I sentieri di Cimbricus / La sfrontata banda dei precoci
Martedì 11 Febbraio 2025
Lo sbarco delle baby e dei teen ager sta diventando un’invasione anche in Italia. A 15 anni e tre mesi Kelly Doualla è la più veloce europea di sempre sui 60. A sedici anni Alessia Succo ha stabilito il mondiale U-18 sui 60H.
Giorgio Cimbrico
La precocità affascina, preoccupa, a volte crea sospetti, dubbi. Raccontano che Wolfgang Amadeus Mozart a quattro anni, posate le manine sui tasti del cembalo, componeva danze piccole fantasie. Di lì a non molto si sarebbe cimentato in qualcosa di più impegnativo. Il padre Leopold non lo perdeva d’occhio.
L’ondata di precocità ha investito l’atletica e non solo: il giocatore che oggi sa offrire squarci assoluti di nitore e di bellezza è Lamine Yamal – papà marocchino, mamma guineana, catalano di Llobregat – in campo con il Barcellona a 15 anni e 290 giorni, campione d’Europa con la Spagna a 17 anni e un giorno.
In atletica lo sbarco delle baby e dei teen ager sta diventando un’invasione e l’Italia è in prima linea. A 15 anni e tre mesi Kelly Doualla – lombarda con radici di famiglia in Camerun (nella foto, informazione.it) –, è la più veloce europea di sempre sui 60, 7”19, a livello under 18 e la seconda italiana di tutti i tempi, alla pari con Marisa Masullo. Se gareggerà agli Europei di Apeldoorn tra poco meno di un mese, al fianco di Zaynab Dosso, sarà la più giovane ad aver vestito la maglia azzurra. Qualcuna è già pronta a risponderle: la trinidadegna Lisa Raye, 17 anni e 7”13, e l’americana Melanie Doggett, 7”17, classe 2011, da Atlanta, 14 anni ancora da compiere. Grazie ai prodigi della rete, è possibile rinvenire un’immagine di Melissa: una bambina.
A sedici anni la torinese Alessia Succo ha stabilito il nuovo record mondiale under 18 sui 60H, 8”07, strappandolo per tre centesimi a una francese, Cyrena Samba Mayela che con un titolo mondiale al coperto, un europeo all’aperto e un argento olimpico ha dimostrato che il talento giovanile può essere coltivato e non è solo una brezza passeggera.
La perugina Margherita Castellani, anche lei sedicenne, ha concesso solo un anno di vita al record italiano dei 200 di un’altra stellina azzurra, la bergamasca Elisa Valensin, oggi transitata tra le juniores con prestazioni di alto livello. Paragonato a questi virgulti, Mattia Furlani, vent’anni meno di una settimana fa quando è salito al vertice mondiale con 8.23, ha l’aspetto, la consistenza e i successi di un veterano. La collezione di prestazioni e di piazzamenti è già imponente.
L’ondata dei fanciulli prodigio non ha confini. L’anno scorso il quattrocentista virginiano Quincy Wilson conquistò la selezione nella squadra olimpica americana a 16 anni e mezzo, ebbe un posto nella semifinale della 4x400, che corse con il cuore in tumulto pagando duramente l’emozione. Sostituito in finale, ha comunque avuto la sua medaglia d’oro.
A tre settimane dal 17° compleanno l’australiano, di famiglia sud-sudanese, Gout Gout corre i 200 in 20”04 e migliora un record nazionale che resisteva da 56 anni: era il 20”06 che portò Peter Norman sul podio messicano dei pugni chiusi di Tommie Smith e di John Carlos. L’Adidas si è subito interessata al prodigioso ragazzo dall’accelerazione impressionate che è andato ad affinare l’arte in Florida, al fianco di Noah Lyles.
Ancora agli antipodi: Cameron Myers, di Canberra, a giugno toccherà i 19 anni: dai sedici in poi ha alleggerito un altro ex-ragazzo prodigio, Jakob Ingebrigtsen, dei record giovanili dei 1500, del Miglio e dei 3000 e sabato scorso, a New York, in fondo a una gara memorabile (Yared Nuguse e Hobbs Kessler sotto il record del mondo e, tra i nobili piazzati, Andrew Coscoran a migliorare lo storico record irlandese di Eamonn Coghlan) ha fatto il pieno: mondiale under 20 dei 1500, 3’32”67, e del Miglio, 3’47”48, uguagliando al centesimo anche il record australiano e oceanico nella distanza all’aperto.
La precocità non è un fenomeno nuovo, è solo un flusso di marea che va e ritorna. A 19 anni, nel ‘66, Jim Ryun mise le mani sui record mondiali degli 800 e del miglio e sei anni più tardi, a 16 e 4 mesi, Ulrike Meyfarth diventò campionessa olimpica di salto in alto uguagliando il record mondiale a 1.92 per ripetersi dodici anni dopo a Los Angeles stabilendo un altro primato, quello dell’intervallo più lungo tra la prima e la seconda delle vittorie ai Giochi e confermando che il talento adolescenziale può non sparire come un’effimera polvere magica. Non è sempre così, ma può capitare.
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