- reset +

Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





Duribanchi / Sull'ipocrisia si regge (da sempre) il mondo

Martedì 4 Febbraio 2025

 

hoboes 

“Solo Uno (con la maiuscola perché fu il più grande rivoluzionario della storia dell’uomo) ebbe il coraggio di definirli ‘sepolcri imbiancati’ e di spedirli a calci in culo fuori dal tempio. Risultato? Lo misero in croce.”

Andrea Bosco

Cinque austriaci, un bosniaco, un albanese e un italiano. Ne hanno arrestati otto, ma l’assalto era di almeno di una sessantina di ultras scatenati, tutti friulani. Reati contestati: blocco ferroviario, rissa aggravata, resistenza a pubblico ufficiale, utilizzo di artifizi pirotecnici (NdR: ipocrisia per non definirle bombe carta) e bastoni. I gentiluomini hanno fermato il treno sul quale stavano tornando in Laguna i tifosi veneziani dopo Udinese-Venezia.

Visto che i lagunari (che nella gara di andata avevano lisciato il pelo ai friulani alla stazione di Santa Lucia) non si sono rivelati “farina da far ostie”, sono scesi e la rissa è avvampata. I rei avranno un Daspo. Ma il silenzio della Federazione, del suo presidente Gravina (vai Gabriele che ti rieleggono per un terzo mandato: la FIGC come il Castel di Sangro), l’ignavia del procuratore federale Chinè, l’omertà delle Lega (ma anche in generale dei media) sull’episodio, è l’emblema dell’ipocrisia che sta avvelenando l’Italia.

William Hazlitt [1778-1830] fu un raffinato saggista inglese. Irriverente e dandy detestava gli intellettuali della sua epoca: ipocriti (secondo storico costume) come pochi. In “Table talk”, la cui traduzione recita (più o meno, ma in realtà è molto più di quanto non sembri) “Conversazione a tavola”. E visto che William era uno che non si “teneva” scrisse degli intellettuali che gli stavano sugli zebedei: “Tutte le persone incolte sono ipocrite”. Per far capire che non basta spacciarsi per “colti” per non risultare “incolti”.

Questo mestiere (per quanto ormai sputtanato) che ancora mi ostino ad esercitare (anche perché francamente non ho mai saputo fare altro e soprattutto perché, come spiegava un maestro della professione, “sempre meglio che lavorare”) consisterebbe soprattutto nel porre e porsi domande. Non lo fa più nessuno: le conferenze stampa post gara, nel calcio e nel basket, sono veri show dell’ipocrisia. Non va meglio a livello politico, dove l’attacco personale e l’insulto vengono spacciati per dialettica e dove le domande vere nessuno le pone. Per piaggeria, per timore riverenziale, ma in ispecie per ignoranza dei temi da trattare.

Oggi si vive di fakes, ma già Arnold Bennet (che era un uomo dell’Ottocento) ne “Il titolo” scriveva: “I giornalisti dicono una cosa che sanno non essere vera, nella speranza che se continueranno a dirla abbastanza a lungo sarà vera”. Quindi senza ipocrisia proverò a farle le domande. Consapevole che non avrò risposte.

Tolkien è di “destra”? Perché Tolkien e il suo “Signore degli anelli” sono così amati dalle Destre del mondo e così invisi alla Sinistra del pianeta? Scritta tra il 1937 e il 1945, pubblicata una decina di anni dopo, la trilogia dell’Anello, venduta in 150 milioni di copie con importanti risvolti cinematografici e commerciali, ha certamente una visione “separata” delle razze: gli Hobbitt di pelle bianca e gli Orchi di pelle scura. Ma ha anche una visione anti-capitalistica della società. Un ritorno alla purezza del passato. Che magari di puro mai nulla ha avuto. Ma il fatto che piaccia quel “passato” ad Arianna e Giorgia Meloni basta per farne un caso politico?

Politica e togheDomanda impertinente (rispondere senza ipocrisie, please): il dottor Santalucia, deus ex machina di “Magistratura Democratica”, in scadenza di mandato, resterà a fare il magistrato, diventerà avvocato o si candiderà in un partito politico, come ha fatto Nordio, attuale ministro della giustizia? Santalucia, custode della legge in nome della Costituzione, sta battagliando con il governo. Niente di nuovo: in discussione in Parlamento c’è la riforma della giustizia e chi si è azzardato a toccare i giudici in Italia si è arrostito sui fili elettrici delle inchieste.

Dal 1987 (da quando Craxi ipotizzò una responsabilità civile per i giudici) è stato un macello. I magistrati scioperarono in massa (scio-pe-ra-ro-no) contro la decisione dell’allora ministro della Giustizia Martelli e di Giovanni Falcone di istituire una Superprocura Antimafia. Attentato, urlarono andando in piazza quelli che con Mani Pulite contribuirono a distruggere – con una inchiesta mai vista – una intera classe politica (in prima fila, ospiti sulle reti Fininvest del demiurgo Funari, mentre le signore Marie d’Italia, pervase da sacra furia – a gettone – con lui urlavano: “Crucifige, crucifige, omo che se fa rege / secondo nostra lege contradice il senato”.

Nessuna di loro indossava come Jacopone il cilicio, ma il casino che ipocritamente facevano, dopo aver “banchettato” per decenni al desco dei partiti – loro, i loro mariti, i loro parenti e i loro figli (anche con strumentali calunnie) – presto si fece “terremoto e temporale”. Craxi pagò la fermezza-sgarbo di Sigonella fatto agli americani. Visto che di mezzo c’era un morto (un vecchio americano di origine ebraica) gli americani non lo dimenticarono. Poi ci fu l’avviso di garanzia a Berlusconi, allora premier, mentre presiedeva il G7 a Napoli. Poi fu il turno di Renzi, dei suoi parenti, dei suoi amici, colpevoli (con il referendum perduto che lo mandò a casa) di voler cambiare forma alla politica.

Ora tocca a Giorgia Meloni e al suo governo. L’idea dei magistrati (che gli ultimi sondaggi danno sotto al 30% nei consensi) è quella di “supplire” al potere politico. Inutile neghino: lo dicono i fatti. L’ipocrisia è quella che tra le due parti si possa trovare una cesura. Si dovrebbe, ma è difficile visto che sia la politica che la magistratura fanno a chi “ce l’ha più duro”. L’ipocrisia, grandissima, è quella che la Costituzione sia inviolabile. Ma i padri costituenti (che la licenziarono dopo mille mediazioni e mille riflessioni) la scrissero dopo 20 anni di dittatura e di oscenità fascista. Oggi quella Costituzione presenta dei vulnus: va rinfrescata. Non riscritta: i principi universali sono validi e sempre lo saranno.

Ma oggi mentre si corre ventre a terra verso l’intelligenza artificiale, quelle norme sono in parte obsolete. Quando la scrissero, i padri costituenti, mai avrebbero pensato di dover affrontare una biblica migrazione dal Sud povero del pianeta verso il Nord ricco ed emancipato. Mai avrebbero pensato di dover affrontare una crescente islamizzazione del continente europeo. Una delinquenza sempre più proterva che le leggi, promulgate in decenni di colpevole lassismo, hanno reso di fatto intoccabili quei delinquenti. Lo dice la cronaca. Mai avrebbero pensato di vedere realizzata l’intelligenza artificiale o il dispotismo dei tecnocrati del web. Mai avrebbero pensato che la società si sarebbe confrontata con le identità di genere. La Costituzione italiana ha le rughe. E si vedono.

I conti dell’Inter Potrei parlare per settimane di ipocrisia. Come chiamare quella dei media italiani che proprio non riescono ad occuparsi dei bilanci farlocchi dell’Inter? L’Inter non avrebbe potuto iscriversi anni fa al campionato. I suoi bilanci erano truccati, le sponsorizzazioni della famiglia Zhang, fasulle. Una serie di scatole cinesi (e che altro se no?) con società di comodo nei paradisi fiscali, là dove ancora giace sepolto probabilmente in qualche jungla il segreto di Lionrock, la misteriosa società al pari dei suoi (mai rivelati) investitori, iscritta e poi cancellata nel registro di qualche Isola, fallita per 150 milioni, mai reclamati da chi aveva investito.

Denaro opaco? L’Inchiesta di “Report” ha rivelato quello che anche le pietre, a Milano, sanno: la Covisoc ricevette inaudite pressioni per non appurare la natura di bilanci inesistenti. Pressioni a livello “politico”, a livello federale, a livello calcistico, a livello sportivo. Inteso come “quel” livello. Quello che ogni giorno regala pillole di saggezza a buon mercato e che è bravissimo in una cosa: la conservazione della poltrona. Sigfrido   ha spiegato di aver contattato un analista di una società specializzata di Londra, che le mani su quel poco di bilanci rintracciabili, le mise. Arrivando alla conclusione che la vicenda Parmalat (rispetto a quella dell’Inter) era una cosa da “dilettanti”.

Non competenti i media italiani? O solo ipocriti? O magari solo paurosi visto che al tribunale di Milano persino le donne delle pulizie tifano Inter? La vicenda è lurida. Ma la cosa più lurida è che secondo l’inchiesta di “Report”, la Federazione era al corrente di ogni cosa. Porquè? Cercare i nomi dei misteriosi investitori di Lionrock, l’origine di quegli investimenti e si avranno le risposte. Forse sconvolgenti.  

Il “bulgaro” GravinaMa questo è il calcio in Italia con le sue complicità. Gabriele Gravina è stato rieletto con maggioranza bulgara (candidato unico) per la terza volta alla presidenza della FIGC. Tradotto: scordarsi riforme epocali. I cacicchi che lo hanno eletto (con quasi il 99% delle preferenze) le riforme non le vogliono. Specie quella temutissima che porterebbe a una riduzione del numero delle partecipanti alla Serie A. Specie quella ancora più temuta di un approccio diverso alla elezione del presidente. Finché il calcio italiano sarà ostaggio della famigerata riforma Melandri con i dilettanti che pesano per il 34% dei votanti e i professionisti   che non arrivano al 15%, Gravina potrà – sponsorizzato da Abete (qui la storia sarebbe lunga e non sempre commendevole) – l’uomo che “decise di non decidere”, continuare a fare il “sultano” da qui all’eternità. “Protetto” dal “legionario” Beppe Marotta e sostenuto dai poteri forti Ceferin e Infantino.

Fossi De Laurentiis mi preoccuperei per il destino del Napoli. Lotito ringhia ma alla fine acconsente. Il Milan (sontuoso il suo mercato di gennaio, Felix potrebbe fare la felicità dei milanisti) balla in seconda fila. La Juventus è ormai una ameba priva di identità: prona a tutto e a tutti come nei desiderata del suo proprietario Elkann, insensibile persino alle fallimentari operazioni di mercato del suo direttore sportivo Giuntoli che ha esposto la società (tra giugno e gennaio) per oltre 200 milioni.

Juventus – Si è affidata a Thiago Motta che sta spulciando tutti i giocatori recalcitranti al suo modulo, più integralista di quello di Sarri. Chi non si acconcia al “compitino” è stato messo alla porta come Danilo. A giugno potrebbero essere giustiziati anche Gatti e Vlahovic. Ceduto alla Fiorentina anche uno dei rari italiani in rosa: Fagioli. Che magari a Firenze, come accaduto a Kean, esploderà. Come accaduto a Rovella alla Lazio e a Huijsen in Premier, ceduti in saldo e che ora costano un Perù. Stante il buco di bilancio a giugno facilmente potrebbero essere congedati Cambiaso, già oggetto delle mire del City, e Yildiz, la gemma più preziosa, ma sacrificabile per una offerta indecente.

In una sorta di “cupio dissolvi” il proprietario John Elkann ha provveduto a cancellare anche la più piccola vestigia della Juventus del detestato cugino Andrea Agnelli, l’uomo che contribuì a far vincere alla Juve 9 scudetti di fila. Oggi la Juventus è al quinto posto in classifica. Se non dovesse qualificarsi per la prossima Champion’s (per ora il posti nel ranking sono quattro) si avvierebbe al disastro. Considerato che il rispetto del fair play finanziario non le consentirebbe di ricapitalizzare ancora una volta. Una Juventus vicina al default farebbe realizzare il sogno di chi esplicitamente ha dichiarato che sarebbe interessato a fare il ministro dello sport per “distruggerla”. Vana ambizione: c’è chi sta da tempo – fuoco amico – provvedendo.

E il basket? – Quello nazionale non fa notizia. Pagine intere sulla trade Doncic (e annessi) e Davis (idem) tra Dallas e Los Angeles. Nel meraviglioso mondo della NBA si scrivono (come dappertutto) le regole, ma poi si aggirano. Una sola cosa sulla Reyer che sta nel mio sanguinante cuore veneziano: evitare di dire che le responsabilità per la disastrosa stagione della società del sindaco-patrón Brugnaro sono soprattutto dell’allenatore Spahija. E’ pura ipocrisia. Tante sono le responsabilità. Da quattro anni e mezzo la Reyer sbaglia tutto il possibile. Gli allenatori hanno le loro colpe. Ma gli altri? Esenti? Ma sull’ipocrisia si regge da sempre il mondo. Solo Uno (con la maiuscola perché fu il più grande rivoluzionario della storia dell’uomo) ebbe il coraggio di definirli “sepolcri imbiancati” e di spedirli a calci in culo fuori dal tempio. Risultato? Lo misero in croce. E’ una storia di 2000 anni fa. Ma non sembra accaduta ieri l’altro?

Fiumi di paroleIn ogni caso: che ci importa? Tra poco, inizia Sanremo, mica pizza e fichi, dove per una settimana (parola di uno che ci è stato per otto edizioni, una per un settimanale della Rizzoli, e sette per la RAI) tutto diventa relativo. Nel senso che tutto è fasullo: storie, amori, tradimenti, giurie, polemiche, plagi (veri o presunti), verdetti. Se cerchi di raccontare la verità, ti spiegano che meglio è intrattenere con pezzi “di colore”. E allora glielo servi il “colore“, sfruculiando Antonio Ricci che è un amico e di mestiere fa il “provocatore”. E una notizia (vera) te la concede, celiando, sempre. O magari prendendo per i fondelli (con garbo, non sia mai) la politica, giocando con le immagini e le parole se sul palco transitano i “Neri per caso“, e in platea ti ritrovi magari qualche “nostalgico“.

O magari chiedendo a Fazio che conduce il Festival di imitare Enzo Biagi che ha fatto venire l’ulcera al manovratore. Dove se ti indigni per il giudizio sprezzante su Springstein che canta degli hoboes che si spostano sui treni merci e sfotti il “giudicante“ rinfacciandogli un “Du du da, da, da”, ti arriva la reprimenda della sua casa discografica. Una settimana nella quale devi stare attento alle virgole. Perché se vai a Montecarlo a intervistare una “divina” ospite del Festival e all’uscita dall’albergo ti becca un paparazzo, ti ritrovi in copertina come “amante segreto di Tina”. E se poi tua moglie vede il servizio che hai realizzato seduto sul lettone delle “regina” (idea sua) diventa complicato spiegarle che quella roba è una bufala. Come il finto suicida che Pippo Baudo ingaggiava per movimentare le serate.

Per una settimana cazzate a go-go. “Fiumi di parole”. Qualcuno, tra la sorpresa generale, con questo concetto, vinse un Festival. Ancora stanno cercando le prove di come quella vittoria possa essere stata pilotata. Ma ipocritamente, non le trovano. Sanremo è Sanremo: a chi gioverebbe (eventualmente) trovarle?

 

Cerca