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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





Duribanchi / Piu' che facezie, sono solo cose turche

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Martedì 25 Marzo 2025

 

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“La canea andata in scena in Parlamento tra insulti, pianti e strepiti è stata l'ennesima orrenda pagina di una politica indecente che ha perso ogni ritegno. Opposte tifoserie incapaci di dialogare. Incapaci di governare.”

Andrea Bosco

Ventotene è un piccola isola nel mar Tirreno, al largo delle coste tra il Lazio e la Campania. Meno di 2 chilometri quadrati, meno di 600 abitanti. Durante il Ventennio il Capovocione ci mandava gli oppositori al confino. I più famosi, Colorni (poi massacrato dai fascisti), Rossi e Spinelli, fecero uscire clandestinamente (sulle cartine dei pacchetti di sigarette) il celebre “Manifesto” che viene reputato come il primo vagito dell'Europa unita.

Essendo stato concepito nel 1941, il testo – accanto ad una pregevole idea federalista (mai realizzata e ancora da venire) – contiene anche cose poco comprensibili, oggi. Per esempio l'eterno conflitto tra troskisti e liberali in tema di “modello di società”. Essendo quegli oppositori stati privati delle libertà fondamentali da un regime oppressivo, come quello fascista, con lo spettro del nazismo (in Spagna c'era stato il Franchismo) che aleggiava sul Continente, il modello sovietico stalinista sembrava a quegli uomini una ancora di salvataggio.

Ci fossero stati, nella Russia di Stalin, non avrebbero scritto quelle cose. Tra le quali anche la seguente, che oggettivamente oggi fa rabbrividire: “La proprietà privata deve essere abolita, limitata, corretta, estesa caso per caso, non dogmaticamente in linea di principio”. E qui, a parte l'appello (comprensibile, allora) dei firmatari alla “rivoluzione”, casca l'asino. La proprietà privata se non è inviolabile e sacra, si consegna alla prima Ilaria Salis che okkupa. Si può essere (è meritorio esserlo) antifascisti, senza per questo debordare nella deriva proletaria che assicura il “potere al popolo”. Entità sfumata (come del resto “la gente”) che significa tutto e niente. Oggi persino l'utopia grillina evita l'equiparazione “uno-vale-uno”. Sono emerite stronzate che sempre nel corso della storia hanno prodotto danni.

Ma attenzione: la Costituzione italiana, quella che continuiamo a definire “la più bella del mondo” (e che invece – parere personale – in alcuni punti andrebbe rinfrescata) a proposito della proprietà privata, recita che possa essere limitata “allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti”. Un caso per tutti (come ben sanno quanti il provvedimento hanno subito), l'esproprio per consentire la realizzazione di basilari opere pubbliche. Lo prevede la Costituzione: “esproprio per motivi di interesse generale”.

Ora: la sparata di Giorgia Meloni in Parlamento a proposito del Manifesto di Ventotene (“questa non è la mia idea di Europa”) è apparsa una provocazione in risposta alla manifestazione che giorni prima la Sinistra unita (con i soldi dei cittadini di Roma) aveva organizzato, promotore lo scrittore di La Repubblica Michele Serra.   Gli antifascisti confinati a Ventotene, fanno parte della storia d'Italia e in qualche modo anche dell'Europa. L'Europa fu fondata dai cattolici conservatori Adenauer, Schuman e De Gasperi, ma quel Manifesto, pur con l'aberrazione della negazione della proprietà privata, fu una scintilla nell'oscurità della stagione nazifascista. La canea andata in scena in Parlamento tra insulti, pianti e strepiti è stata l'ennesima orrenda pagina di una politica indecente che ormai ha perso (sugli opposti fronti) ogni ritegno.

E' accaduto giorni fa a e ancora le pagine dei giornali (e dei telegiornali) sono piene di questa roba. Con gente che ha perso la brocca. Romano Prodi (mica il bullo del quartiere) che tira i capelli a una giornalista perché non gradisce la domanda su Ventotene. Giornalisti che danno alla collega della “sicaria”. E Fausto Bertinotti (in cachemire e tweed) che rivela che lui in Parlamento a Meloni avrebbe, per quella frase su Ventotene, “tirato addosso un libro”. Parliamo di un ex presidente del Consiglio e di un ex presidente della Camera. Quindi non stupisce che poi Matteo Salvini si comporti come Pierino (Alvaro Vitali), pretendendo di recitare tutti in ruoli in commedia: segretario della Lega, vicepremier, ministro dei Trasporti, ma con l'ambizione di fare anche il ministro dell'Interno e quello degli Esteri. L'esercizio della politica dovrebbe essere “alto”. Oggi è solo la deriva che oppone opposte tifoserie, incapaci di dialogare. Incapaci di riformare. Incapaci di comprendere che le “riforme” si fanno con il contributo di tutti. Magari mettendo mano (assieme) anche alla Carta Costituzionale. Che, visto che è stata scritta da uomini (e senza l'illuminazione del Padre Eterno) non è la Bibbia.

Nota a latere: Meloni oggi ha un solo avversario. Molto più pericoloso di Schlein, Giuseppi, Bonelli, Fratoianni, Renzi: si chiama Salvini. Uno che ha la vocazione dello sfasciacarrozze. E che con il suo comportamento ha già fatto inanellare in Europa alla premier alcune figure di palta. Ultima (per ora) la fascinazione per Putin. Le dichiarazioni di Salvini sembrano quelle di qualche agit prop putiniano: quelli che ammorbano i talk televisivi, che letteralmente vomitano sull'Ucraina e che spiegano come gli ucraini siano destinati a “morire”. Nessuno ha dimenticato Salvini con felpa di Putin che sulla Piazza Rossa sosteneva che “un Putin valesse tre Mattarella”. Salvini è una mina vagante: fece il governo con Giuseppi per poi abbandonarlo quando pensava di avere i numeri per affossarlo. Salvini spesso fa i conti senza l'oste. Oggi la Lega vale l'8%. Ma Salvini come un'anatra nello stagno starnazza e fa rumore. Prima o dopo (volutamente o meno) ne sparerà una di non ricucibile. E sarà crisi di governo. Auguri all'Italia più che alla Meloni.

Dice Mattarella che i dazi sono una calamità per il libero commercio. Vero. E nel tempo i dazi si ritorceranno anche contro Trump che li ha invocati. Ma va detto che troppo l'Europa (e l'Italia), con le sue tortuose vie della seta, ha flirtato con la Cina. Che ha invaso il mondo di prodotti farlocchi e scadenti. Come ben sanno quanti si sono avventurati a comprare manufatti made in China. Per troppo tempo gli USA sono stati per l'Europa una vacca da mungere. Oggi Trump (sedotto come altri presidenti USA dal serpente Putin) ha chiuso i rubinetti. Toccherà all'Europa spendere per difendersi. L'Europa dovrà farlo. E dovrà farlo rapidamente. Solo un imbecille può pensare che Putin non voglia fare quanto ha dichiarato ripetutamente: ricostituire l'impero sovietico.

Certo, le armi costano. E se spendi in armi devi necessariamente tagliare sul Welfare. Impossibile avere la botte piena e la moglie ubriaca. Solo uno come Giuseppe Conte con il suo bonus 110% lo ha fatto credere (meglio, gli italiani lo hanno voluto credere). Ma Conte ha un animo gesuitico: capace di questo ed altro. Si vis pacem, para bellum: se ne faccia una ragione anche il ministro Tajani. Che forse reputa di saperne più di Vegezio. Ma consideri il ministro che “quelli là” dominavano il mondo e sapevano quello che dicevano. Nessun esercito riuscì a sconfiggerli. Li sconfisse il “gigantismo” geografico e politico. E quel virus, che non ha antidoti, chiamato religione.

A proposito di gesuiti: dopo 38 giorni il Papa ha lasciato l'ospedale. E' mal messo ma ancora vivo. A testimonianza di una scorza dura. Del resto per fare il Papa ci vuole “un fisico bestiale”. Amato e detestato, Francesco passerà alla storia non per le riforme, ma per aver costruito con i fedeli un rapporto di enorme empatia. In ogni caso un pontefice non banale. Dice che per un paio di mesi dovrà evitare ogni sforzo. Se riusciranno a trattenerlo.

Al Gemelli dal quale è uscito il Papa, è ancora ricoverato Vittorio Sgarbi che soffre di una malattia micidiale: la depressione. Eccessivo e geniale, polemico e generoso, competente e amante in modo “carnale” dell'arte e del bello, solo Vittorio Sgarbi può guarire Sgarbi. L'ho conosciuto e con lui ho avuto rapporti di lavoro: gli auguro di cuore di uscirne.

Il ministro dell'Istruzione Giuseppe Valditara con una circolare ha vietato nei documenti ufficiali scolastici l'uso di asterischi e schwa. Era ora dopo che anche la celebrata Accademia si era espressa in termini perentori sul massacro gender della lingua italiana. Gender che al cinema ha asfaltato Biancaneve con una versione a dir poco orripilante. Che sembra piacere agli italiani (il botteghino lo certifica) ma che nel resto del mondo si sta rivelando un flop. Ma il Paese delle Meraviglie è così: arriva sempre “dopo”. Spesso molto “dopo”.

Memorandum: il woke con l'avvento di Trump negli USA, è diventato quasi un caro (?) estinto. Mezzo mondo (non Trump che molto ha guadagnato) è in fuga dalle criptovalute. La rivoluzione green dovrà aspettare, considerato che le automobili elettriche non le vuole nessuno. Perché costano un botto. E perché le colonnine per la ricarica sono più rare di un'oasi nel deserto. Persino Fratoianni e Piccolotti si sbarazzeranno della loro Tesla. Perché non possono viaggiare “sull'auto costruita da un nazista”. Ma non lo sapevano prima di comprarla che Musk era così? No: “prima” Musk sosteneva Biden e Khamala e quindi era un gran “figo”. Oggi che sostiene i neo-nazi in Germania, “vade retro Elon”.

Ma queste sono facezie. Il mondo è in fiamme: Ucraina, mezza Africa, Medio Oriente, Palestina. E ora anche il Sultano turco si comporta come il tiranno russo mettendo in galera l'oppositore che ne potrebbe mettere a repentaglio la riconferma. Elezioni nel 2028, ma quello, con 15 milioni di voti, preoccupa Erdogan che ha pensato bene di portarsi avanti con lavoro. Qualcuno ha detto beo in Italia, in Francia, in Gran Bretagna, in Germania, nel resto d' Europa, per non parlare del turbocapitalista Trump? Nessuno ha fiatato. Neppure la sinistra caciarona di Elly e Giuseppi. Insomma: cose turche.

Cose cestistiche alla Feltrinelli di Piazza Piemonte a Milano, la scorsa settimana. Ci sono andato per la presentazione del libro sull'Olimpia di Dan Peterson scritto con Umberto Zappelloni. Vecchi volti segnati dalle rughe. Tanti colleghi con i quali hai avuto la ventura di lavorare gomito a gomito. Sono arrivato una decina di minuti prima dell'inizio. Quando mi sono avvicinato al coach mi ha abbracciato e mi ha detto: “Andy Wood, che piacere”. Poi l'Orso mi ha intimato: “Siediti vicino a me: come stai?” Non ho fatto a tempo a rispondere che lui ha proseguito: “Non volevo venire (lui abita in zona, comunque): sai, poi ti chiedono come stai e allora è un disastro spiegare”.

Alle nostre spalle si è posizionato Vittorio Gallinari che ancora ripiange di non aver giocato al Totocalcio la volta che i Boselli, Anchisi e il coach vinsero un bel pacco di milioni. Transitato anche “Becca”, Roberto Beccantini, elegante scrittore di calcio: ancora non era stato licenziato Thiago Motta e non era tornato all'ovile il “duro” Tudor. Poi sul palco è andato anche Massimiliano Finazzer Flory, ex assessore alla Cultura del Comune di Milano, attore, regista e super-tifoso Olimpia. Ad un certo momento passa Ettore Messina, l'attuale coach dell'Olimpia: saluta me e l'Orso che velenoso gli sibila: “Complimenti per Parigi”. Sono amici ma l'Orso è così: non si tiene. Avendo a Parigi l'Armani subito di brutto, Messina sorride e dice: “Non ti smentisci mai”.

Bella serata: Dan la infioretta di tanti ricordi. Rammenta che ai giornalisti che lo cazziavano dava sempre un “cartellino” per almeno due settimane. L'Orso e Grigoletti ne facevano collezione. Ma erano sanzionati perché “contavano”. Alla fine sono andato a farmi firmare da Peterson il libro dicendo: “Io contavo poco, visto che mi hai sanzionato solo una volta”. Risposta (memoria prodigiosa del coach che nel fine settimana ha partecipato come “motivatore” a un convegno di Forza Italia): “per una partita contro la Reyer”. Ha scritto sul libro “A Andy”. Il bello della comunità del basket (a differenza di altri sport) è che nessuno dimentica nessuno. Quando in sala Messina ha ricordato alcuni maestri del mestiere – Rubini, Gamba, Bianchini, Taurisano, Sales – sul volto di molti c'era commozione. E pensando a Riccardo Sales gli occhi di chi scrive si sono inumiditi.

Certo che lo sport non si fa mancare nulla. In Cina entrambe le Ferrari sono state squalificate per un inizio di stagione (dopo gli squilli di tromba alla presentazione di Milano) che più horror non avrebbe potuto essere. E' volato (mundial) il ragazzo italiano “abbronzato” Furlani (copy Silvio Berlusconi) nel salto in lungo: bravissimo. Nazionale di calcio eliminata dalla Germania con gol subito che neppure all'oratorio. Bella e tardiva reazione (Barella, che li affronterà con il Bayern, ha capito che tra Goretska e Musiala si può ballare a centrocampo la rumba), per un pareggio meritato che non è bastato. 3 a 3 il finale, anche se a lungo si è sperato nella replica di quel 4-3 messicano entrato nella leggenda.

Due gol li ha fatti Kean: uno dei rimpianti della Juventus. Dove Motta Thiago, inesperto e presuntuoso, è stato licenziato a favore di Tudor che di nome fa Igor, ex calciatore di Madama, juventino di Lippi, ex secondo di Pirlo: un duro che gli allenamenti li prende sul serio. Poco tattica e tanta corsa, tanta fatica. Basterà per arrivare almeno quarti, qualificarsi per la Champion's e salvare la stagione? Igor ci proverà a cominciare dalla gara col Genoa. Ora senza arrivare alla ferocia di Tony Damascelli (juventino ferito) che ha in un fondo decapitato con Matta, anche Giuntoli e poi la dirigenza tutta per finire con il proprietario Elkann, va detto che se Motta ha molte colpe, il resto della compagnia non risulta esente. A cominciare dalla truppa che da tempo aveva capito come sarebbe finita e che per incompatibilità con l'allenatore aveva evitato di esporre i calli.

Intanto Brignone ha conquistato la Coppa mettendo in fila tutte le altre, anche se nell'ultima gara ha dovuto inchinarsi anche alla quarantenne Vonn, arrivata (ma che classe) al secondo posto. All'età nella quale, se va bene, le ex campionesse insegnano alle bimbe a fare lo spazzaneve. Infine la Reyer del mio cuore. Allenamento per le ragazze con buon contributo del rinforzo Mompremier ala grande di 1.93 dagli ottimi movimenti in post basso. Ma soprattutto vittoria a Reggio Emilia per i maschi con partitona di McGruder e del solito Kabangele. Ma ancora non basta per i play off: la Reyer in una classifica dove in tanti sono sul predellino è ancora nona. Ma le premesse per far bene ci sono. Stavolta nessun cambio criptico. Anche se pesa non avere a disposizione un play di riserva alle spalle dell'ottimo Ennis.  

E Milano? Nel senso di stadio Meazza, intendo. Beh, sta grandinando su Beppe Sala. Dopo la vicenda case bloccate per i pasticci della sua amministrazione con proprietari del nulla (per ora) disperati, visto che molti hanno versato i risparmi di una vita per una casa che difficilmente avranno (niente salva Milano, dalla capa è arrivato il niet e Sala si è messo in fila per tre, ci pensi il governo, ma l'opposizione per votarlo il salva Milano pretende le sue dimissioni), ecco il nuovo “faro” acceso dalla procura sul Meazza che dovrebbe essere venduto a Inter e Milan: presunto danno erariale. In effetti 400 euro al metro quadrato sono una inezia rispetto a quanto frutteranno gli immobili “accessori” al Meazza ristrutturato. Per dire, in Via Montenapo per andarci ad abitare devi sganciare 25.000 euro al metro quadrato. In zona Vincenzo Monti si balla dai 9 ai 12.mila al metro quadrato. In Via Washington e dintorni dai 6 ai 7 mila. Fate pure i conti: facile anche senza una calcolatrice.

Infine questa: Luana Zanella, capogruppo AVS alla Camera (Bonelli è “suo fratello”) è allarmata: “Cortina è stata trasformata in una città sotto assedio in funzione dei Giochi Olimpici? Piantedosi risponda in Parlamento sul perché a Cortina ci siano oltre 100 alpini in città”. La signora che ha una casa in Val Zoldana, pediatra (aiuto) in pensione ci ha visto chissà quale oscura manovra per quegli alpini a Cortina. Ma no, cara. Non faccia così: gli alpini erano a Cortina per una gara di sci, sfida tra reggimenti che si tiene ogni anno sulle nevi del Veneto e del Trentina Alto Adige. Erano lì, per la cerimonia di chiusura della “operazione Volpe Bianca”. Strano che la pediatra (in pensione) che abita in Val Zoldana non se ne sia accorta gli anni scorsi. Ma per rompere il piloro con la pista di bob che “ha fatto sacrificare centinaia di alberi” (capace che Zanella prossimamente si incateni ad una quercia) e il collegamento (maledetto) con le Tofane ogni pretesto è buono: anche la presenza degli alpini.

Storica femminista, appassionata di trekking (“vado sul monte Pelmo”), già assessora a Venezia con Massimo Cacciari, Zanella assicura che non si candiderà in Laguna per il post Brugnaro. Il Pelmo è un monte importante, capogruppo Zanella. Non sarebbe la stessa cosa senza le sue incursioni su quei tortuosi sentieri. Io ci andavo da ragazzino partendo da Fusine di Zoldo Alto. Allora il trekking si chiamava in un altro modo: anzi, non si chiamava proprio.

Ogni sera su Sky passa un reportage sulla vicenda di Michele Padovano: per 17 anni privato della libertà pur essendo innocente. Pagina terribile della giustizia italiana. Non di quella sportiva, di quella ordinaria. L'ex attaccante della Juventus non è il solo ad aver subito una tremenda ingiustizia. Il problema è il solito, insoluto: i suoi carnefici, i giudici che lo condannarono, non hanno subito sanzioni, 17 anni senza libertà, sono una cosa devastante. Che razza di paese è quello che condanna, che sbaglia e neppure si scusa? Nessuno pretende vendetta. Ma giustizia, quella va pretesa. E i giudici non possono risultare legibus soluti. Se sbagliano devono pagare: in concreto. Come qualsiasi altro cittadino.

La giustizia andrebbe maneggiata con prudenza. Non sempre accade. Anzi, quasi mai. Ho un magone da sempre nel cuore. L'accusatore di Enzo Tortora che fece carriera e mai pagò per l'infamia comminata al celebre presentatore. Io lo conobbi per lavoro quando stavo al Giornale. Era un uomo fermo e garbato. Era innocente e fu condannato. Una vergogna che la giustizia e la magistratura italiane non hanno mai sanato.

Non c'è sport ma c'è egualmente qualche cosa di divinamente sportivo negli ottantacinque anni di Benedetta Mazzini. Settembre 1958, Istituto Filippin di Paderno del Grappa, classe terza media. Ho 13 anni e in classe con me c'è un ragazzino magro, quasi ossuto che come calciatore è una vera pippa ma che nuota divinamente a rana. Infatti è un campione di categoria. Si chiama Alfredo Mazzini. Un giorno mi chiede: “Hai sorelle?” Rispondo: “Sono figlio unico”. Lui continua: “Io ho una sorella più grande: canta”. Io chiedo e mi sembrava una cosa logica: “In chiesa?” Lui dice: “No: nei dischi”. Parlava di Benedetta, al secolo Mina. La più grande cantante italiana ogni tempo. L'ho vista alcune volte. Una in visita al mio collegio. Una a Forte dei Marmi. Una alla Libreria di Porta Romana a Milano con fazzoletto in testa e occhialoni da sole per non farsi riconoscere quando da tempo si era rifugiata a Lugano. Io la riconobbi dall'altra parte del bancone. Ma evitai di parlarle. Lei si accorse che l'avevo riconosciuta. E prima di andarsene mi veicolò una sorta di mezzo bacio (almeno a me così parve), riconoscente per non averla “smascherata".

 

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