stagione (causa la nostalgia della moglie per la sua terra), dopo aver fatto valanghe di gol e meraviglie stilistiche che gli erano valse presso i tifosi il nomignolo di “Zampa di velluto”. Ma Pontoni, detto il “Chanca” aveva segnato la rete che aveva permesso al San Lorenzo di vincere il suo terzo scudetto: gol che il Papa rammentava con emozione intatta.
Francesco ha sempre avuto un legame fortissimo con il San Lorenzo (la sua tessera di socio-tifoso era la numero 88.235) noto anche per la “vivacità” della sua tifoseria. Il San Lorenzo era nato come squadra di quartiere, una delle tante che nella stagione del calcio eroico, si sfidavano per strada nelle “canike”: le “canicolari” italiane che chi ha giocato al pallone ha avuto la ventura di disputare. Bergoglio aveva calciato in periferia come molti della sua epoca (anni Quaranta) palloni di stracci (la pelota de trapo). Abitudine pericolosa che venne proibita dopo che un ragazzino dei Los Forzosos de Almagro fu investito da un tram durante un match.
Accadevano cose del genere in una città, Buenos Aires, che stava crescendo smisuratamente e nella quale sempre più imponente era ormai l’urbanizzazione. Dopo quell’episodio don Lorenzo Massa, un prete salesiano, decise di ospitare le partite nell’oratorio della sua parrocchia in Calle Mexico. I ragazzi ricambiarono, impegnandosi a seguire ogni domenica la messa. In suo onore, il 1° aprile del 1908 fu fondato il San Lorenzo, diventato negli anni uno dei cinque maggiori club dell’Argentina, blasonato e con un ricchissimo palmares di vittorie. Nel 2014 il San Lorenzo, vincendo per la prima volta la Coppa Libertadores (l’equivalente della Champion’s) battendo in finale il Nacional Assuncion, fece la felicità del Papa. Pur arrendendosi, successivamente, al Real Madrid nella finale del Mondiale per club.
Il Papa avrebbe celebrato la messa nella cappella della Ciudad Deportiva, avrebbe somministrato la comunione a vari giovani e avrebbe battezzato (già adulto) Angel Martin Correa Martinez, esterno dell’Atletico Madrid e futuro campione del mondo con la Nazionale argentina nel 2022.È noto che il presidente del San Lorenzo, Marcelo Moretti, aveva incontrato Bergoglio e ufficialmente gli aveva proposto di intitolargli il futuro stadio del club in Avenida de la Plata, trovando il completo assenso da parte del pontefice. In un comunicato il San Lorenzo ha scritto dopo la morte del pontefice: “Il suo affetto per il nostro club ci ha sempre commosso. L’intitolazione del nuovo stadio, celebra non solo un grande tifoso, ma anche un simbolo di fede e passione sportiva che continuerà a ispirare generazioni di tifosi.”
Tifoso oltre che del San Lorenzo, anche della Nazionale argentina, il Papa conosceva le prodezze di Maradona. Ma non vide mai quelle di Lionel Messi, per una promessa fatta a Dio, un “fioretto” che dal 1990 si era auto-imposto: non guardare più la televisione.
In generale Bergoglio aveva presente il valore dello sport. E il pericolo che lo sport corre per le continue contaminazioni commerciali. Dopo il Giochi di Rio, nel 2016, all’apertura nell’aula Paolo VI del “Convegno mondiale sullo sport al servizio dell’umanità”, si era speso in questa riflessione: “La sfida sarà mantenere la genuinità dello sport, di proteggerlo dalle manipolazioni e dallo sfruttamento commerciale: sarebbe triste se la gente non riuscisse più a confidare nella verità dei risultati sportivi o se il cinismo e il disincanto prendessero il sopravvento sull’entusiasmo e sulla partecipazione giocosa e disinteressata. E’ importante lottare per il risultato, ma giocare bene, con lealtà, lo è ancora di più”.
Prima di Bergoglio non si era mai visto un Papa “tifoso”. E probabilmente, difficilmente se ne vedrà un secondo. Ci sono stati scrittori famosi (da Moravia a Musil) che dello sport hanno scritto cose tremende. Mi piace pensare che Bergoglio conoscesse “I silenzi del colonnello Brambie” di André Maurois che così scriveva: “Il vero spirito sportivo partecipa sempre dello spirito religioso”.
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