- reset +

Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





Piste&Pedane / (9) La spensieratezza ha il colore dell'argento

PDFPrintE-mail

Sabato 10 Agosto 2024

 

battocletti-go

“Mi avevano raccontato che le Olimpiadi sono molto più difficili degli Europei, ma a me piacciono le cose difficili. Mio papà mi aveva detto: ‘può bastare così, hai già fatto tantissimo, non esageriamo’. Ma io volevo divertirmi ancora”.

Daniele Perboni

Se i milanesi ammazzano al sabato, i pugliesi cucinano gli spaghetti all’assassina, Nadia Battocletti, la dolce ragazza trentina, perché non può “freddarti” in un venerdì sera bollente mentre te ne stai sudato e ancora incazzato, per altre faccende che racconteremo a breve, davanti allo schermo della sala invasa da figli e nipoti?

Succede così che la ragazzina, beh non proprio ha già 24 anni, ma è pur sempre giovane, ti faccia sognare, quasi piangere dalla felicità e metta in crisi un continente che negli ultimi decenni ha imposto una specie di dittatura sulle corse di lunga lena.

La figlia di Giuliano, tanto “pazzo” da atleta quanto giudizioso, accorto e lungimirante come tecnico, dopo il quarto, terzo, quarto posto nei 5000 del 5 agosto ci riprovi nella distanza doppia. Vuole divertirsi, correre con leggerezza e il sorriso. I 25 giri non sono la sua gara, li ha corsi poche volte, quattro, cinque, non di più. È in gara con il titolo continentale in tasca, ma non pensa a nulla di eclatante. E invece… Tornata dopo tornata è sempre lì, lì nel mezzo, come successo quattro giorni prima. Restano in poche, una manciata di atlete. Il ritmo, dopo una prima parte quasi sonnacchiosa, si alza. È sempre lì.


Tre giri alla fine, sono in poche a giocarsi una medaglia. Dai Nadia, tieni duro. Ultimo giro. L’andatura si alza. Vuoi vedere che Nadia fa il classico uovo fuori dalla cesta? E ci regala qualcosa di buono? Partono, allungano. Il mediano è sempre nel mezzo. Sgomita per mantenere la corda, stare all’interno e non farsi chiudere dalle altre più esperte e, sicuramente con un curriculum che levati ragazzina. Chi sei, chi ti ha mai vista da queste parti?

VAI, NADIA – Ultimi 400 metri. Parte la Chebet, già oro nei 5000, parte la Kipkemboi. Nadia che fa? Parte anche lei. Dietro Sifane Hassan rimonta velocemente. Nadia è terza, l’olandese tenta nuovamente lo sgambetto? E no, questa volta Nadia ha imparato la lezione. Rilancia, salta la terza, rincorre la Chebet, quasi la affianca. Dal divano parte l’urlo, anzi due, tre. La primatista del mondo rilancia e avanza di un pollice, due. Il traguardo si avvicina. Nadia è seconda. Record italiano (ancora, l’ennesimo) frantumato! È 30’43”35 (l’oro di Roma è stato corso in 30’51”32). La Chebet è “lontana” solo un battito di ciglia (30’43”25). Poco più dietro Sifan Hassan (30’44”12) che resta di bronzo, come nei 5000. 

“Sono fiera di me, della grinta che ci ho messo. Negli ultimi 500 metri avevo gli occhi aperti, per vedere che succedeva e seguirle appena si muovevano. Oggi non mi scappate – racconta Nadia Battocletti – Gli ultimi 100 sono stati allucinanti, ho seguito le atlete che mi avrebbero portata avanti rimanendo all’interno. Sentivo il tifo degli italiani. Mi avevano raccontato che le Olimpiadi sono molto più difficili degli Europei, ma a me piacciono le cose difficili. L’avvicinamento non è stato semplice. Sono stata poco bene anche al termine dei 5000 di lunedì e devo ringraziare i sanitari, dopo i fastidi delle scorse settimane che mi hanno obbligato a ridurre il carico di lavoro. Se penso che di solito arrivo al chilometraggio giusto solo per i 5000...

“A un certo punto mio papà mi ha detto: ‘può bastare così, hai già fatto tantissimo, non esageriamo’. Ma volevo divertirmi ancora un po’ e qui, a differenza dei 5000, sono entrata con il sorriso, con leggerezza e spensieratezza. In riscaldamento non è andata come speravo, dopo una decina di minuti ho sentito fitte al tendine e al calcagno, così il fisioterapista Carlo Ranieri ha messo un tape che nel corso della gara si staccava sempre di più finché è arrivato sotto la scarpa e il male era forte. Ringrazio tutti gli italiani che in questi giorni mi hanno riempito di messaggi, di affetto, di felicità”.

Serve scrivere altro? Forse che è la prima volta che una azzurra vince una medaglia 10.000 in una manifestazione globale? Beh, questa volta è successo. A Nadia, che finisce fra le braccia di una piangente Gabriella Dorio, altro oro azzurro. Ma a Los Angeles 1984. Un passaggio di consegne.

CUBA – Serata di bronzo anche per Andi Diaz Hernandez (17.64/+0,7), il triplista cubano arrivato in Italia due anni fa e approdato, letteralmente, a casa di Fabrizio Donato, che lo ha ospitato per alcuni mesi. Da quell’incontro è nato il sodalizio con l’allora primatista italiano del triplo (17.60/+1,9, Milano 7 Giugno 2000). E, come sovente accade, l’allievo ha superato il maestro. Il 2 giugno dello scorso anno, Diaz è atterrato a 17.75/+0,9 scalzando Donato dall’albo. Fra i migliori al mondo negli ultimi due anni, Hernandez ha rischiato di perdere la stagione a causa di un infortunio muscolare all’addome, fortunatamente risolto.

Questa di Parigi è la prima maglia azzurra indossata da Diaz, onorata alla grande. Finisce terzo, alle spalle di altri due cubani naturalizzati: Jordan Aleiandro Diaz Fortun (17.86/+0,1), maglia della Spagna che ha “ucciso la gara al primo balzo e al portoghese Pedro Pichardo con 17.84/+0,2. Ironia della sorte, il bronzo parigino è arrivato il 9 agosto, identica data della terza piazza ottenuta dal maestro Donato a Londra 2012 (17.48/+0,6).

TORTU – Capitolo staffetta 4x100. Quarti con 37”68. Non certo un crono da buttare. Anzi. Solo in altre tre occasioni il quartetto azzurro ha fatto meglio. Si poteva fare di più? Specialmente nella serata dove gli Stati Uniti hanno gettato al vento, per l’ennesima volta nella loro storia, un oro che non potevano perdere? Rispetto alle batterie un solo cambio. Al posto di Desalu, in terza frazione, è stato inserito Patta. Un uomo buono per tutto. Dove lo metti il sardo ci sta, eccome se ci sta. Vince il Canada (37”50) di De Grasse che si prende una bella rivincita, davanti al Sudafrica (37”57) e alla Gran Bretagna (37”61).

Sono andati forte i quattro, purtroppo non quanto serviva per una medaglia. Succede. Con altre scelte si poteva fare meglio? Forse. La controprova non l’avremo mai. Nei social è già partito il j’accuse a Filippo Tortu, quarto frazionista. Analizzando le singole frazioni, infatti, si nota chiaramente che Pippo ha ricevuto il testimone, da Patta, davanti a tutti e che la sua frazione sia stata la più lenta del gruppo dei primi quattro.

Vediamo. CAN: De Grasse 8”89; RSA: Simbine 8”78; GBR: Hughes 8”78; ITA: 9”20. Un’altra comparazione con l’oro giapponese ci porta ad altre considerazioni: Patta 10”56 / Melluzzo 10”40; Jacobs 8”92 / Jacobs 8”96; Desalu 9”17 / Patta 9”12; Tortu 8”84 / Tortu 9”20.

Che Tortu sia stato più lento che a Tokyo è assodato. Si doveva toglierlo dalla formazione e inserire Chituru Ali, come affermano molti (anche sulla tv di Stato)? Sulla carta sì. Prendendo come termine di paragone i primati stagionali quella era la soluzione ideale. Ma la staffetta, inutile ripeterlo continuamente, non è la mera somma dei primati personali (gli USA insegnano). Nella staffetta entrano in gioco altri fattori, primo fra tutti il passaggio di testimone. E il prof. Di Mulo, responsabile delle staffette, avrà valutato ogni singola opzione, supportato dalla fiducia del DT La Torre. “Ha la mia totale fiducia al 200 per 100”, anche se oggettivamente Tortu a questo appuntamento si è presentato non al meglio della condizione. Non era un mago prima, Di Mulo, non è un incompetente ora.

La parola ai quasi 60 milioni di tecnici. Scatenatevi pure. I fatti però restano.

 

Cerca