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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





I sentieri di Cimbricus / Soldi, soldi, soldi: ultima frontiera

Martedì 7 Gennaio 2025

 

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Come va cambiando lo sport, oggi governato dal denaro che piove da arabi, cinesi, indiani, indonesiani, fondi d’investimento, aziende calzaturiere e di abbigliamento, sponsor delle più diverse sponde merceologiche. E domani?

Giorgio Cimbrico

Parliamo di soldi, cominciando da chi escludeva questo “combustibile” diventato la prima fonte di energia dello sport. Lord Burghley, marchese di Exeter, si rivolta nella tomba, un esercizio che il vecchio aristocratico deve praticare da tempo. D’accordo, lui era un privilegiato, nato da una famiglia che aveva fornito a Elisabetta il più importante dei consiglieri.

Viaggiava in Rolls, aveva vinto la medaglia d’oro nei 400H ad Amsterdam 1928, organizzato le austere Olimpiadi del 1948, guidato la IAAF e tentato la scalata al vertice del CIO, con un’ammonizione che si rivelò fatale, alla fine fatale soprattutto per lui: “Se andate avanti così, finirete ricoperti di etichette pubblicitarie”.

Burghley era contro quella piccola cifra – sette dollari al giorno – che veniva corrisposta agli atleti per “mancato guadagno”, non vedeva di buon occhio il “dilettantismo di Stato” dei paesi dell’Est. Per lui lo sport doveva essere praticato per il piacere di praticarlo. La favola stile “Il Principe e il Povero” di amicizia con Luigi Facelli, in gioventù soffiatore di vetro, perfezionava il ritratto: i ricchi, i privilegiati possono anche mostrare raggi di umanità. Qualcuno lo chiamava paternalismo.

I poveri resti del marchese si agitano di fronte a uno sport governato dal denaro che piove da arabi, cinesi, indiani, indonesiani, fondi d’investimento, aziende calzaturiere e di abbigliamento, sponsor delle più diverse sponde merceologiche, federazioni sportive che godono di eccellenti entrate o che viene prodotto, al ritmo di moto perpetuo, dalle grandi corporazioni americane. Il mondo è burla, dice Falstaff. No, il mondo è denaro.

Ma quel che più turba l’eterno sonno di Burghley è l’ingresso incalzante di denaro sulla pista e sul campo, track and field traducendo fedelmente dall’inglese, la lingua di un altro lord che non può vantare la stessa profonda storia della schiatta dei Cecil: Sebastian Coe.

E’ stato Coe, prendendo in contropiede il CIO e molti colleghi di altre federazioni olimpiche di peso, a decidere di premiare una medaglia d’oro con denaro sonante, 50.000 dollari, e promettendo che nel 2028, a Los Angeles, a godere del beneficio pecuniario saranno tutti e tre gli occupanti del podio.   

Subito dopo, si è mosso Michael Johnson fondando la Track League, imperniata su quattro appuntamenti, stile Major del tennis. Nessun salto, nessun lancio, solo corse e corse ad ostacoli tra Racers, le teste di serie, e Challengers, gli sfidanti. Hanno aderito in tanti, specie americani e antillani. Il montepremi è importante, superiore ai 10 milioni di dollari.

Dal quartier generale di Monte Carlo parole diplomatiche (Coe: “E’ un bene che l’atletica attiri investimenti”) ma anche la necessità di correre ai ripari, nel caso che i quattro meeting vadano a interferire con la stagione della Diamond League, sostenuta dal conglomerato cinese Wanda.  

Ed ecco il raddoppio dei premi per alcune competizioni (due maschili e due femminili per ciascun meeting, quattro per le finali) che avranno appiccicato l’adesivo di plus (si pronuncia plas, naturalmente…) e prevederanno il raddoppio dell’assegno o del bonifico on line.

Poco prima, il parto dell’Ultimate Championship (ultimate in inglese ha il significato di “indiscusso” …) da tenere negli anni pari senza Olimpiadi e aperto, senza contingenti nazionali, a campioni olimpici, mondiali e vincitori della Diamond League. Anche in questo caso, ricchi premi.

Soldi per tutti, una cornucopia che sparge anche sul più giovane della tribù dei campioni possibili e molto probabili, 17 anni qualche giorno fa: 6 milioni di dollari, più inevitabili bonus, per Gout Gout che in realtà pare si chiami Guot Gout, il sud-sudanese del Queensland che dopo 56 anni ha migliorato il record australiano dei 200: 20”04 contro 20”06 del povero Peter Norman. A un anno dalla maggiore età viene “assistito” dall’Adidas che, in una lotta eterna, vuole rispondere a chi, la Puma, intravvide il talento adolescenziale di Usain Bolt.

 

 

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