Fatti&Misfatti / Mamma mia, ecco che ci risiamo
Martedì 3 Dicembre 2024
“Prendi un premio, che non si dovrebbe scordare mai come il primo, provi a scappare, anche se trovi badanti che già lo erano quando credevi di avere il mondo in una penna, la stessa che secondo il malvagio, è stata anche una pena.”
Oscar Eleni
Nel labirinto della stazione romana Tiburtina, aiutando i compagni di viaggio a non maledire proprio tutti i 200 cantieri incompleti che aspettano i giubilanti in mezzo a tanti maledicenti con gli occhi dei leoncini appena nati in Tanzania. Ci vorrà tempo per metabolizzare la giornata nel tempio del palazzo acca, Malagò regnante, con il caro amico Di Tommaso, ciambellano di corte abile e arguto capace di alleviare ogni pena.
Prendi un premio, l’ultimo che non si dovrebbe scordare mai come il primo, provi a scappare anche se devi camminare col bastone, anche se trovi badanti che già lo erano quando stavi bene e credevi di avere il mondo in una penna, la stessa che secondo il malvagio, è stata anche una pena.
Cacio e pepe ascoltando i racconti del Nicola Roggiero che alla Voce trovò il porto di quiete per piangere alla fine insieme a Montanelli, felice che sia stato premiato nello stesso giorno dell’altra cestomante Cicchine, contenti che sia stato spalla meravigliosa su cui appoggiarsi e magari piagnucolare, grato e gratissimo, come diceva il killer Luca Brasi nella festa cinematografica del Padrino dove era stato invitato e dove voleva rendere omaggio alla sposa.
Gratitudine estesa a fratelli per trincee meravigliose, l’Augusto Frasca che doveva usare la frusta, la spada, il buon senso per tenere a bada la ciurma di inviatelli sbarbatelli, il Sandro Aquari quattrocentista che ne ha viste davvero tante nella sua vita alla ricerca di verità e amicizie vere. Ci siamo goduti il pranzo dopo aver nascosto quasi tutto nella cerimonia. Ti prepari per raccontare una vita, una passione, ma il tempo tiranno, come sempre, esattamente come le pagine di giornale che non si allargavano anche su tu “pisciavi” tre colonne quando magari ti avevano chiesto una breve.
Volevamo omaggiarli tutti –, direttori, capi redattori, colleghi –, volevamo raccontarla quella vita che in 60 anni stava dentro la targa dorata che ci stavano consegnando, che Malagò, con la solita cortesia, senza speranza di poter essere aiutato dal vecchio arnese per una riconferma lassù dove si puote e si percuote, ci stava donando alla fine di una giornata dove premiavano giovani talenti, scrittori che speriamo diventino veri. Ci sarà tempo per bere mela accarezzata dallo zenzero nella sala d’attesa del Frecciarossa, ci vorranno giorni per capire se vale la pena portare altri ad una festa privatissima, se ha senso raccontare quello che nel dormiveglia sembrava un racconto magnifico, ma che poi, nella realtà, è diventato un incontro del terzo tipo con chi premiava, con chi applaudiva, con chi sperava che il bastone sorreggesse davvero e non diventasse arma contundente.
Maledetto il fuoco che ancora circonda il corpo cadente, maledetto il tempo che non si ferma, maledetto quel traguardo che vedi così vicino dove vorrebbe portarti l’amico Joe Black, come nel film che stranamente la televisioni rimanda da settimane come se non sapessimo cosa c’è alla fine di quella che sembra una festa, ma in realtà è soltanto una bella guerra per schivare le mine e fingere che tutto è andato bene, che sei stato comunque bravo.
Quando è arrivato il momento per l’ultimo brindisi lasciando Aquari davanti al cancello della clinica dove dovevano togliergli i punti lasciandogli nel cuore, il suo grandissimo cuore, un aiutino sincero, ci sentivamo perduti. Il risveglio nell’incubo provocato dalle medicine è stato comunque gioioso sentendo che era contento per quel premiolino anche Giorgio Cimbrico, uno che meriterebbe cento premi veri alla carriera dedicata alle sue vere passioni, alle stupende visioni, uno che ha preferito la sua terra, la sua gente, il suo mondo alle baggianate che si sentivano in giro, rinunciando a tante cose per difendere quello che gli piaceva, lo rendeva libero e felice, aiutando e risparmiando all’inclita la figuraccia aiutandolo a correggere anche se vedendo strafalcioni come quello del grande giornale su Churchill lo ha finalmente convinto a scrivere qualcosa anche per noi prendendo spunto dal polo e aiutando ultima legione a sentirsi felice.
Non avete creduto al sarò breve, trappola di ogni riunione al momento del prologo, ma torniamo al motivo di questo incontro per gli amici baskettari nella settimana dove le nostre regine di coppa ci hanno fatto piangere e sospirare. Eravamo felici di aver ritrovato un Messina quasi contento di applaudire anche putanadas variadas visto che il sacco di Istanbul stava mandando nei matti l’allenatore del Fener, convinti che Banchi avrebbe strappato le catene che tengono insieme una squadra incompleta e sbagliata quasi come quella di Milano.
Aspettando il treno per Roma, sfogliando le maledizioni della notte, leggendo il giornale prima dell’imbarco fuori orario, cari amici sarà anche alta velocità ma gli operatori restano gli stessi e anche chi li governa, ci è venuta voglia di urlare a tutti: Mamma mia ci risiamo. Eh sì. La Virtus si è fatta del male da sola esaltando la grande giornata di Poeta e di Brescia, l’Armani ha fatto anche peggio perché Tortona sarà anche stata baciata dalla dea dispettosa che ha regalato palloni leggeri come piume da infilare nel canestro mal difeso dei campioni d’Italia, ma accidenti andare sotto anche di 20 punti davanti ai sacramentanti del Forum è stato davvero troppo e non veniteci a dire che la quasi rimonta li ha fatti perdonare.
Giornata grama per chi pasticciando sul tavolo delle decisioni irrevocabili pensa già che la NBA debba impadronirsi del basket europeo, soprattutto adesso che i giocatori, furenti per calendari che spaccano muscoli e menti, più accomodanti quando queste fatiche vengono ben pagate, decidono di fare proprio come nella NBA dove non tutte le partite contano, scegliendo dove fare peggio. Lunedì letterario per capire le sconfitte come quelle delle due francesi, il Villeurbanne non ci è mai piaciuto ma Parigi era davvero una bella novità, le cadute delle squadre tedesche e il Bayern ci sembrava la rivelazione dell’anno per merito di un grande allenatore, trovando una scusa per fingere di capire le due grandi nemiche di Spagna un Real che sembra volersi liberare dell’allenatore un Barcellona che forse lo farà anche prima questo divorzio dal tecnico che si è preso sulle spalle il blu di una maglia sdrucita.
Poi c’è stato il minuto di silenzio per le due italiane, cadute come le nobili colleghe non certo in partite difficili, sicuramente in campionati dove possono permettersi di giocare male, anzi malissimo. Alle pagelle e ai remi come direbbero i figli dei duri banchi:
• 10 A Lou CARNESECCA che a Roma nel suo storico clinic ci ha portato la fede, che nei nostri viaggi a New York ha sempre trovato il modo per aiutare il giovane viandante e quasi connazionale, felice lui di avere origini a Pontremoli, e noi di farglielo ricordare, felice di insegnare e di farti applaudire se entravi alla palestra di St John’s per vedere un allenamento con l’italiano Baldi alla ricerca di se stesso.
• 9 A DE RAFFAELE che sa davvero come prendersi vendette con quella Milano che spesso gli ha sbarrato la strada anche se la sua Venezia ha brindato sul Bucintoro per scudetti che sono storia. Con Tortona sta costruendo una casa che già ha basi solide se pensiamo che pure i ragazzi delle Next Generation fanno bene.
• 8 A PEPPE POETA per aver trovato la strada giusta in una vita dedicata al basket che non poteva finire a margini del campo. Con BRESCIA può mettere insieme tante cose, ricordando i grandi maestri che lo hanno aiutato, i momenti in cui il suo basket era vita gioiosa.
• 7 Al Giovanni VERONESI di SASSARI che come ci ricordano le pagelle magiche della Prealpina ha dato slancio alla SASSARI che almeno a casa sua ha ritrovato fede, costanza e carità per giocare come dovrebbe fare sempre la squadra di SARDARA e MARKOVIC.
• 6 A TRENTO e TRAPANI che stanno al vertice della classifica, ma su GALBIATI e REPESA mai avuto dubbi.
• 5 Al Boscia TANJEVIC che nella magnifica intervista al DOMENICALE ha regalato gratuitamente consigli a chi dovrebbe governare il basket. Lo aveva già fatto prima di sentirsi dire che avevano altri progetti, lo ha fatto tante volte vincendo anche l’Europeo o regalandoci Caserta e Trieste. Dovrebbe invitarli a Canossa, altro che aiutarli a capire quello che non capiranno mai.
• 4 Al CAMPANA appena ritrovato che sembra sfinito per questa battaglia contro mulini a vento della politica mai sportiva. Troppo facile dire sono stanco o consolare altri malati come noi per poi annunciare una probabile resa.
• 3 Al TIRO da TRE vero veleno del basket di oggi, maledetto da PETERSON e TANJEVIC, purtroppo non maledetto abbastanza dal genio che ora pensa di inserire anche il tiro da 4.
• 2 A LANZARINI arbitro che a TRAPANI ha sicuramente interpretato bene il regolamento che riguarda gli spettatori della prima fila, privilegiati, certo, non con il diritto di fare cinema, ma cacciare il presidente della società rivelazione gli darà armi per peggiorare il suo rapporto con l’ambiente e il mondo che non lo conosceva, con danni per tutti. Severi ma giusti, avete ragione, ma accidenti questo è un assist diabolico.
• 1 Al VALLI che con passione si è buttato nella difficile operazione salvezza di una NAPOLI che ha perso la magia dei giorni in cui vinceva la coppa Italia. Non basterà San Gennaro, servirebbe un vero Maradona dei canestri.
• 0 A SCAFATI che ha messo ala porta NICOLA, terzo allenatore caduto nell’inverno del nostro basket. Speravamo che un grande ex sul campo trovasse la luce che non vedeva a TREVISO. Niente. Lui, coma CALABRIA e MILICIC dovranno sedersi nell’angolo dei disoccupati. Peccato.
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