I sentieri di Cimbricus / Mattia ovvero una modesta proposta
Lunedì 24 Marzo 2025
Un altro saltatore chiuse l’inverno con 8.30. Il saltatore era Bob Beamon che, sette mesi più tardi, a Città del Messico, improvvisò quel che è molto semplice definire: un miracolo, il primo volo umano, il balzo nel futuro.
Giorgio Cimbrico
La modesta proposta investe due realtà: la propensione organizzativa dei reatini, unita a un profondo amore per l’atletica, e l’esistenza di un impianto a 1500 metri di quota, sotto la vetta del Terminillo. Una occasione? Dopo la vittoria di Nanchino, quali sono i piani di Khaty Seck e del suo prodigioso figliolo?
Non resta che rimanere dentro i canoni dell’utopia dove tutto appare facile e affascinante: cercare e trovare il giorno, il momento, la situazione ideale perché Mattia Furlani atterri molto lontano, superi quel record italiano di proprietà di chi – Andrew Howe – può esser definito un “paesano”, avviato in questo momento ai 18 anni di durata.
Capitò ad Osaka quando Andrew atterrò a 8.47 ed ebbe per qualche minuto in testa la corona di campione del mondo. Irving Saladino gliela strappò andando a prender sabbia dieci centimetri più in là con un salto in grande sicurezza. L’anno dopo il delicato panamense, che non ebbe carriera lunga, si sarebbe spinto a 8.73 senza l’ausilio dell’altitudine: Hengelo è nei Paesi Bassi.
La quota offre benefici. Giusto settant’anni fa, il 16 marzo 1955, Campionati Panamericani a Città del Messico, Adhemar Ferreira da Silva seppe sfruttarli. Adhemar sentiva che c’era qualcosa di diverso ma non riusciva a capire sino in fondo. Il vento? Ma no, era poco, nullo. La sensazione era che tutto fosse più facile, più leggero: la rincorsa, il momento del primo stacco, il rimbalzo, il passo, l’ultima traiettoria verso la buca. Ecco cos’era: l’aria. Poca, facile da penetrare, diversa da quella umida, densa di San Paolo, di Rio. Una condizione che andava sfruttata, ma non era facile quando non sei abituato a stare così in alto e per lui andare in alto era quando andava a Campinas Grande. Rispetto a Ciudad de Mexico, una collina.
Quando Arnoldo Devonish saltò 16.13, a dieci centimetri dal record mondiale che Leonid Shcherbakov gli aveva fregato due anni prima, giusto per mezzo pollice, Adhemar capì: lui il venezuelano lo conosceva, lo aveva incontrato a Helsinki, tre anni prima, quando aveva vinto l’oro gettando nel delirio il Brasile ancora scosso dal Maracanazo. Anche Devonish era diventato un idolo: medaglia di bronzo, la prima conquistata da un venezuelano al Giochi. Quel giorno, Adhemar due volte record del mondo, 16,12 e 16,22. Devonish sul podio, a 70 centimetri.
Adhemar avrebbe avuto bisogno di una sigaretta. “Scordatela”, si disse. Con Arnoldo era alla pari. Ultima prova, “la mia preferita”. Record del mondo a casa sua, a San Paolo, record del mondo a Rio, allo stadio della Fluminense. Adhemar, uno da finale di partita, aveva buona memoria: lo stacco, il rimbalzo, il passo, l’atterraggio. “Lontano, sono andato lontano”: lunghisti e triplisti hanno piedi intelligenti. Torna verso l’asse di battuta, aspetta che sul piccolo tabellone a mano il giudice componga i numeri: 16.56. Il record di Shcherbakov spazzato via. Più di trenta centimetri di progresso: nessuno aveva mai dato una scossa così violenta.
Ancora ai 2248 metri di Ciudad de Mexico, dodici anni dopo, Igor Ter Ovanesian uguaglia il record del mondo di Ralph Boston: 8.35, mancano 364 giorni al giorno di Beamon. Prima di partire per i Giochi del ‘68, ai campionati sovietici, a Leninakan (oggi Gyumri, Armenia, 1509 s.l.m.) Igor vuole sia misurato un gran nullo: 8.67. Non sa che un uomo sta per spingersi a 8.90 ma sa che la svolta sta per arrivare.
E così, nell’87, da commissario tecnico della CCCP, sfrutta la situazione e nella stazione sciistica di Tshakadzor, ancora Armenia, 1610 s.l.m., Robert Emmian, elastico come un giunco, tocca 8.86, record europeo duro da rodere.
Con un forte vento di coda, +4,4, Mike Powell centra al Sestriére, 2050 di altitudine, il più lungo salto ottenuto da essere umano, 8.99, undici mesi dopo la memorabile sfida di Tokyo: Powell 8.95, Cal Lewis 8.91w e 8.87 regolare. Quest’anno i Mondiali tornano a Tokyo. Sarà un caso?
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