Intervista / Francesco Ricci Bitti: "Rispettiamo la Carta Olimpica"
Venerdì 10 Gennaio 2025
L’organizzazione olimpica, uscita rafforzata dai Giochi di Parigi, nei prossimi mesi dovrà affrontare diverse scadenze, in primis l’elezione del nuovo presidente in sostituzione di Thomas Bach, al quale va riconosciuto il merito d'aver saputo fronteggiare un complicato periodo di transizione, bilanciando l’innovazione con la tradizione. Ma non soltanto. Di questo e di altri temi ne parliamo con il maggior dirigente sportivo italiano, per dodici anni alla testa delle Federazioni Olimpiche Estive, i cui contributi il presidente Bach intende riconoscere col prestigioso titolo di Membro d’Onore del CIO. Per il suo ruolo e la sua esperienza, nessuno meglio di Ricci Bitti potrà chiarire il “momento” che lo sport (anche italiano) dovrà affrontare nell’immediato futuro.
Gianfranco Colasante
1) L’anno olimpico si conclude con un bilancio più che positivo, sia sportivo che economico, fatto registrare dai Giochi di Parigi. Alla luce di questo innegabile successo, come si può leggere lo stato di salute del movimento olimpico, se non proprio la sua capacità di rinnovarsi a fronte di cambiamenti politici che si annunciano epocali?
I Giochi di Parigi 2024 hanno rappresentato una nuova frontiera per l’aspetto tecnicamente noto come “Fun Engagement” o, all’italiana, “della partecipazione” sia in loco che a distanza visti i numeri impressionanti di audience televisiva. Per gli addetti ai lavori, ottima anche la parte sportiva per le iconiche sedi di gara e lo svolgimento delle competizioni e solo buona l’area servizi per alcune misure di ottimizzazione volute dal CIO ma non ancora totalmente rodate. Il Movimento Olimpico esce da Parigi certamente rafforzato in termini sportivi, mentre resta prematuro prevedere l’evoluzione del quadro politico, specie se i maggiori conflitti in corso non troveranno presto una soluzione.
2) La decennale presidenza di Thomas Bach si chiude con l’assegnazione delle due prossime edizioni estive (USA e Australia) e delle due invernali (Italia e Francia). Una conferma che solo paesi dalle economie molto avanzate possono credibilmente aspirare ad ospitare la fiaccola olimpica?
La sostenibilità del Programma Olimpico sarà certamente un tema prioritario del prossimo futuro. Los Angeles 2028 con 36 sport va a mio avviso nella direzione opposta alla esigenza di avere Giochi più snelli almeno per numero di atleti, se non di discipline. La mia posizione ben nota anche se non ancora popolare, di considerare indilazionabile un serio dibattito sulla dimensione sportiva dei Giochi e sul processo di valutazione delle qualità organizzative dei candidati, deriva dalla diretta partecipazione alla commissione per la scelta di Brisbane 2032 e alla prima fase degli incontri per le edizioni 2036-2040. I candidati sono numerosi, ma oggettivamente esprimono in grande maggioranza una ambizione geopolitica non corredata dalla conoscenza della complessità e conoscenze necessarie all’impresa. Il quesito a cui rispondere molto presto è chiaro: quale modello organizzativo garantirà ai Giochi Olimpici di continuare ad essere il più importante evento multisport esistente?
3) Lo spostamento sempre più marcato della centralità sportiva verso la penisola arabica con l’enorme disponibilità economica che la favorisce, malgrado le riserve da più parti avanzate sulla “fragilità” dei diritti civili, può costituire un rischio oppure creare difficoltà alla pluralità del movimento olimpico?
Parlare di centralità mi sembra un po’ troppo, ma è indubbio che stiamo assistendo ad uno spostamento di interesse per il fenomeno sportivo, anche grazie a disponibilità economiche quasi illimitate, verso paesi diversi da quelli tradizionalmente dominanti del mondo occidentale. Certamente questo fenomeno comporta dei rischi, come la globalizzazione ha ampliamente dimostrato, specie per le differenze culturali, politiche e quindi la diversa considerazione per i problemi dei diritti civili e umani. La mia esperienza univoca è che è preferibile cercare di capire le ragioni di questi nuovi interessi e accompagnarli con spirito aperto e collaborativo piuttosto che ignorarli o osteggiarli in nome di valori già acquisiti dai paesi più moderni e avanzati. La organizzazione di eventi sportivi ha agito da fattore modernizzante e inclusivo in tanti paesi che un approccio ideologico avrebbe suggerito di evitare. Basta ricordare la Cina, più recentemente il medio-oriente e prima del conflitto ucraino il mondo post-sovietico, dove lo sport ha messo in diretto contatto realtà chiuse con altre più avanzate ed aperte generando evidenti e positivi progressi anche nella società civile.
4) A questo proposito, il CIO – alla pari dell’ONU – deve tenere assieme organismi nazionali con difformi sistemi di governo, tra democrazia e liberalismo da un lato, autocrazie quando non proprio feroci dittature dall’altro. Senza voler ricordare i numerosi conflitti in corso, basterà il richiamo agli abusati “valori dello sport” per metterlo al riparo da un futuro che si annuncia problematico?
Il CIO per essere universale deve essere inclusivo e quindi riconoscere ed ammettere modelli organizzativi nazionali molto diversi, il che comporta anche una certa flessibilità nella interpretazione della Carta Olimpica. Ciò diventa ancor più problematico in presenza di conflitti forse inspiegabili per molti, ma che stentano a trovare soluzioni pacifiche. I valori dello sport possono essere abusati a livello di comunicazione, ma è indubbio che rimangono uno dei rari elementi educativi, unificanti e facilmente comprensibili alle nuove generazioni, come ho potuto verificare di persona in due recenti occasioni diverse ma molto significative. L’atmosfera gioiosa e partecipativa del pubblico giovane a Parigi 2024 e l’impatto toccante sui ragazzi di un campo profughi in Giordania all’atto del coinvolgimento in attività sportive.
5) Tra qualche mese il CIO dovrà eleggere il suo decimo presidente. Sono sette i candidati, tra cui – per la prima volta – una donna. Uno schieramento da intendersi come fertilità del panorama sportivo internazionale oppure, come sostiene qualcuno, di debolezza o divisione?
Partirei da due grandi meriti della presidenza Bach. L’effettuazione dei Giochi di Tokyo e di Pechino in piena pandemia e la ulteriore espansione attraverso le Agende 2020 e 2020+5 della missione del CIO e della visione globale ben rappresentata dallo slogan “lo sport per un mondo migliore”. Ciò a significare che dopo una leadership forte e centralista, è fisiologico che non emergono candidature chiare per la successione e ciò spiega la molteplicità di aspiranti. All’interno di tale pluralità devo aggiungere una considerazione personale sullo stato del Movimento Olimpico. L’estensione della missione per rendere il CIO protagonista attivo nella società civile ha comportato un notevole impegno di risorse umane e finanziarie su temi rilevanti ma non strettamente connessi al “Core Business” che rimane l’organizzazione e il successo dei Giochi Olimpici. La presenza di ben quattro presidenti di importanti Federazioni Internazionali, al di lá delle probabilità di elezione, può essere interpretata come un richiamo a rimettere al centro le problematiche relative ai Giochi.
6) In tema di elezioni, si discute in questi giorni in Italia sul blocco dei “mandati elettorali”, secondo cui l’attuale presidente del CONI Giovanni Malagò dovrebbe a breve lasciare l’incarico. Una tempistica che riguarda anche il Governatore del Veneto Luca Zaia. Entrambi coinvolti nell’organizzazione dei Giochi del 2026. Come si valuta questa condizione dall’osservatorio di Losanna?
Per quanto riguarda le organizzazioni nazionali, la priorità per il CIO è salvaguardare la auto determinazione evitando ingerenze politiche e non i dirigenti che dovutamente eletti ricoprono le cariche direttive. Vale anche la pena precisare che la presidenza del comitato organizzatore di Milano-Cortina 2026 è indipendente dalle cariche del CONI. Sul limite dei mandati la posizione del CIO è chiara e favorevole, come fattore di buona governance, con l’indicazione in tre cicli olimpici del periodo di riferimento medio. Come studioso di governance sportiva sono personalmente allineato su questa posizione ed ho accolto con soddisfazione l’ultimo rapporto ASOIF che conferma come la larga maggioranza delle Federazioni Internazionali Olimpiche contempli una normativa sul problema dei propri statuti. È oramai una opinione comune che sono più i vantaggi delle controindicazioni pur tenendo conto di una qualche flessibilità in relazione alla dimensione e alla storia delle varie organizzazioni. A conferma delle mie convinzioni, ho provveduto ad aggiornare in tal senso gli statuti delle due ultime organizzazioni da me presiedute: ITF e ASOIF. In Italia invece, si è recentemente trovato il modo di estendere i mandati ai presidenti federali di lungo corso e in questo senso la dimenticanza del CONI ha ovviamente suscitato anche a Losanna qualche sospetto personalistico. Mentre rilevo che si continua ad ignorare la inaccettabile condizione di molti statuti federali che rende praticamente impraticabili candidature alternative ai leader in carica a meno di una loro rinuncia. Ironia della sorte, si tratta di statuti approvati nel tempo dal CONI come ente vigilante.
7) In questi giorni, a proposito di Milano-Cortina, durante un question-time in Senato, Matteo Salvini ha rivendicato al suo partito l’assegnazione delle Olimpiadi e la recente accelerazione dei progetti, con 17 cantieri aperti e più del 50% del budget impegnato o speso. Ma pare restino criticità per il completamento dei lavori. Può dire se in sede CIO c’è qualche preoccupazione?
Come spesso succede ai politici molto attivi nella comunicazione, questa versione è solo parzialmente vera. Se va ricordato il fattivo supporto alla candidatura di tre importanti attori istituzionali come Fontana, Giorgetti e Zaia, occorre anche sottolineare che l’assegnazione dei Giochi Invernali 2026 fu l’ultima basata sul confronto elettivo tra i contendenti e la vittoria di stretta misura sulla Svezia, va ascritta in generale alla credibilità del sistema sportivo italiano non ancora attenuata dagli ardori riformatori ed in particolare dai buoni uffici dei dirigenti italiani e delle loro relazioni con i membri votanti del CIO. Venendo al presente, l’osservatorio di Losanna, è caratterizzato da attitudini diverse ma giustificate dai fatti. Un cauto ottimismo per i progressi del comitato organizzatore nella preparazione sportiva dei Giochi, ma nessuna illusione per quanto riguarda il completamento delle due opere infrastrutturali indicate nel “bid book” e di grande importanza per i collegamenti di Venezia e Cortina e Milano e la Valtellina. Ma questa è una grande occasione perduta dall’Italia e solo una complicazione logistica per i Giochi.
8) In precedenti suoi interventi aveva sollevato con insistenza il problema della definizione dei compiti e delle responsabilità degli enti derivanti dalla legge di riforma di fine 2018 (Dipartimento governativo, Sport e Salute, CONI/CIP) come elemento essenziale per l’attuazione di deliberazioni così significative per il sistema sportivo italiano. Sono passati sei anni: qual’ è il suo giudizio?
Come ho già avuto modo di osservare in passato nonostante la buona volontà di molti protagonisti, non mi sembra di registrare progressi sostanziali. Le linee di indirizzo dei vari enti, se esistono, dovrebbero essere, come riferimento fra tutte le componenti del sistema dalle società sportive alle federazioni, pubbliche e trasparenti. È il caso dell’Inghilterra, paese che conosco, ed è comparabile al nuovo sistema italiano. Sono invece noti i contributi erogati ai vari enti per le rispettive attività operative, contributi che, se non correlati a compiti delegati, risultano del tutto discrezionali. Si assiste ad una evoluzione dell’impatto di certi organi direttivi quasi inerziale con conseguenze non positive sia in termini operativi che di percezione. Il CDA di Sport e Salute dispone di mezzi sicuramente abbondanti ma il patrimonio di conoscenza sportiva a disposizione non sembra altrettanto adeguato. In senso opposto, il Consiglio Nazionale del CONI, da parlamento dello sport italiano, mi sembra ridimensionato ad organo di ratifica e celebrativo. Andrea Abodi conosce bene la materia ed è animato da buone intensioni come dimostra la sua recente intervista in tanti punti assolutamente condivisibili come: la semplificazione della giustizia sportiva, l’ammodernamento degli stadi di calcio, il controllo amministrativo sui club professionistici. Ma come si dice in gergo “voliamo ancora molto alto” e forse sarebbe tempo di mettere le mani a qualche intervento chiarificatore sulla organizzazione nel rispetto della Carta Olimpica e dei grandi risultati dei nostri atleti di vertice. È auspicabile che la prossima assemblea elettiva del CONI rappresenti in ogni caso la fine di un periodo di incertezza caratterizzato da schermaglie e personalismi poco utili all’efficienza generale del sistema.
9) Restando in Italia, da mesi i riflettori sono accesi sul “fenomeno” Jannik Sinner con la sua esposizione mediatica che in ambito sportivo non ha precedenti, ma anche con accenni critici avverso l’imminente giudizio per doping della WADA. Dall’alto del suo ruolo e della sua esperienza nel tennis, come valuta l’intera situazione?
Da quando gli amici australiani e l’ITF mi offrirono la possibilità di assistere di persona ai due primi grandi successi di Sinner – la Coppa Davis e gli Australian Open –, espressi immediatamente la certezza che l’Italia avesse trovato un protagonista assoluto nel panorama del tennis mondiale e per tanto tempo. La stagione passata ha confermato questa facile previsione se si considerano i risultati eccezionali nonostante la disavventura, se così si può definire, del caso doping. Non ricordo in molti anni di presidenza ITF un atleta coinvolto in situazioni simili performare a tale livello a dimostrazione di una forza mentale fuori dal comune. Mi auguro che tutto si risolva positivamente tenuto conto che non siamo di fronte ad un caso di doping intenzionale, né a livelli tali da incidere sulle performance. Non mi sento però di mettere WADA sul piano degli accusati conoscendo molto bene dopo 17 anni di militanza nel comitato esecutivo le dinamiche dell’Agenzia mondiale. WADA è un organismo normativo e di controllo e si trova a coordinare processi disciplinari di vari enti come le agenzie nazionali (NADO) e le Federazioni Internazionali individualmente o collettivamente tramite la ITA. Nonostante il riferimento sia un documento da tutti riconosciuto eccellente, sia giuridicamente che scientificamente come il Codice, che viene inoltre rivisitato ogni biennio per incorporare i progressi del sistema, i comportamenti degli enti disciplinari di primo grado, non sono sempre gli stessi anche in presenza di casi analoghi. Ciò crea confusione nell’opinione pubblica e consiglia talvolta all’Agenzia a fare appello anche solo per fugare potenziali sospetti. Sono necessari passi avanti nella prossima edizione del Codice per rispettare la maggiore sofisticazione dei laboratori di analisi fissando soglie di tolleranza minime che consentano anche di superare il principio della responsabilità oggettiva.
10) Ci risulta che in occasione del Summit del CIO dello scorso Dicembre, Thomas Bach nel ringraziarla per la sua ultima partecipazione come Presidente ASOIF, ha annunciato la proposta alla prossima Sessione di Marzo della sua nomina a Membro d’Onore del CIO. La sua reazione ad un riconoscimento tanto importante?
Rimanderei ogni commento a dopo la Sessione. Sono ovviamente grato al Presidente e al Comitato Esecutivo del CIO e devo ammettere che mi hanno toccato le parole di motivazione di Thomas Bach che ha generosamente definito il mio contributo al Movimento Olimpico come costruttivo e utile a molte decisioni. Ho sempre ritenuto i riconoscimenti importanti, ma espressione del passato, mentre quello che consente di sopravvivere a questa età è la opportunità di trasmettere ad altri le esperienze vissute nel mondo appassionante, ma sempre più complesso dello sport internazionale.
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