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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

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Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
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Osservatorio / L'autunno freddo dello sport italiano

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Giovedì 31 Ottobre 2024

 

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A fronte di un Giovanni Malagò uno e trino (fino a quando?), le elezioni che si tengono nelle Federazioni dimostrano quanto nello sport italiano l’immobilismo di uomini e programmi regni sovrano. Sarebbe utile e interessante capire il perché.

Luciano Barra

La stagione sportivo-agonistica dello Sport Italiano sta ormai per chiudersi. Mancano solo gli ultimi fuochi d’artificio di Sinner (a cui Parigi proprio non porta bene). È stato un anno di successi. Dispiace vedere che mentre nel resto del mondo questo è il momento in cui si scelgono – in maniera molto democratica, con votazioni, i campioni dell’anno – da noi questa tradizione non esiste. Impazza invece il toto elezione per rinnovo delle cariche.

Ma non tanto per quanta riguarda le elezioni delle Federazioni, dove l’immobilità regna sovrana, causa la totale staticità del sistema in atto dall’inizio degli anni 2000. Vediamo essere rieletti Presidenti – in molti casi con maggioranze bulgare – al quarto, quinto, ed oltre, mandato. Meriterebbe analizzare cosa è accaduto in questi ultimi venti anni e di chi è la responsabilità di questa mancanza di ricambi.

Ovviamente tutto ciò ha causato gli stessi automatismi ai vertici dello sport italiano. A conti fatti da 12 anni esiste un dominus assoluto: Giovanni Malagò. Tanto assoluto che l’unico dibattito esistente non è su chi potenzialmente gli può succedere, vista la sua attuale ineleggibilità, ma se possa essere cambiata la legge perché lui rimanga un altro quadriennio. Mi astengo di dissertare sui potenziali successori di Malagò, anche perché il panorama è da deserto dei tartari, causa i venti anni di conservatorismo a livello federale. Ovviamente io ne vedo uno che si staglia in maniera evidente. Non ne faccio il nome per non danneggiarlo.

La tesi per cui il Governo dovrebbe cambiare la legge e permettere a Malagò di rimanere un altro quadriennio è fortemente basata sul fatto che l’Italia nel 2026 organizza i Giochi Olimpici Invernali Milano/Cortina (tralascio il ridicolo riferimento ai Giochi del Mediterraneo di Taranto, che Dio ce ne incolga). Questo perché Malagò, sempre a causa della pochezza della dirigenza sportiva, è riuscito a cumulare su di se in questi anni tre cariche: Presidente del CONI, Membro del CIO e Presidente della Fondazione responsabile dell’organizzazione dei Giochi 2026.

Nella storia dei Giochi, salvo una eccezione, mai un dirigente aveva avuto la possibilità di cumulare le tre cariche. C’è stata una sola accezione. A Rio de Janeiro 2016 dove ciò è accaduto a Carlos Nuzman. Quanto sia poco raccomandabile che ciò possa avvenire è indicato dal fatto che Nuzman dal 2017, quindi un anno dopo i Giochi, è stato defenestrato dalla Presidenza del Comitato Olimpico Brasiliano ed inquisito per corruzione nell’assegnazione dei Giochi, riciclaggio di denaro, evasione fiscale. Ed ovviamente ha dovuto anche dimettersi da membro del CIO. E dopo essere stato circa un anno in prigione Nuzman è stato condannato nel 2021 a 30 anni di carcere. Nuzman ovviamente è ancora libero di ricorrere nei diversi gradi di giudizio a questa sentenza della Corte Federale di Rio de Janeiro.

Ovviamente Malagò, allo stato dei fatti, non corre i rischi di Nuzman ma credo che l’esempio brasiliano avrebbe dovuto consigliare di evitare il cumulo delle tre cariche. Il fatto permette di gridare a tutta una serie di contrasti d’interesse su cui non è necessario dilungarsi, tanto sono evidenti. Nel nostro caso i fatti criminali di Rio de Janeiro 2016 non sono esistenti, ma la necessità di seguire i diversi difficili aspetti organizzativi dei Giochi Olimpici sta completamente distraendo il CONI da tutti gli altri compiti istituzionali. Al punto che un presidente federale appena rieletto ha etichettato il CONI come un “morto che cammina” (13 settembre scorso, Corriere dello Sport).

Ho conservato l’opuscolo edito da Malagò al momento della sua prima elezione del 2013 intitolato “Un Nuovo Modello per lo Sport Italiano”. Non ho né la voglia né il tempo per analizzare quanto scritto allora e quanto fatto. Ma meriterebbe.

Ma possibile che al momento di nominare un presidente della Fondazione Milano/Cortina non ci fosse un’altra soluzione? Alcuni mesi fa – dopo Parigi 2024 – ho scritto della bravura di Tony Estanguet, giovane ex-atleta della Canoa, tre ori olimpici, che ha presieduto Parigi 2024. In Francia avevano già avuto la tradizione di Jean Claude Killy, anche lui tre ori olimpici, e presidente di Parigi 2024. Ora la Francia si è vista assegnare i Giochi Invernali del 2030. Sapete di chi si parla come Presidente? Martin Fourcade, 5 ori olimpici nel Biathlon. L’attuale Primo Ministro Francese Michal Barnier fu Co-Presidente del Comitato Organizzatore dei Giochi di Grenoble 1968 (affiancò Jean Claude Killy poco più di ventenne).

Ma possibile che in Italia tutto questo non sia possibile? Nei miei anni al CONI ho avuto modo di conoscere ex atleti, come Manuela Di Centa ed Alessandra Sensini, che come medaglie e come capacità non sono meno dei tre campioni citati. Per non parlare di dirigenti sportivi oggi nell’industria, nella finanza ed in altre attività imprenditoriali del Paese.

Il rischio di fare il presidente del Comitato Organizzatore dei Giochi Olimpici è un alto rischio da cui un dirigente avveduto come Malagò avrebbe dovuto astenersi, soprattutto perché ciò invece di essere un vantaggio per lo sport italiano potrebbe risultare una trappola pericolosa.

Per chiudere in maniera faceta mi piace ricordare due esempi di presidenti di Comitati Organizzatori del passato che pur non cumulando le tre cariche, come fa Malagò, pagarono in maniera pesante il ruolo ricoperto. Il primo fu Popov, onnipotente dominus dei Giochi di Mosca 1980 e dello Sport Sovietico. Rammento che un anno dopo i Giochi, nel 1981, andammo con Nebiolo al Cremlino ad incontrarlo e per ottenere da lui il suo placet nel cambio delle regole del dilettantismo nell’atletica (allora ad ogni atleta non poteva essere versato più di 5 dollari al giorno).

Popov accettò di buon grado la nuova proposta che introduceva il concetto dei Trust Founds, confermando quanto fossero “napoletani” i Sovietici quando si parla di denaro. Poi prima di andar via disse a Nebiolo: “Presidente, devo dirle che la prossima volta che verrà a Mosca non mi troverà più qui. Infatti grazie all’ottimo lavoro fatto per i Giochi Olimpici di Mosca 1980 il Governo mi nominato Ambasciatore.” Andando via per soddisfare la mia curiosità chiesi all’interprete (il famoso Paolo Zorin che assisteva tutte le delegazioni italiane in Unione Sovietica). “Ma dove è stato assegnato Popov” e lui mi disse “Ad Ulan Bator, in Mongolia”. Meglio di Nuzman, ma il rischio sussiste.

Il secondo episodio riguarda il potentissimo Kim Un Yong. Ma è troppo lungo da raccontare e quindi lo conservo per un’altra volta.

 

 

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