Duribanchi / Lettera ad una interlocutrice distratta
Martedì 22 Ottobre 2024
“Al cittadino repelle un mondo senza regole che si è prostituito alla globalizzazione. Asservito ad interessi economici, politici, sociali dove i cittadini sono azzannati da una magistratura che si è fatta Stato nello Stato.”
Andrea Bosco
Gentile presidente del Consiglio, Giorgia Meloni: è colpa sua. Se si ritrova nello stagno melmoso di un provvedimento contestato dalle opposizioni, addirittura affidato all'Europa, la colpa, lo ripeto, è sua. Dopo due anni di governo, tra impicci vari (come accade a tutti i governi), nonostante le gaffes dei suoi più stretti collaboratori, il suo consenso rispetto alle elezioni politiche e persino a quelle europee, è addirittura aumentato.
Confermata dai sondaggi, lei, signor presidente, avrebbe potuto fare, l'unica prioritaria cosa: la riforma della giustizia. Prima della discutibile (e a mio parere, sbagliata) autonomia differenziata, prima di un premierato (mal concepito e con ogni probabilità irrealizzabile), prima degli ukase sui rave party, prima dei centri in Albania per i migranti, prima di occuparsi di guerra in Ucraina e di guerra in Medio Oriente, prima della candidatura di Fitto, prima del suo (ex) parente Lollobrigida che fa fermare i treni, prima della telenovela Sangiuliano, ammaliato da una pompeiana, lei avrebbe dovuto occuparsi della giustizia.
Che in Italia è nelle mani di magistrati ideologizzati. Intendiamoci: ci sono leggi che fanno letteralmente schifo e che andrebbero riscritte. Nonostante la pretesa intangibilità della Costituzione. Che, a lungo, è stata “la più bella del mondo”. Ma che è stata scritta (dopo millanta mediazioni) in tempi lontani. E che oggi andrebbe rinfrescata. Ci sono cose nella Costituzione italiana che non rispecchiano (più) le necessità del Paese. Fu una carta costituzionale scritta bene, da eccellenti menti di ogni orientamento politico. Ma che la scrissero dopo una tirannia durata venti anni e una devastante guerra, sfociata in un fratricida conflitto civile.
La Carta ha ancora la sua validità. Ma non può e non deve essere un monumento che nessuno può sfiorare. Lei sbaglierebbe, presidente, a ritenere che il nodo principale sia la mail di quel magistrato sostituto procuratore della Cassazione, aderente a Magistratura Democratica, che l'accusa di essere “più pericolosa di Berlusconi: un pericolo al quale dobbiamo porre rimedio“. Lei sbaglierebbe a ritenere lo sia l'azione della magistrata patavina che ha bloccato (ancora prima che i migranti finissero in Albania) la sua azione di governo. Sbaglierebbe a ritenere che il problema sia la perseveranza di certe procure per le pregresse azioni di Berlusconi, passato ormai al giudizio dell'Onnipotente.
Sbaglierebbe a ritenere che il problema sia la vicenda di Toti in Liguria o quella di Salvini braccato dai giudici di Palermo. Queste sono vicende a latere. Il suo vero problema, signor presidente, è come la gente, in Italia, ormai percepisca la giustizia e la magistratura. Gli italiani non ne hanno più fiducia. Ai tempi di Tangentopoli i giudici erano padreterni: Di Pietro una star. Oggi i giudici sono detestati: nessuno offrirebbe un caffè a Santalucia. Oggi i tribunali sono visti con terrore. Il discredito che ammanta i magistrati è palpabile: ignorarlo significa portare il Paese ad un punto di non ritorno.
GIUDICI … – I cittadini sono sconcertati da giudici che rilasciano ogni tipo di delinquente, per le motivazioni più assurde: disturbi mentali (la più frequente), minore età (idem), incapacità di inserirsi nel tessuto sociale, status di migranti (persino in “difficoltà climatica“). Ladre seriali, perennemente (anche per venti anni di fila) gravide che in carcere non ci vanno. Abusivi di ogni tipo che occupano case. Stupratori che vanno ai domiciliari. Magari dopo aver ammazzato le donne che “amavano“. Bande che accoltellano chiunque passi per strada, per un cellulare, per delle cuffiette.
Una ragazza che uccide e sotterra i suoi due neonati e che viene affidata alla famiglia (che del suo duplice stato di gravidanza neppure si era accorta). E poi i “condoni“ fatti per i furbi che hanno evaso e che se la cavano con una multa. E poi le manifestazioni violente pro questo o quello che “non si possono vietare“: ma si può vietare, viceversa, la mobilità dei cittadini. Il sacrosanto diritto di andare dove si vuole e quando si vuole. Di tenere aperto un negozio senza il timore di vederlo devastato.
Di questo, signor presidente del Consiglio, lei dovrebbe preoccuparsi. Separazione delle carriere? Tecnicismi. Faccia, signor presidente del consiglio, una riforma totale. Si riducano una buona volta i gradi di giudizio. Che in Italia sono tre. Salvo la possibilità di ricorrere, alla fine, al Consiglio di Stato. E' così che i processi in Italia durano anche venti anni. Due gradi di giudizio: primo grado e appello, bastano e avanzano. Se si vuole davvero applicare la giustizia. Se poi si vuole interpretarla, allora si è simili agli arbitri di calcio.
Vari una riforma della giustizia che preveda pene per i magistrati che sbagliano, signor presidente del consiglio. Come avviene in qualsiasi altra professione. C'è gente che è andata in galera per mesi, per anni, per decenni e poi è risultata innocente. I giudici che sbagliano devono essere giudicati per i propri errori. Non possono risultare legibus soluti. Troppi giudici fanno politica. Se vogliono farla, hanno il diritto di farla: si dimettano e si candidino. Troppi giudici reputano come quel Davigo che “non ci siano innocenti: solo colpevoli che l'hanno fatta franca“.
Ma troppi giudici, di converso, reputano che la galera sia un istituto iniquo e inutile. Troppi giudici (al pari di troppi politici) vorrebbero una “non giustizia“. Non si può governare con il metro del Tribunale dell'Inquisizione. Ma neppure con il metro di Matteo (5,10): “Beati i perseguitati a causa della giustizia, perché di questi è il regno dei cieli“. Col dovuto rispetto per la parola dei Vangeli, si vive sulla terra.
La certezza della pena dovrebbe essere la base, in una democrazia. Unicuique suum (a ciascuno il suo) è un aforisma del diritto romano ispirato a Cicerone (“De natura deorum“) e a Giustiniano e alle sue “Istituzioni“.
Al cittadino repelle un mondo senza regole che si è prostituito alla globalizzazione. Asservito ad interessi economici, politici, sociali dove i cittadini sono azzannati da una magistratura che si è fatta stato nello stato. E che potendo esercitare nel nome delle leggi qualsiasi tipo di protervia, in realtà ne esercita solo qualcuna: a discrezione individuale. Codicilli e pandette: tessere e distintivi. In un oceano di leggi e di norme. Spiegava Tacito (Tacito chi?) negli “Annali“: “Corruptissima repubblica plurimae leges“. Nella somma corruzione della cosa pubblica, infinito è il numero delle leggi. Diritto è una parola svuotata di significato, ormai. Come spiegava Oscar Wilde: “Quando il diritto non è la forza, è il male“.
…E ARBITRI – Rapidamente Sinner che oggi è il tennista più ricco del mondo: numero uno, lontano migliaia di punti dal numero due (Alcaraz) alla faccia della WADA. Poi la Ferrari: prima e seconda negli USA, Leclerc e Sainz: roba da non credere. Per il mondiale piloti è tardi, ma per quello costruttori lo spazio ancora c'è. Poi Bagnaia che Gran Premio dopo Gran Premio sta consegnando il titolo al più costante Martin: non sempre si può vincere. Poi Luna Rossa che rispetto a New Zeland è ancora alle aste. Poi un pensiero alla sfortunata surfista italiana che è stata infilzata da un pesce spada: le statistiche sono lì per essere (tragicamente, stavolta) smentite.
Il calcio con le sue ipocrisie e i suoi orrori. La verità? Il problema vero sono gli arbitri, vale a dire i giudici. Che si sono costruiti un protocollo ad hoc per salvaguardarsi le terga. Non i calciatori e neppure il gioco. La categoria che si è auto-salvaguardata con regole assurde. La VAR “spionistica“ è solo uno strumento (magari in mano a gente che lo strumento usa male). Sono le regole scritte con i piedi da gente che il calcio non lo conosce, il problema. Regole che vorrebbero calciatori privi di braccia, interventi sempre in smoking e con scarpette di vernice. Ma neppure basterebbe.
Cosa deve fare un calciatore (tipo quello del Milan in Milan-Udinese) se non ritrarsi per cercare di evitare il contatto con il suo avversario che deliberatamente lo va a cercare? Nulla di diverso, avrebbe potuto fare. Solo prendere alla fine a calci nel sedere l'arbitro che lo ha espulso e che si è giustificato dicendo: “Ho applicato il regolamento“. Appunto: un regolamento infame. Si era speso il capo degli arbitri Rocchi davanti alle telecamere di SKY dopo una giornata horribilis per gli arbitraggi. Come se non si fosse presentato: a tre giorni di distanza, altro giro, altri regali: peggio di prima, peggio di sempre.
Il problema? Il problema è che i Marinelli ancora, impunemente, arbitrano. Del resto se arbitra uno come Massa (era da espellere Cristante per il fallo da ultimo uomo su Thuram, rosso, solo rosso), tutti possono arbitrare e fare scempio del calcio. In ogni caso, questo calcio fatto di giro palla esasperato, di schemi, di tattica, di occupazione degli spazi, ha stancato. E' oggettivamente non guardabile. Ci sono squadre abilissime in difesa. Nessuno conosce il valore del portiere della Juventus, Di Gregorio: perché nessuno contro la Juventus riesce a tirare in porta. Da inizio campionato ha preso un solo gol, su rigore. Noia mortale. Ravvivata solo dalle chiacchiere da bar dello sport dei talk, che discettano sull'aria fritta per ore, per giorni, per settimane. Mentre Gravina briga notte e giorno per essere riconfermato alla presidenza della FIGC. Gattopardi di tutto il mondo: unitevi! Ah: ci sarebbero le inchieste sulle curve malavitose di Inter e Milan. Ci sarebbero le inchieste sulle plusvalenze delle società che hanno operato (sostiene l'accusa) illecitamente. Avviso ai naviganti: stanno insabbiando tutto.
EL TORNADO – Altro scempio sul parquet di Milano da parte dell'Olimpia, contro lo Zalgiris: oltre venti punti, scialacquati. “Vergogna – ha detto Messina – etiam ego devo vergognarmi“. Vero: sconfitta non giustificabile. Infine, la Reyer: risorta a Pistoia, ancora con gente incerottata, ma attaccata alla flebo della speranza. Non ho molta fiducia nel basket di Spahija. Ma oggettivamente, con l'infermeria ancora piena, il suo lavoro, al momento, non è giudicabile. Buona, l'ultima: se avrà un seguito.
In settimana le ragazze di Mazzon hanno vinto in rimonta in Eurolega contro le stangone (una era di 2.08) di Valencia. Gran squadra la Reyer femminile che ha la francese Berkani (uno scricciolo chiamata “El Tornado“ che tira dagli spogliatoi come fa Curry), ha la “modella“ Kuier, ha la sua stanga serba (1.95) Strankovic, ne ha altre, ha (in evidente recupero) la “scienziata del parquet” Santucci. E poi ha Matilde Villa. Che ha messo due spalle da scaricatore di porto, segno che ha lavorato duramente in palestra. Oggi non la sposti quando va a canestro. Oggi è diventata un play che fa girare la squadra e che una decina di punti li mette sempre. Gioca più o meno venti minuti su quaranta. E fa bene Mazzon a gestirla, pur consapevole che una come Matilde, 30 nel paniere avversario sarebbe in grado di metterli contro chiunque. Ora (so cosa significa vedere il tuo corpo cambiato dagli allenamenti, le tue cosce che non entrano più nei jeans: il fatto diventa psicologico) la speranza è che dopo aver acquisito in esplosività, Villa non perda in scioltezza. Era una farfalla, oggi è diventata un falco.
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