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Duribanchi / Tutto e' violenza perche' tutto e' permesso

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Martedì 26 Novembre 2024

 

meridionali 

“Le guerre sono l'essenza della violenza. C'erano anche in un passato non tanto remoto. E Indocina con i francesi sloggiati da quelle terre. Più vicini a casa: l'infinita guerra tra Israele e gli arabi. Tutti, nessuno escluso.”

Andrea Bosco

Viviamo in un mondo circondato da una estrema violenza. La storia spiega che è sempre stato così: lotta per la sopravvivenza. Ma oggi, nelle società liberali e permissive, tutto quanto grava sulle nostre vite e sulle nostre coscienze (anche se a volte sembra che su queste ultime, nulla possa ormai gravare) ci appare insopportabile. Rimpiangiamo il passato, dimentichi, di quanto fosse anche quello violento. Le guerre sono l'essenza della violenza.

C'erano anche in un passato non tanto remoto, quello dell'adolescenza di chi scrive. Corea, poi Vietnam. E Indocina con i francesi sloggiati da quelle terre. Più vicini a casa: l'infinita guerra tra Israele e gli arabi. Tutti, nessuno escluso. Oggi almeno non tutti attaccano Israele. Anche se a dire il vero allora non incombeva l'Iran. Che il Papa ha lodato (e non si capisce perché: per la nomina di un cardinale?) ma che a parere di scrive è l'essenza del peggio. Non per una questione ideologica (nessuno al mondo può dare lezioni al prossimo), ma perché oggettivamente è così.

Anche se poi quel bizzarro organismo chiamato ONU, ha assegnato all'Iran (paese che uccide le donne e i gay e dove la teocrazia che lo governa ha inventato la “polizia morale“) la presidenza della commissione per i diritti umani: un ossimoro. Come dire: Dracula presidente dell'AVIS. Non c'era la guerra in Ucraina e non c'erano le violenze della Russia: c'erano quelle dell'URSS. In Europa (Ungheria, Cecoslovacchia, Polonia) e in Afghanistan. L'URSS che postando missili a Cuba, quasi innescò la Terza Guerra Mondiale, poi disinnescata nei modi conosciuti.

Violenza sulle donne e sugli omosessuali. Violenza tra bande giovanili (c'erano anche allora, si chiamavano Teddy Boys, Hollywood se ne occupò in numerosi film, il più celebre “Gioventù bruciata“ con il tormentatissimo James Dean). Manifestazioni violente? Chi ha vissuto il terrorismo delle Br, con amici e colleghi massacrati, reputa la violenza di piazza odierna, cosa da educande. I celerini picchiavano di brutto, mica si scansavano. E i manganelli di allora sfasciavano le teste e le costole. Si okkupava e si gridava “Yankees go home“, perché, ieri come allora, l'idea rivoluzionaria affascinava. Se le democrazie non fossero state insulsamente bigotte (quella italiana più delle altre), forse il ‘68 avrebbe preso una piega differente.

Se non fossero state negate le libertà individuali e sessuali, se gli operai fossero stati (anche allora) pagati meglio. Se chi aveva troppo si fosse accorto anche di chi non aveva. Eppure c'era stato il neorealismo in Italia che aveva fatto scuola nel mondo. Governi e Chiesa, istituzioni locali e oligarchie finanziarie, hanno avuto immani responsabilità. Non c'era, è vero, una immigrazione selvaggia. E i perseguitati erano gli ebrei, che erano stati gasati nelle camere a gas dai nazisti.

Ma c'era la migrazione interna: dal Sud del paese verso il Nord industrializzato. E nella Milano socialista si appendevano cartelli con su scritto: “Non si affitta ai meridionali“. Una parabola illustrata da Luchino Visconti in “Rocco e i suoi fratelli“. Vedere il finale di quel film mette i brividi: dove oggi c'è una città (per dirla con Adriano) prima c'era l'erba: il grande prato che delimitava la grande fabbrica di automobili.

Non voglio farla lunga. Tutto è violenza, perché tutto è stato permesso: tutto calpestato, svenduto, tritato. Nel nome del profitto. A spese dei più fragili.

Il sindaco di Milano, Beppe Sala, ha spiegato che potrebbe comprare lo spazio della Mura (ci volevano fare uno stadio) per realizzare un grande parco. Ottima idea: un polmone verde a Milano servirebbe come il pane, visto che (e non accadeva dagli anni Settanta) in città è tornata la nebbia. A causa dell'inquinamento.   Personalmente non sono uno sfegatato ambientalista. E quando leggo che al G di competenza la Cina è stata definita “paese in via di sviluppo“, mi sono messo a ridere, per non piangere. La Cina è il più grande “inquinatore“ del pianeta. E gioca nello stesso girone dell'India e degli Stati Uniti. Per dire, l'Europa milita nella serie B. l'Italia tra i dilettanti. Dice: ma il riscaldamento globale? I gas serra incidono certamente. Ma è il pianeta che si sta evolvendo. E' già accaduto. La grande glaciazione è avvenuta senza che in funzione ci fosse una sola ciminiera. Il Diluvio Universale, senza una sola industria attiva.

Raramente mi trovo a convenire con Sala: ma stavolta potrei applaudire. A patto che Sala (al pari di noi tutti) non si volti dall'altra parte per la più grande delle emergenze tra le violenze: la povertà degli invisibili. Ne ha scritto con passione Giangiacomo Schiavi sul Corriere di Milano. In questo modo. Ben oltre le code per un piatto di minestra nelle mense della solidarietà: “la solidarietà che non si riscatta più lavorando, con i salari inadeguati al costo della vita, la povertà che limita gli accessi ai circuiti del benessere, e cresce nel vuoto lasciato da quello che si è perduto: la casa, la salute, la famiglia, una istruzione, persino il senso di appartenenza alla stessa società e alla stessa città“.

Se le code delle povertà si allungano e in Via Montenapoleone (la più costosa del mondo) si affitta a 20.000 euro al metro quadrato, qualche cosa non funziona più. Siamo ripiombati nel Medioevo dei duchi e dei servi della gleba. Di questo si è discusso a Milano in Triennale: le povertà di ieri e quelle di oggi si sono incrociate. Con Al Bano e Roberto Vecchioni. Con Stefano Boeri archistar del Bosco Verticale, luogo per “ricchi“ se uno ce n'è, ma uomo per cultura e inclinazione, attento al sociale. Con la sociologa Chiara Saraceno che ha spiegato cosa significhi fare il pendolare a Milano. Che non è la medesima cosa che farlo a Londra. E poi il presidente di Fondazione Cariplo, Giovanni Azzone, il presidente di Vidas, l’ex direttore del Corriere della Sera Ferruccio de Bortoli, Elisabetta Soglio, altra collega responsabile di “Buone Notizie“ nel quotidiano di Via Solferino.

In prima fila la Fondazione Pellegrini (“quel“ Ernesto Pellegrini, l'ex-presidente dell'Inter che ha fondato “Ruben“, il ristorante dove i poveri possono sfamarsi pagando un euro) che al sindaco Sala ha proposto di unire le forze tra privato e pubblico. Tutti, per quanto possiamo, aiutiamo. Magari con una busta anonima, una tantum, lasciata in Santa Maria delle Grazie, accanto al Cenacolo Vinciano. Ma non basta. Serve di più. Da parte di tutti. Anche perché ci vuole poco ad incrociare la violenza delle povertà. E a ritrovarsi in miseria. Ultimi, magari, dopo aver a lungo militato nei gironi di eccellenza.

Gaza è un vulnus. Ma nel mondo ci sono tante Gaza. E senza andare lontano anche nelle città italiane, anche nella sfavillante Milano, persino sotto ai portici di Piazza Duomo, ti puoi imbattere negli ultimi. Le metropoli come la New York descritta da Henry Miller in “Max e i fagociti bianchi“: l'immonda Carcassonne dove ad ogni ora del giorno ci si sbrana. In attesa che un “uomo“ esca fuori dalle mura e “soffi“ per abbatterla. Per dirla con Miller: “Punto. Punto fermo.“

 

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