- reset +

Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





Duribanchi / La donna che sconfigge la guerra

PDFPrintE-mail

Martedì 20 Agosto 2024

lysistrata 

Il mondo è brutto e violento. Lo era anche prima. Ma almeno non ti sparavano il peggio in tempo reale: dalle guerre ai disastri climatici, dalle malattie agli orrori quotidiani che terrorizzano i cittadini. C’è un rimedio?

Andrea Bosco

Cosa resta delle Olimpiadi di Parigi? Uno sarebbe propenso a pensare che i record, le medaglie d'oro, le vittorie, i trionfi, le gioie, le sofferenze, le emozioni avessero il sopravvento. Una volta andava così. Ma da tempo le Olimpiadi sono solo un pretesto per fare politica, dissenso, discriminazioni. Da tempo sono un enorme circo al servizio del business.

E infatti chi parla del record di Duplantis? Chi della vittoria di Tebogo? Chi della straordinaria esibizione del Sud-Sudan nel basket? Chi dello spettacolare percorso del nuotatore francese che ha rinverdito le gesta di Phelps ? Chi di una finale dei 100 piani dove tutti i partecipanti hanno corso sotto i 10 netti? Si potrebbe continuare. Quello che interessa neppure è l'oro delle straordinarie pallavoliste italiane: non il loro oro interessa, ma le polemiche tra un generale furbacchione che ha capito come usare i media e una atleta italiana, nata da genitori africani.

E sulla scia di una insulsa ùdiatriba alla quale i media complici, danno costantemente spazio in un ideale ring, lo scontro tra vannaccisti ed egonuisti (ma che schifo di neologismi ha prodotto) che coinvolge la destra-destra, la destra moderata, la sinistra riformista, la sinistra-sinistra. Il parlamento è chiuso, i politici sono al mare o in montagna: insomma dovrebbero godersi le vacanze. Ma non possono: abbarbicati a quella prolunga oscena che ormai perseguita tutti noi, vale a dire lo smartphone.

Lì, dentro alla realtà virtuale si combattono aspre contese. Che dal confronto Vannacci-Egonu si allargano allo Ius soli. Chi nasce in Italia da cittadini stranieri, dovrebbe essere riconosciuto come italiano. Ma in Italia, una legge (che non ha fatto questo governo, va rammentato, ma che questo governo non intende cambiare) prevede ci vogliano 10 anni per ottenerla la cittadinanza. Dice il destro moderato: chiamiamolo Ius della scuola e prevediamo un percorso di 8 anni. Eh no, eccolo il sinistro-sinistro: meglio 5 anni.

E così sulla scia delle Olimpiadi, lorsignori che di queste cose dovrebbero occuparsi in Parlamento, fingono di occuparsene da una spiaggia o da una montagna. Ben sapendo che tra due settimane alla ripresa dell'attività politica i temi in discussione saranno altri: il caro vita, la verminosa questione dei balneari, le carceri zeppe di detenuti (e di suicidi), l'evasione fiscale (si scopre che i ristoratori dichiarano mediamente 15.000 euro di incassi l'anno, che neppure è una menzogna, è verosimilmente una turpe presa per i fondelli), la legge finanziaria da approvare a fine anno, il debito pubblico che continua a galoppare in un paese dove i partiti usano il denaro pubblico come un bancomat.

E dove ancora (due volte in tre mesi) c'è chi come Totò e Peppino fabbrica denaro fasullo. In Italia piace discutere sul nulla: su Imane la pugile algerina, medaglia d'oro al testosterone, che ha querelato pezzi da novanta come Musk per le affermazioni discriminatorie sulla sua sessualità. Piace discutere se Massimo Boldi possa o meno esternare la sua ammirazione per Giorgia Meloni. E piace dissertare sulla risposta di Meloni, che – essendo accusata giornalmente dalla sinistra di ogni tipo di iniquità – altrettanto giornalmente replica più o meno adeguatamente.

Il paese non è “serio”. Ci sono in Italia 5 milioni di poveri, tuona un collega che si definisce liberale e contemporaneamente “vecchio comunista”. I poveri in Italia sono tanti: troppi. Ma le cifre ISTAT sono sballate. Basta andare in giro per convincersene. E non solo perché i ristoranti (che secondo statistica, ripeto, dovrebbero incassare 15.000 euro l'anno) sono sempre zeppi di clienti. Ma perché oggettivamente la miseria, oltre che reale sembra “percepita“ e veicolata. Quasi come i morti in Palestina o i chilometri conquistati in terra Russa o Ucraina dai contendenti: numeri che cambiano a seconda di chi li divulga. L'informazione è diventata un problema serio. Visto che ormai esula da qualsiasi tipo di controllo. Sul web appaiono le cose più stravaganti. E ormai anche i quotidiani e le televisioni più serie (o che tali dovrebbero essere) si sono webizzati (altro schifo di neologismo).

Era inevitabile che le Olimpiadi nulla avrebbero insegnato. Del resto, se in Italia, i giornali corrono dietro a Vannacci, in Francia presto (anzi, ora) dovranno correre dietro ad un Macron che dovrà fare i salti mortali per formare un governo. Il mondo è brutto e violento. Lo era anche prima. Ma almeno non ti sparavano “il peggio“ in tempo reale: dalle guerre, ai disastri climatici, dalle malattie (ora sta avanzando il virus delle scimmie), agli orrori quotidiani che terrorizzano i cittadini.

Nessuno sa come fermare le guerre: l'orrore della morte assurta a condizione esistenziale attraverso la violenza. Guerre che si trasferiscono nella quotidianità, anche in luoghi dove nessuno le ha dichiarate. Se un tredicenne accoltella un quattordicenne, a causa di un like messo sotto alla foto della fidanzatina contesa, significa che il “seme delle violenza“ ha messo radici. E per estirparlo non basteranno i buoni propositi, i buoni consigli, le buone leggi, una “legalità“ sempre dichiarata e mai veramente perseguita. Se ci sono giudici che riducono della metà la pena di un assassino che ha ucciso (scambiando tra l'altro la persona) su commissione, significa che la legalità è morta e l'arbitrio ha preso il sopravvento. Anche nelle aule di giustizia.

Volete far terminare le guerre? Leggete il bel saggio di Simone Beta edito da Carrocci, “La donna che sconfigge la guerra“. Tempo presente: Lisistrata, l'eroina inventata da Aristofane racconta la sua storia. Che ogni liceale conosce (o dovrebbe conoscere). Guerra del Peloponneso: da venti anni Atene e Sparta si combattono ferocemente. Fino a quando a Lisistrata non viene una idea: lo sciopero del sesso. Se gli uomini continuano a farsi la guerra, le donne devono negare loro il piacere sessuale, a costo di negarlo a se stesse.

Le donne, spiega Lisistrata, “devono rinunciare al cazzo“. Lisistrata è una pacifista. Ma oggi nella stagione gender avrebbe qualche difficoltà ad imporre il suo pensiero. Andata in scena ad Atene nel 411 a.C., la “Lisistrata” fu oggetto nel corso dei secoli di tagli, censure e stravolgimenti con quegli uomini che Lisistrata aiutata dalle compagne ateniesi e spartane lascia “a pinco ritto“. Come spiega il filologo Beta, esistono versioni cinematografiche e teatrali della storia. Come il musical di Garinei e Giovannini del 1958 con Delia Scala e Nino Manfredi dove i contendenti non erano Atene e Sparta ma, in tempi di guerra fredda, USA e URSS.

Duribanchi, ora si prende dieci giorni di ferie. Ci si risente – agli dei piacendo – a settembre.

 

Cerca