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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

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Piste&Pedane / (10) "Eppure non mi sono mai fermato"

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Domenica 11 Agosto 2024

 

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La penosa vicenda Tamberi apre uno spiraglio su chi e per come dovrebbe decidere quando in gioco siano le sorti della squadra olimpica e non del singolo atleta o della sua salute. Ma questo è argomento che non piace e ancor meno fa audience.

Daniele Perboni

Finisce con Gianmarco Tamberi attorniato dagli amici storici e dal suo tecnico Ciotti, che lo avvolgono in un amorevole abbraccio. Ci ha provato, sino alla fine, “Gimbo”, ma l’ultimo “attacco” di colite della notte con tanto di ricovero in pronto soccorso non ha lasciato spazio a dubbi. Anche una fortissima volontà come la sua ha dovuto arrendersi all’evidenza.

Ancora con gli elettrodi attaccati al petto, entrato in gara a 2.22, superati nettamente al terzo tentativo dove ha messo in campo ogni stilla di energia, non è poi riuscito ad andare oltre la successiva misura: i 2.27 pure superati in qualificazione. Piccola consolazione, sarà undicesimo su dodici concorrenti. Arrivederci campione.

“Mi dispiace da morire – racconta Tamberi – ma nonostante tutto ero convinto che avrei potuto fare qualcosa. Ho lavorato così tanto per questa gara, ma oggi non riesco a essere critico con me stesso, anche se il salto a 2.22 valeva anche un 2.27. Cerco solo di stare tranquillo, di non pensare a quello che è successo perché non riesco ad accettarlo. Non me lo meritavo. Era quella che sentivo come la mia ultima vera gara, quella a cui dedichi la vita. Non mi sono mai fermato perché non volevo mai essere soddisfatto. Ho dato tutto me stesso allo sport, non ho mai cambiato la mia vita per i successi ottenuti, solo perché volevo continuare a essere qui con la stessa fame e oggi la fame c’era ma mancava tutto il resto. Ci ho provato fino alla fine con il supporto del pubblico e in questi giorni ho sentito il calore e l’affetto degli italiani: devo ringraziare tutti”.

Via un Tamberi, ecco presentarsi uno Stefano Sottile, quarto a 2.34, primato personale migliorato dopo una sfilza di gare anonime e anni tormentati da continui infortuni. Nato a Borgosesia, allenato da Valeria Musso a Torino, era atteso ad un buon riscontro agonistico. Per alcuni momenti si è trovato ad occupare la terza piazza, ma quando ha dovuto fare il “salto” di qualità è sembrato un po’ perso. Schiacciato dalla responsabilità di sostituire il “mezzabarba” (ora totalmente incolta)? Sottile si è fermato a 2.34, identica misura (ma con un salto in più) di Mutaz Essa Barshim, il qatariota oro a Tokyo in coabitazione con Tamberi, qui “solo” di bronzo (la norma è cambiata da tempo, ma pare che solo alla RAI non se n’erano accorti).

“Ho fatto un garone - dice sorridendo Stefano Sottile - anche se il quarto posto mi dà un po’ fastidio, me la sono giocata male nel primo salto a 2.31 con qualche problema di rincorsa. Dopo cinque anni torno a migliorarmi ed è stata quasi un’agonia, ma nell’ultimo anno e mezzo ho avuto meno problemi fisici. È un’emozione unica”.

Prova avvincente, quella dell’alto, che poteva anche terminare come era finita a Tokyo 2021. Hamish Kerr (NZL) e Shelby McEwen (USA) si sono ritrovati a 2.36 perfettamente in linea e appaiati per l’oro. Si guardano, sorridono, avvicinano il giudice, scambiano qualche parola e… Ognuno se ne va al proprio angolo, come due pugili pronti ad affrontarsi sino all’ultimo. Così è stato. Vince chi sbaglia per primo. Asticella a 2.38, in precedenza falliti da entrambi. Errore. Si scende a 2.36. Stanchi, pesanti, lenti nell’azione di avvicinamento allo stacco. Non si sale più. L’asticella pare il muro di Berlino. Invalicabile. Poi… a 2.36 Kerr azzecca il salto sull’oro. McEwen è argento.

La giornata si era aperta alle 8 di mattina, con l’avvio della maratona. Presenti tre azzurri non pervenuti. Nel senso di una prova anonima e finita nelle retrovie. Crippa, il più accreditato dei nostri, becca più di quattro minuti dal vincitore Tamirat Tola (2h06’26” contro le 2h10’36”), finendo al 25° posto. Peggio, molto peggio, tempo e piazzamento di Faniel (43º in 2h12’50”). Incomprensibile, alla luce del pessimo piazzamento la fuga in avanti dall’undicesimo al ventunesimo chilometro. Ti senti bene? Pensi di riuscire a reggere il ritmo dei migliori? Stattene nel mezzo del gruppo, coperto, attento ad ogni mossa degli avversari. Lascia che siano gli altri a muoversi. Invece … Con la solita condotta scriteriata si è suicidato inutilmente. Infine 51º Meucci (2h14’02).

La serata si chiude, per quanto ci riguarda, con la staffetta del miglio. Come da previsione – piace vincere facile furbone –, si impongono i ragazzoni a Stelle e Strisce. 2’54”43, record olimpico con parziali stratosferici: Bailey 44”45, Norwood 43”26, Deadmon 43”54, Benjamin, l’oro dei 400 ostacoli, 43”18. Secondo, non tanto a sorpresa, il Botswana (2’54”53, record africano), guidato da Tebogo, il sorprendente vincitore dei 200, autore di un’ultima frazione cronometrata a 43”18. Terza l’indomita Gran Bretagna (2’55”83) al record europeo. La piccola Italia finisce settima con il nuovo primato stagionale (2’59”72: Sito 44”95, Aceti 44”57, Scotti 44”37, Sibilio 45”83).

Oggi – ultimo giorno olimpico –, con la maratona delle donne (poche speranze per le italiane) chiude anche il programma dell’atletica. Da parte nostra, le cinque medaglie d’oro di tre anni fa si sono tramutate in un argento e due bronzi. Capita e ci può stare senza stracciarsi le vesti. Paris adieu.


Foto di GRANA / FIDAL FIDAL

 

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