Duribanchi / Cosa vuol dire oggi essere ebrei
Martedì 28 Gennaio 2025
“Invisi alla destra fascista e neonazista, scontano anche l'odio dei Pro Pal che confondono il governo di Nethanyau con l'ebraismo. Con le motivazioni di sempre: controllano l'economia mondiale e si macchiano di crimini orrendi.”
Andrea Bosco
Domenica 26 Gennaio, anno del Signore 2025, è apparsa sul Corriere della Sera – nella rubrica di Aldo Cazzullo – una lettera firmata dal signor Antonio Ferrin (di Modena) che testualmente, tra le altre cose afferma: “Sono stufo del loro (degli ebrei, ndr) vittimismo oramai stucchevole e concausa del neo antisemitismo lamentato e alimentato proprio dalle loro lamentazioni, complice la rete potente dell'ebraismo mondiale. Ed ecco apparire ancora una volta la foto di Edith Bruck che fa il paio con quella della Segre, onnipresente con opinioni ripetute all'infinito”.
Afferma Ferrin di essere stato a Dachau “in tempi esenti dal battage propagandistico di questi anni e, di quell'esperienza, conserva memoria di tragedia umana di tutta l'Umanità. Finché si parlerà di Shoah come male assoluto e degli ebrei come uniche vittime, saremo ingiusti e capaci di reiterare non una, ma mille nuove Shoah“. Risponde Cazzullo, citando Bruck: “Voi ebrei, primo passo verso l'antisemitismo“. Resta lo sconcerto per il tono della missiva. Forse in nome della libertà di espressione andava pubblicata. Io lo confesso, l'avrei cestinata. Io non sono ebreo, ma ho fin da quando ero ragazzo , amici ebrei.
Sono un vecchio signore che ormai ha poco da chiedere alla vita e quindi i miei pensieri sono magari “politicamente scorretti“. Non mi curo delle critiche e neppure delle minacce. Non me ne sono mai curato. Provare avversione per una lettera simile non significa approvare la politica di Netanyahu. Significa avere la consapevolezza di cosa significhi essere ebrei. Essere stati ebrei. L'antisemitismo è un cancro che si è perpetuato nel corso dei secoli. Gli ebrei erano schiavi degli egiziani. Gli ebrei tacciati di “deicidio“ e perseguitati dai cristiani e dai cattolici. Mica solo in tempi remoti: fino al 1965. Quando il Concilio Vaticano promulgò la “Declaratio Nostra Aetate“ nella quale fu stabilito che il termine “deicidio“ non comparisse mai, affermando che la responsabilità della crocefissione di Gesù non era da attribuirsi ai soli ebrei ma a tutta l'Umanità.
Gli ebrei il loro “salvatore“ lo stanno ancora attendendo. A lungo gli ebrei furono ghettizzati. Mi duole dirlo, anche a Venezia, dove era presente un grande ghetto. Gli ebrei erano mercanti abilissimi. E la Serenissima Repubblica faceva affari con loro. Di ogni tipo: dai commerci marittimi, a quelli con l'entroterra, alle tipografie (a Venezia in una leggendaria stagione si stampavano tre quarti dei libri che circolavano in Europa), financo al finanziamento delle guerre. Ad una certa ora della sera il ghetto veniva blindato e agli ebrei non era consentito uscire. La storia del ghetto di Venezia è affascinante e tragica.
Shakespeare (con sentimento non precisamente comprensivo) ne scrive in modo sublime (la celebre “libbra di carne“ ne “Il mercante di Venezia“). Se c'è stato nella storia un popolo perseguitato questo è il popolo ebraico. E non solo dai nazisti, che ne sterminarono sei milioni, nella camere a gas. Ma anche i russi nell'ex URSS: persecuzione continuata ben dopo la fine della seconda guerra mondiale, infarcita di spregevoli menzogne. Invisi storicamente alla destra violenta, fascista e neonazista, gli ebrei oggi devono scontare anche l'odio dei Pro Pal che confondono il governo di Nethanyau con l'ebraismo. Con le motivazioni di sempre: sono ricchi, controllano l'economia mondiale, si macchiano di crimini orrendi. Così parlavano anche Hitler i suoi gerarchi.
L'ho già scritto: sono stato molti anni fa ad Auschwitz. Quella visita fu una lama nelle viscere. Ci andai con un collega. Uscimmo in silenzio. E per un'ora non riuscimmo a parlare. Non riuscivamo a guardaci in faccia. Perché “anche noi“ ci sentivamo “colpevoli“. Non so cosa abbia provato il signor Ferrin a Dachau. Ma “Il Giorno della memoria” non è “battage propagandistico“. Rimuovere il ricordo della Shoah, sarebbe un crimine. Tuttavia: dopo secoli di criminalità nei loro confronti, nonostante il tentativo di sterminarli e la volontà di troppi paesi (islamici) di “cancellarli dalla carta geografica“, gli ebrei non si sono arresi. E mai lo faranno.
Chiudo, prima dello sport, segnalando la rinascita (dopo 53 anni) della storica rivista La Biennale di Venezia. Affidata dal presidente Buttafuoco al collega Luigi Mascheroni, nel segno della “ricerca“. Termine impegnativo ma ricco di sfumature, pregresse e future. Il primo numero è dedicato al Lido di Venezia. Temo che non troverò notizie relative alle “canicolari“ alle Quattro Fontane, dove il vostro cronista ha tirato calci (e calcioni) per qualche estate.
SINNER SEMBRA STRIKER – Dunque Sinner è come il comandante Edward Ed Striker di “Ufo“, serie televisiva britannica degli anni Settanta. Ne fecero anche un film che uscì nelle sale. Il bravissimo critico cinematografico de La Notte diretta da Nino Nutrizio, che in poche righe commentava i film (il giornale era una bibbia per chi alla sera andava a Milano al cinema) tacitianamente scrisse: “Umani imbattibili, Striker immortale. Rientriamo: Ufo.
E così è Sinner che ha vinto in Australia per la seconda volta di fila. Adriano Panatta ha scritto che – in questo momento - semplicemente non è battibile. Più forte dei sospetti, più forte della WADA, più forte delle polemiche, più forte del gossip (anche una giornata al mare con la fidanzata ha fatto scandalo), più forte della Bild, giornale conosciuto per gli agguati sboccati con la bava alla bocca , più forte di quelli che : “Bravo, ma pagasse le tasse in Italia e non a Montecarlo“. Sinner: applausi, senza se e senza ma. Con l'auspicio di vederlo trionfare anche a Montecarlo e poi sull' erba inglese.
Fedrica Brignone è in forma strepitosa. E quindi sta vincendo e si sta piazzando ad ogni gara. Sofia Goggia è in forma: ma non abbastanza per battere l'eterna rivale. Ma la “valanga rosa“ sta bene. E la speranza è che la forma e la salute durino fino a Cortina 2026.
Champagne a Maranello per l'arrivo di Hamilton. Ora la Ferrari dia all'inglese pluricampione una vettura all'altezza: competitiva.
Calcio da svenire per il Napoli di Conte e l'Inter di Inzaghi. La Dea tiene ma non sembra avere i “cavalli” delle avversarie. Peccato che a Napoli ci siano i lividi De Luca e De Laurentiis che non perdono occasione per non smentirsi. E che a Milano ci sia il presidente del Senato La Russa che parlando dei “fattacci“ dell'Inter indagati da Report (trasmissione alla quale i vertici RAI vorrebbero metter la mordacchia). Sigfrido spesso è odioso, ma cari Vertici RAI, non si fa: quello non è solo conduttore e autore. E' anche vicedirettore e non abbisogna di tutor) ha parlato di bilanci che “risentono delle emozioni“. Un modo, forse, per dire “taroccati“.
Sulle altre, Juventus e Milan, velo pietoso. Visto che simpatizzo per la Juve segnalo che non solo Motta sembra inesperto. Anche Giuntoli pare lo sia, visto che (per Douglas, Koop e Nico) ha speso 143 milioni scambiando l'ottone per oro.
Basket: brava, bravissima e mille complimenti a Trento che sbanca il Taliercio. Zero complimenti a Spahija che nel terzo quarto azzarda un quintetto non presentabile che infatti perde tutto il vantaggio che gli “ altri “ avevano accumulato e alla fine si fa superare dai “boscaioli“ insuperabili a rimbalzo.
DRAZEN L’INFALLIBILE – Davvero un pessimo modo per onorare la memoria di Drazen Dalipagic, il serbo dalle mani fatate che con la maglia di Venezia, nella stagione 1987, stabilì il record di marcature in serie A1 con 70 punti infilati nel canestro di Bologna. A dire il vero nel 1964 contro Marina La Spezia, Sandro Riminucci, divinità delle “scarpette rosse” di Cesare Rubini ne aveva segnati 77. Ma era un'altra stagione. Soprattutto era un altro basket. Per dire, Riminucci tirava i “liberi“ da sotto come molti in quel basket facevano. Quel 25 gennaio all'Arsenale c'ero anche io. E Praja (come era chiamato) era semplicemente non contenibile. Aveva fisico (era 1.97), stazza, classe. Ma anche un rigore maniacale nell'allenarsi. Andai a vederlo: 200 tiri da fuori a ogni seduta. Le luci del Palazzetto le spegneva lui. Poi si fermava con i tifosi e i giornalisti. Dopo quella epica impresa la gente che ama la Reyer mise fuori dall'Arsenale un targa per ricordare l'evento.
Cinque anni fa se n'è andato Kobe Bryant in un incidente assurdo. Rammento che il dolore fu immenso. Anche chi non seguiva il basket sapeva chi fosse Kobe, messaggero del parquet. Mia figlia mi telefonò commossa e noi Bryant non lo abbiamo mai conosciuto. Kobe si muoveva leggiadro come una farfalla. Volava al ferro come faceva Jordan dal quale aveva copiato alcuni movimenti. Oggi c'è un giocatore che cerca di imitarli: Anthony Edwards dei Minnesota Timberwolves: in certe esecuzioni li rammenta.
Pierluigi “Pierlo“ Marzorati, premiato ingegnere, con la sua azienda ha messo mano ai lavori di restauro dello Stadio Ossola di Varese. Da quando non frequento più palazzetti e stadi, non sento più Pierluigi. Ho visto la sua foto sul giornale. E anche su di lui il tempo ha fatto il suo deprecabile lavoro. Eppure mi pare ieri quando una domenica mattina Aldo Giordani mi portò in Brianza a vedere un playmaker sbarbatello “con un primo passo che non si può tenere“. Tempus fugit. Auguri a Pierluigi per il suo impegno.
Finito? Per questa settimana, finito. La prossima? Se Dio vorrà.
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