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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





I sentieri di Cimbricus / Parigi val bene una sorpresa

Mercoledì 24 Luglio 2024

 

de coubertin-bici

Per i suoi terzi Giochi la Ville Lumière non s’è risparmiata, anche se gli addetti alla sicurezza sono cinque volte più numerosi degli atleti. Il solo non ammesso alla festa è il povero barone de Coubertin, immolato al moloch della cancel culture.

Giorgio Cimbrico

Al Musée de la Monnaie, le cinque medaglia d’oro di Paavo Nurmi, due vinte in meno di un’ora. A cento anni dalle imprese del finlandese taciturno, tutte assieme non si erano mai viste. Al Musée de l’Armée (agli Invalides, dove è sepolto Napoleone), “L’Arte del Combattimento”, l’essenza dello sport anche se oggi tutti dicono “voglio divertirmi”. Una mostra minore e periferica su Pierre de Coubertin, aristocratico e amico del colonialismo: il barone rifondatore non è più riconosciuto e lui non riconoscerebbe i suoi Giochi.

Parigi 1924-2024, cento anni da un’edizione storica, molto amata dai suiveurs dei cinque cerchi, ricca di campioni e di storie, povera di donne (erano 126, il 4% dei 3100 partecipanti), ma anche Parigi 1874-2024, un secolo e mezzo dalla prima mostra degli Impressionisti, ospitata nello studio del fotografo Nadar. Monet, Renoir, Pissarro, Cezanne, Degas e una donna, Berthe Morisot. In percentuale, più aperta l’arte che lo sport. La nascita del movimento è documentata in una mostra al Musée d’Orsay, la stazione reinventata da Gae Aulenti e diventata tempio profano dell’arte dell’Ottocento, dagli accademici ai rivoluzionari.

Gli inglesi sostengono di possedere, a Londra e nei suoi dintorni, i luoghi più leggendari dello sport che hanno inventato o codificato – Wembley, Wimbledon, Twickenham, Lord’s, Ascot, Henley – ma Parigi, che pareggia Londra a quota tre per Giochi ospitati, accetta la sfida e risponde con Longchamps, Auteuil, Roland Garros, Colombes, lo Jean Bouin, il Parco dei Principi, da una trentina d’anni, lo Stade de France, e gli Champs Elisèes, palcoscenico finale del Tour in quella che loro chiamano apoteosi.

Il francese è una lingua ricca di una sua naturale enfasi. Dell’elenco non fa parte lo sparito Palais d’Hiv, il velodromo in cui, al tempo di Vichy, furono concentrati gli ebrei prima della deportazione e che nel dopoguerra diventò un posto alla moda: intellettuali, sarti famosi, mannequin. Coppi vi raccolse una fortuna.

Hanno anche avuto l’idea di ricorrere a un impianto che non è costato nulla, la Senna. In realtà non è la prima volta: nel 1900 ospitò caotiche gare di nuoto e di nuoto… a ostacoli. Ora, cerimonia inaugurale sull’acqua (ripulita e depurata: l’immagine della sindaco Anne Hidalgo che sbuca dai flutti ha ricordato quelle di Mao che nuotava nello Yangtze), la stessa dove Maigret, dal suo ufficio in Quai de Orfevres 36, vedeva file di chiatte e udiva le sirene dei rimorchiatori.

Molti si sono domandati se era il caso in una città e in un paese – colpiti da alcuni (Charlie Hebdo, Bataclan, Promenade di Nizza – dei più bestiali atti di terrorismo. A vedere lo scorrere lento delle imbarcazioni non saranno due milioni, ma 300.000 e più. Intorno, uno dei più grandi apparati di sicurezza della storia: 45.000 poliziotti, soldati, membri dei servizi segreti (non solo francesi), uomini della Legione Straniera. Stazioni della metro chiuse, spazio aereo interdetto in tutta l’Ile de France.

Non hanno costruito molto – allineandosi al nuovo spirito imposto dal Comitato Olimpico Internazionale per evitare impianti inutili e lungo indebitamento – per far leva su tutto ciò che “fa” Parigi nel mondo: la Tour Eiffel, le grande spianata del Champ de Mars, Versailles, boa della maratona. E la sua cattedrale. “Parigi brucia?”, chiedeva ossessivo il Fuhrer al telefono. Per fortuna, no. Notre Dame brucia? Purtroppo sì. Le ferite si stanno rimarginando, in fretta.

Necessario puntare molto sul fascino perché la Francia non ha grandi chances – per non dire nessuna – nei due sport-guida dei Giochi: l’atletica e il nuoto. Di solito chi ospita fa una scorpacciata, un’incetta, e, dopo, può gonfiare il petto, dire che il loro modello è quello giusto. La Francia ha una grande organizzazione sportiva cui le strutture statali e sociali danno una forte impronta ma i vertici del medagliere sono destinati ad altri paesi.

Sta per arrivare il lungo momento delle speranze, del dream (da maneggiare con cura: l’anagramma è quella parola che Cambronne ruggì quando le sorti di Waterloo furono chiare), degli obiettivi (per Giovanni Malagò è quota 41 medaglie: potrebbe scapparci un nuovo mandato…), dell’ambizione di essere ricordato come il simbolo dei Giochi. E’ la corona che vuole calcarsi in testa Noah Lyles, il giovanotto che viene dalla miseria più nera e che insegue a tutta velocità “tiercé” 100-200-4x100 che può diventare inusitato poker, diverso da quello di Jesse Owens e Carl Lewis, se gli verrà concesso un posto anche nella 4x400.

Ognuno ha la sua missione, dovesse riuscire il miracolo, Marcell Jacobs sarebbe il terzo della storia a confermarsi campione dei 100: prima di lui, Lewis (a tavolino, dopo la squalifica di Ben Johnson) e Usain Bolt che di finali olimpiche ne ha vinte tre. In questo senso, Parigi val bene una sorpresa e questo intervento del caso sarebbe propizio per l’uomo di Tokyo: una finale lenta, come quella ai Mondiali del 2003, allo Stade de France, vinta in 10”07 da Kim Collins, caribico di St Kitts e Nevis. Segno del destino: nato in una cittadina dal nome profetico, Bastille.  

 

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