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Duribanchi / Di che pasta e' fatto un campione?

Giovedì 18 Maggio 2023

 

tatum 


I giocatori normali “la scimmia” non riescono a levarsela. I campioni continuano a credere nei propri mezzi anche in una serata da incubo. Come capitato a Tatum che in gara 7 ha saputo recuperare fino ai 51 punti del record play off.

Andrea Bosco

Di quale materia è fatto un campione? Quella di tutti gli uomini. Certamente con un talento maggiore rispetto alla media. Ma soprattutto con una forza mentale diversa: la capacità di risalire dalle avversità senza abbattersi. La capacità di capire che non sempre le cose nelle sport vanno come vorresti. La capacità di restare sulla terra quando tutto ti riesce bene. E la capacità di non sprofondare all'inferno quando tutto sembra remarti contro.

Jayson Tatum è un cestista dei Boston Celtics. Da almeno un paio d'anni sta inseguendo, con la sua squadra, il sogno di vincere il prestigioso “anello“ NBA. Ci è andato vicino la scorsa stagione ma Steph Curry il mago della Baia che tira da metà campo è stato semplicemente più bravo. In gara 6 Boston stava soccombendo con   i Sixers di Embid. Avesse perso non avrebbe avuto un futuro nei play off. E Tatum il 2.04 di Saint Louis designato erede dei Pierce e dei Bird –, il ragazzo che per l'eleganza nei movimenti mi fece scrivere al suo esordio nella Lega all'amico Federico Buffa: “Tatum va al ferro come ci andava Jura” ricevendo in risposta: “che bel paragone“ –, in quella gara 6 stava precipitando dall'undicesimo piano senza paracadute.

Un 1 su 14 dalla lunga distanza che avrebbe tramortito un elefante. I giocatori normali “la scimmia“ non riescono a levarsela. I campioni continuano a credere nei propri mezzi e anche in una serata da incubo chiudono con un 4 su 6 dalla lunga distanza che mette ossigeno nei polmoni e porta la serie a gara 7. Al Garden a casa dei “verdi“, là dove è stata scritta gran parte della storia dell' NBA.

Gara 7 comincia in sordina per Tatum, poi due liberi, un canestro in penetrazione, un rimbalzo, un assist, un recupero. I campioni non cambiano il loro modo di giocare perché hanno avuto una serata terrificante. I campioni restano al servizio della squadra e aspettano che la “partita“ arrivi da loro. Silenziosamente, quasi senza farsi notare Tatum chiude i primi due quarti con 25 punti. Poi nel terzo quarto, la luce si accende, il canestro diventa largo come un vasca da bagno e arrivano le “triple“ in serie: una raffica simile ai katiuscia sovietici nella seconda guerra mondiale. Boston stravince e Tatum ne mette 51 in una sola sera, scavalcando i 50 di Curry che solo un paio di settimane prima aveva conquistato il record di punti realizzati nel corso dei play off.

Ora Boston dovrà vedersela con Miami per approdare in finale. Dove incontrerà, in caso di vittoria, una tra Los Angeles o Denver. Cammino ancora lungo. Ma intanto quello che conta è la serena maturità del campione Tatum. Al quale probabilmente in gara 6 ad un certo momento sarà mancata l'aria. Ma che non lo ha dato a vedere. Come chiedono gli allenatori ai loro “tiratori“: continuare a tirare. Tatum ne aveva sbagliati in gara 6 tredici su quattordici. Il suo riscatto viene da lontano. Da una giovinezza difficile, grazie ad una mamma che gli ha fatto anche da padre. Grazie alla determinazione di stare dentro ad una cosa grande come il campionato NBA da protagonista ma senza esagerazioni. Senza strane acconciature, senza “exploit” extra-cestistici, senza roboanti dichiarazioni, senza mai reagire in campo alle provocazioni.

L'inferno sportivo è una sensazione che ti uccide. Vai in campo e quello che prima ti riusciva con facilità non ti riesce più. E allora ti chiedi se per caso non hai disimparato a giocare. Ti chiedi perché niente ti riesca più come prima. Ti chiedi perché i tifosi per i quali fino ad un momento prima eri un idolo ti scarichino come spazzatura. Ti chiedi perché la stampa ti insegua con mille domande. Non fai vita da atleta? La tua situazione famigliare è implosa? Tua moglie ti sta lasciando? Ti sei imborghesito? Una avvenente fanciulla ti ha fatto perdere la testa? Se sei una “star“ nulla di quanto fai è “privato“. Devi rendere conto di tutto. Anche di quello che scrivi su Internet. Perché Internet è pubblico. Oltre a essere lo sfogatoio di chi è sempre pronto a crocifiggerti.

Io non ero un campione. Non avevo le qualità per esserlo. Ma me la cavavo. E conosco quella sensazione di disperazione, impotenza e vuoto. Quella sensazione che ti fa dubitare di te stesso. L'ho provata. E non solo nello sport. Per uscirne a volte basta poco: una parola del tuo allenatore, di un compagno, magari di un avversario. A me è capitato di “uscirne“ grazie alla parola di un avversario. Che era un amico anche se giocava in una squadra diversa dalla mia. “Vedrai che passa, Omega“. Era il soprannome che al ginnasio mi avevano dato perché arrivavo ovunque e sistematicamente in ritardo. “Vedrei che passa“. Avevo appena sbagliato un gol impossibile da sbagliare. Non l'ho mai dimenticato.

Non so se qualcuno ha detto qualche cosa di simile a Tatum durante gara 6 al tredicesimo tiro sbagliato. A me piace pensare sia accaduto. Come accadde a me. Qualcuno che con una parola di conforto abbia saputo far ritrovare a Jayson Tatum, la fiducia in se stesso.

 

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