I sentieri di Cimbricus / Parigi '24, l'Olimpiade dei record
Martedì 13 Agosto 2024
“Parigi ne è uscita bene ed è andata a segno la celebrazione dell’anniversario della Olimpiade del 1924. E, in parallelo, spenti i timori di un paese ospitante in difficoltà. Anche se il futuro pare affidato alla triade Cina-Giappone-Corea”.
Giorgio Cimbrico
La piscina era lenta, la pista era veloce, la Senna era sporca, la maratona era la più dura che si fosse mai vista, una specie di classica del Nord, più aspra ancora che la temuta Boston, il circuito a Montmartre nella prova del ciclismo su strada riportava a tante inchieste di Maigret.
Parigi ha usato le sue quinte storiche, quelle del Grand Siècle, quelle “Pompier” del secondo impero e l’architettura che trent’anni fa era avveniristica della Défense. Scene teatrali perfette, sfondi, monumenti famosi. Molto usato Les Invalides. Napoleone ispira sempre. Parigi ne è uscita bene ed è andata a segno la celebrazione dell’anniversario della grande Olimpiade del 1924. E, in parallelo, sono stati spenti i timori di un paese ospitante affetto da una leggera zoppia.
La Francia ha raccolto molto. Specie negli sport di squadra e deve eleggere a simbolo della sua partecipazione e della sua collezione un gigante nero, Teddy Riner e due tolosani: prima Antonie Dupont detto “Faccia di pietra”, che si è convinto, pare anche con l’appoggio presidenziale, a intraprendere la via veloce del Rugby a 7, diventando il protagonista decisivo della finale contro i campioni uscenti delle Fiji. Poi, sempre dalla capitale pirenaica, ha fatto il suo ingresso in scena Luc Marchand, tolosano trapiantato in Arizona, allenato da Bob Bowman, l’uomo del miracolo Phelps, capace di affinare il talento di questo giovanotto fino al formidabile pomeriggio in cui gli è riuscita la difficile accoppiata rana/farfalla.
Imprese che hanno acceso l’entusiasmo, che hanno fatto sì che anche con biglietti dal costo elevato, stadi e arene fossero sempre segnate dal tutto esaurito. La partecipazione del resto del mondo è stata certo sensile, ma l’apporto dei francesi sempre più emozionati, sempre più orgogliosi, è stata determinante per una ininterrotta serie di incassi formidabili: sufficiente pensare che solo il Rugby a 7 ha visto un pubblico di 500 mila persone.
È stata l’Olimpiade di collezionisti e dei record: uno lo ha segnato il lottatore cubano Mijain Lopez Nuñezche dopo aver evitato la diaspora di tanti sui connazionali, ha superato, con cinque successi di fila, sempre nella stessa categoria di peso, i poker di Al Oerter e di Carl Lewis. E a sette ori, distribuiti in tre edizioni, è giunta la pagaiatrice neozelandese Lisa Carrington che ha cosi eguagliato il record di un’antica ginnasta sovietica, Larissa Latynina
Il dilemma sul colore della pista “made in Alba” (lavanda o viola?) è stato spazzato via dai giorni dell’atletica che hanno portato in molti casi a una riscrittura degli archivi storici e a una ridefinizione del concetto di “gara più bella della storia”. È il caso dei 100 metri (doppio 9”79 e Marcell Jacobs quinto in 9”85), dei 400, degli 800, dei 1500 sia uomini che donne, delle due staffette 4x400 e del disco, che ha visto la prima vittoria fuori dalla pista di un giamaicano, Roje Stona, allenato da Ryan Crouser giunto a sua volta al terzo titolo consecutivo nel lancio del peso. Per il gigante dell’Oregon una “mano” perfetta.
I due vertici assoluti sono venuti da Armand Duplatins e da Sidney Mc Laughlin; a meno di 25 anni, lo svedese volante è per la seconda volta campione olimpico, con il suo nono record del mondo, e con una tendenza, in fatto di progresso, che potrebbe portalo a 6.30 entro il 2027. L’ostacolista americana che ha più o meno la stessa espressione dura e decisa di Dupont, ha dato un’altra violentissima scossa al suo record abbassandolo di quasi tre decimi e portandolo a 50”37, una prestazione da 400 piani, non inframmezzati da dieci barriere.
Letsile Tebogo ha unito i suoi giorni più tristi, segnati dalla morte della giovane madre, al trionfo sui 200, con una prestazione che lo colloca al quinto posto di sempre e che fa prevedere per Los Angeles 2028 il tentativo di uguagliare l’accoppiata 200/400 di Michael Johnson nel 1996 ad Atlanta. Con una frazione da 43” Tebogo è stato la punta di lancia della staffetta del Botswana andata nella 4x400 ad insidiare fino all’ultimo metro la vittoria degli Stati Uniti che sugli africani l’hanno spuntata solo per un piccolo decimo di secondo.
C’è chi esce dai Giochi con il viso triste: è il caso di Noah Lyles che, colpito dal Covid che si aggirava per il villaggio, aveva programmato di diventare il simbolo dell’Olimpiade e ne esce solo con un dato consolante: per 5 millimetri e 5 millesimi gli USA tornano padroni dei 100 dopo vent’anni. Ma nei 200 e nella 4x100 rimangono fermi al palo di Atlanta, e questo è abbastanza singolare per un movimento del genere, capace di combinarne di comiche, come il cambio/non cambio tra Coleman e Bednarek nella finale della staffetta veloce.
Parigi verrà ricordata con dolore e con mestizia da Gianmarco Tamberi: l’ambizione di diventare l’unico della storia ad aver vinto due volte l’oro del salto in alto lo ha portato quasi a una scarnificazione, a una magrezza assoluta (un corpo ridotto all’osso vola più leggero) per poi incappare in una serie di problemi di salute, anche piuttosto gravi. Gimbo aveva scritto un copione, lo ha recitato fino in fondo, mostrando il coraggio di chi decide di andare avanti anche quando le carte in mano sono poche o trascurabili. L’abbraccio dentro il quale è stato chiuso dagli amici e dal suo staff è una delle immagini simbolo del lungo viaggio di questo campione. Un record lo ha stabilito il suo grande amico Mutaz Essa Barshim: con il bronzo di Parigi, quattro volte sul podio olimpico, nessuno come il qatariota.
La nota più lieta dell’Italia, che non ha difeso le cinque medaglie d’oro di Tokyo-Sapporo, è venuta da Nadia Battocletti la ragazza dal piede leggero che ha lasciato alle spalle molta Africa e ha davanti a sé un lungo futuro.
Un’occhiata al medagliere mostra che il blocco Cina-Giappone-Corea del Sud comanda in nome di una preparazione capillare in una miriade di discipline, dal tiro al sollevamento pesi, dalle arti marziali a i tuffi con qualche “deviazione” anche in atletica. Il simbolo di questa potenza orientale può esser riassunto nel cinese Pan che in piscina ha tolto di un colpo 40 centesimi al suo record mondiale dei 100 stile libero. Pan non è il re dei boschi, ma solo un campione capace di avere la meglio sui piccoli irati flutti fatali a tanti altri.
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